La mentalità del gregge

Mele e appunti

Al momento in cui scrivo, Herd Mentality (La mentalità del gregge) è l’articolo più recente di John Gruber, il quale tira in ballo un argomento su cui stavo rimuginando da qualche tempo. Lui ne parla in maniera efficace, e voglio estrapolarne alcuni stralci che credo meritino attenzione e discussione. Premetto specificando la mia identità di pensiero con Gruber su questo tema, e che condivido la sua analisi.

La conformità è un istinto molto potente. L’unione fa la forza. Bisogna essere diversi per essere migliori, ma la diversità fa paura.

Per cui è normale che esista un certo livello di mentalità del gregge in ogni industria. Ma credo che questo tipo di mentalità sia particolarmente pronunciato, a livelli patologici, nell’industria dell’hardware PC. Era alla radice di un eterno dibattito in cui i sapientoni di turno sostenevano che Apple dovesse licenziare il sistema operativo Mac ad altri costruttori di PC, oppure che Apple dovesse abbandonare Mac OS del tutto e mettersi a costruire PC Windows. A prima vista, queste due storiche sciocchezze appaiono contraddittorie: secondo la prima, Apple dovrebbe convertirsi in un’azienda di software, mentre la seconda sostiene la visione di una Apple produttrice di solo hardware. Ma nella sostanza vogliono dire la stessa cosa: che Apple dovrebbe smettere di essere diversa, e agire come qualunque altro costruttore di PC (e vendere computer su cui gira Windows) oppure agire esattamente come Microsoft (e vendere licenze per il suo sistema operativo).

Nessuno ormai si ostina a sostenere quei due argomenti. Ma è la stessa mentalità del gregge che ha spinto l’ondata di opinioni secondo cui È necessario che Apple entri nel mercato dei ‘netbook’, la cui validità ho sbugiardato qualche giorno fa. Avrei potuto fornire altre decine di link a roba del genere. Il succo del discorso però è lo stesso: tutti quanti stanno producendo netbook, per cui anche Apple dovrebbe farlo. Perché? Perché lo fanno tutti. 

Quando scrive che ‘nessuno ormai si ostina a sostenere quei due argomenti’ summenzionati, il buon Gruber è probabilmente ignaro del dibattito italiano in ambito Mac, un dibattito da Bar Sport che tuttora impera e arriva ad abissi di tristezza impensati. Sempre, costantemente, a ogni introduzione di novità da parte di Apple, una frangia di eterni scontenti si sente in dovere di alzarsi metaforicamente in piedi e pontificare su ciò che Apple dovrebbe fare, produrre, cambiare. Ormai con queste persone non mi confronto più, perché è come cercare di disinnescare le credenze di una setta religiosa. E poi c’è un ostacolo di fondo: queste persone fraintendono sempre la mia posizione, ritenendo che io ‘difenda’ Apple in maniera ugualmente acritica.

Si cerca di portare il discorso su dati inequivocabili per dimostrare che, forse, Apple sa bene e più di tutti che cosa sta facendo e quali strategie commerciali impiegare. I dati oggettivi sono quelli di vendita: Apple è reduce da un trimestre fiscale favoloso, in cui degno di nota è il numero di Mac venduti, più di tre milioni in tre mesi. Durante un periodo di recessione a livello mondiale, e soprattutto prima del trimestre delle feste natalizie. Apple continua a fare cifre record trimestre dopo trimestre. Ma queste persone, a fronte di ciò, scuotono la testa e dicono, sostanzialmente, che le forti vendite non sono certo sinonimo di qualità. Il loro argomento è: se così fosse, guarda quanti PC Windows ci sono in circolazione.

È un’argomentazione fallace, perché Apple e gli altri costruttori di PC (+ Windows) sono arrivati ai grandi numeri da due origini e storie completamente diverse. E il fattore imprescindibile in queste due storie è Microsoft. La parola a Gruber:

Credo che vi sia una ragione molto semplice che spiega il perché la mentalità del gregge è così patologica nell’industria dei PC: Microsoft. Anzi, una volta era ancora peggio. Una decina di anni fa l’intera industria dei computer, in ogni suo aspetto, era dominata da una mentalità del gregge che suonava così: Supportate Microsoft e seguitene l’esempio, altrimenti verrete calpestati. Ciò non è più vero nell’ambito del software applicativo. Il Web, e Google in particolar modo, hanno posto fine a questa tendenza.

Ma l’unica area in cui Microsoft continua a regnare suprema è nei sistemi operativi per PC. I costruttori di PC hanno un handicap: non possono allontanarsi dal gregge nemmeno se lo volessero. Le loro scelte a livello di sistema operativo sono: (a) installare la stessa versione di Windows che utilizzano tutti gli altri costruttori; oppure (b) allegare le stesse distribuzioni Linux open source che ogni altro costruttore di PC potrebbe includere ma che nessun cliente vuole comprare. 

È chiaro che, davanti a questa scelta forzata, non si può fare un discorso qualitativo. A mio avviso, però, il fatto che si vendano oggi più Mac che in tutta la storia di Apple, significa che finalmente il grande pubblico ha pian piano imparato a distinguere. A non farsi condizionare troppo come in passato, a fare scelte più oculate. Pensiamoci un momento: che fa vendere oggi tanti Mac non può essere altro che la loro superiorità qualitativa. Le strategie di vendita di Apple non sono drasticamente cambiate rispetto a dieci anni fa. Penso al sito Web di Apple, che mantiene lo stesso palinsesto da dieci anni. I prodotti vengono presentati sostanzialmente allo stesso modo. Gli spot pubblicitari non sono aumentati.

L’elemento vincente, rispetto alla Apple dei Mac beige di 12 anni fa, è l’avvicinamento al pubblico attraverso quella strepitosa catena commerciale che sono gli Apple Store. Oggi i Mac per il pubblico non sono inavvicinabili com’erano anni fa. Si entra in un negozio Apple (o si va al punto Apple dentro un centro commerciale o un negozio che vende anche altri prodotti) e i Mac sono lì, da provare, soppesare, valutare. Si possono avere informazioni dai commessi, ci si può efficacemente documentare su Internet. Oggi i Mac sono abbordabili in senso fisico ed economico. Chi acquista Mac ne riconosce l’affinità alle proprie esigenze, la semplicità e la qualità. Questo avvicinamento all’utente è il cardine fondamentale, che prima non esisteva. Non a caso la frase che ho sentito pronunciare più spesso a chi è passato a Mac dopo anni di PC Windows è Se solo me ne fossi reso conto prima, quanti grattacapi mi sarei risparmiato.

Gruber prosegue snocciolando altri spunti interessanti:

La capacità di Apple di produrre hardware innovativo si intreccia inestricabilmente con la sua capacità di produrre software innovativo. iPhone è un esempio ancora migliore del Mac.

Ai pezzenti che sostengono che Apple dovrebbe regalare a tutti il proprio sistema operativo e permettere che giri anche sul catorcio più economico dotato di tastiera e schermo continua a sfuggire il concetto, molto semplice, che se Apple si mettesse davvero a farlo chiuderebbe bottega nel giro di poco tempo.

Non è solo il fatto che Apple è diversa rispetto agli altri costruttori di computer. È che Apple è l’unica azienda che può essere diversa, perché è l’unica che possiede il proprio sistema operativo. Parte della mentalità del gregge dell’industria informatica è il presupposto che nessun altro possa realizzare il sistema operativo di un computer — che tutti possano costruire un computer ma che soltanto Microsoft possa produrre il sistema operativo. Dovrebbe essere piuttosto imbarazzante per aziende come Dell e Sony, che hanno molto denaro e forti identità aziendali, il fatto che siano entrambe costrette a vendere computer con la stessa copia di Windows installata dagli altri marchi minori. 

E conclude dicendo che:

I sistemi operativi non sono semplici componenti di una macchina come la RAM o la CPU: sono l’elemento più importante dell’esperienza utente. A parte Apple, non esiste alcun costruttore di PC che controlla la parte più importante dei computer che fabbrica. Immaginate come sarebbe migliore l’industria informatica se vi fossero più aziende di computer a cimentarsi nella realizzazione del proprio sistema operativo e ad alzare gli standard attuali. 

Io concludo dicendo che Apple ha finalmente saputo giocare a suo estremo vantaggio la carta della diversità, che nell’epoca buia degli Anni Novanta era l’elemento che l’aveva relegata a essere azienda di nicchia. Mi auguro che Apple continui così, perché questa sua diversità, alla fine, va a vantaggio di tutti, persino di quelli che non lo comprendono.

The Author

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