Origami/Ultra Mobile PC – considerazioni ulteriori

Mele e appunti

Da non molto è stata introdotta questa “piattaforma”, che inizialmente Microsoft chiamava Origami, ma che a quanto pare ha conservato il ben meno originale appellativo Ultra Mobile PC (UMPC). Qualche notizia e immagine in più si trova nelle pagine Web del sito Microsoft e del sito Intel.

Nel mio post precedente manifestavo le mie perplessità a seguito della presentazione dell’UMPC di Samsung al CEBIT in Germania, perplessità che scaturivano da considerazioni immediate, “a prima vista”: l’oggetto è pesantuccio, la durata delle batterie è esigua (relativamente a ciò che l’UMPC promette di fare, ai bisogni che promette di soddisfare, almeno sulla carta), e il costo previsto è semplicemente eccessivo (con poche centinaia di Euro in più ci si può comprare un notebook). Per non parlare dell’interfaccia, decisamente migliorabile.

A ben pensarci, poi, v’è dell’altro. Ieri stavo riordinando alcuni appunti salvati sul mio Newton MessagePad 2000 e riflettevo: se il Newton fosse qualcosa in più di quel che è, se fosse un computer portatilissimo fatto e finito, con il suo hard disk (magari con la medesima tecnologia dell’iPod nano, ossia un’unità flash), il suo schermo a colori, il suo bel wireless e bluetooth, nuovo software per navigare in rete, scrivere email, scrivere documenti, suonare MP3 e AAC e diosacosaltro… Se fosse tutto questo, lo vorrei? Lo userei? Lo sfrutterei in tutte e per tutte le sue potenzialità?

Credo proprio di no. E credo sia questo, in buona sostanza, il tallone di achille dell’UMPC.

L’idea di base dell’UMPC è che possa essere un oggetto tascabile e tuttofare proprio perché possiede tutte le funzioni di un computer in un form factor ristretto. Ma se voglio avere con me un computer portatile che assolva a queste funzioni, che mi permetta di lavorare e tutto quanto, allora uso il mio PowerBook G4 a 12 pollici: lo schermo è migliore, l’hard disk è capiente, la batteria dura di più, peso e ingombro sono ottimi per ciò che deve fare (permettermi di lavorare bene), lo schermo e la risoluzione sono sufficienti per navigare in Internet senza impicci, e via dicendo.

Se invece tutto ciò di cui ho bisogno è un ottimo PDA (Personal Digital Assistant, appunto), ossia un dispositivo che mi permetta di accedere rapidamente a un’agenda elettronica, che ricordi i miei appuntamenti, che possa accogliere note scritte direttamente sullo schermo con un apposito stilo, che contenga una rubrica indirizzi, che offra la possibilità di collegarsi in rete (o ad altre macchine) senza fili per inviare/ricevere email, eccetera eccetera – se voglio tutto questo e solo questo, allora non mi è necessario un dispositivo come lo UMPC.

Perché no? Perché è troppo. Dispositivi come lo UMPC non possono offrire tutte le funzionalità di un computer vero e proprio e al tempo stesso avere un’interfaccia realmente usabile. È, ancora una volta, questione di design, di progettazione, di scelte d’interfaccia. Lo UMPC è complesso e complicato da utilizzare. È, per farla breve, molto più di un PDA e poco meno di un laptop/notebook. Chi lo acquista allo scopo di usarlo come “agenda elettronica” (mi si passi la semplificazione) lo troverà difficile da usare, dovrà cercare le semplici funzioni desiderate ogni volta facendo troppi clic (o tap, vista la tecnologia touch-screen) o dovendosi ricordare combinazioni di tasti, movimenti di rotelline e quant’altro; insomma, tutto fuorché l’immediatezza che ci si aspetterebbe. Chi lo acquista pensandolo come sostituto di un laptop rimarrà invariabilmente deluso dai limiti prestazionali dello UMPC.

Ripeto, sono considerazioni teoriche, è pura speculazione, potrei sbagliarmi di grosso, ma la mia impressione è che lo UMPC, così com’è oggi, sia un ibrido che non accontenta nessuno (a parte forse gli amanti dei gadget elettronici).

Ho letto molti commenti in rete, nei vari siti (più o meno Mac-oriented) che annunciavano i primi modelli di UMPC: alcune persone sostengono che gli utenti Mac stanno rosicando perché Apple non ha ancora presentato un oggetto simile, e che se fosse targato Apple tutti si dimenticherebbero difetti e critiche e correrebbero sbavanti ad acquistarlo. A mio avviso, se mai Apple introdurrà un dispositivo del genere, lo farà ancora una volta affermando il proprio stile: l’oggetto sarebbe più compatto e leggero, la batteria durerebbe di più, presenterebbe un’interfaccia più immediata e intuitiva, con un ottimo riconoscimento della scrittura (continuando la tradizione del Newton e innovandola), con un design e un’usabilità ponderati per il tipo di strumento e, cosa fondamentale, avrebbe meno funzioni dello UMPC. Sarebbe un oggetto più mirato allo scopo, non semplicemente un tentativo malriuscito di ficcare un computer dentro un involucro tascabile. Si seguirebbe la filosofia progettuale dell’iPod: elegante, semplice da usare, con funzionalità ben precise. I suoi “limiti” sarebbero la sua virtù.

Da un punto di vista puramente di interfaccia, il Newton prima e l’iPod oggi rimangono imbattuti perché presentano un’immediatezza e una semplicità disarmanti. Sul Newton tutto è praticamente visibile e a portata di stilo, i gesti e i passi per arrivare in qualsiasi punto sono pochi e semplici da ricordare, l’interfaccia è robusta e coerente, i vari accessori presentano in linea di massima le medesime icone nei medesimi punti. Dopo poche ore di utilizzo, tutto già appare familiare e accessibile con rapidità. Stesso dicasi per l’iPod: poche funzioni e ben definite, pochi tasti, quasi nessuna combinazione difficile da attuare o ricordare, rotella e schermo sufficientemente grandi e usabili in tutti i modelli di iPod, Shuffle compreso (lo Shuffle non ha schermo, d’accordo, ma i tasti hanno un’ottima risposta se paragonata alle dimensioni).

Dalle impressioni di chi ha visto dal vivo e usato lo UMPC tutto questo non traspare. Chissà perché.

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