Glossy e matte

Mele e appunti

L’altro aspetto problematico scaturito dalla presentazione dei nuovi MacBook e MacBook Pro, aspetto che personalmente mi sta più a cuore dell’abbandono dell’interfaccia FireWire 400 sui MacBook, è l’utilizzo di uno schermo glossy come unica opzione sui rinnovati MacBook Pro da 15 pollici. Con la serie precedente, all’atto dell’acquisto, era possibile specificare se si desiderava un MacBook Pro con schermo glossy (riflettente), oppure matte (opaco, antiriflesso). Adesso pare che non vi sia più scelta. L’unico portatile Apple rimasto a listino per il quale si può ancora scegliere è il MacBook Pro da 17 pollici, che comunque verrà presto rimpiazzato dal nuovo modello che condivide le stesse innovazioni presentate con i MacBook e MacBook Pro 15″ qualche giorno fa.

Come già sostenevo in post precedenti, Apple ha appena iniziato il ciclo di rinnovazione, e vi sono svariati segnali che fanno presagire un rinnovo completo dell’intero parco Macintosh (portatili e desktop) nei mesi a venire. In questo momento, in cui il quadro non è ancora completo, si possono solo fare delle supposizioni. Tuttavia, almeno per quanto riguarda gli schermi, pare proprio che Apple sia sempre più orientata al lucido, che l’ambito sia consumer o pro. Certo, sarebbe una lieta sorpresa scoprire che al prossimo Macworld Expo di gennaio, insieme all’introduzione del nuovo MacBook Pro a 17 pollici, Jobs presenti anche una versione dei MacBook Pro con schermo matte, ma osservando il design e la costruzione degli schermi dei nuovi MacBook e MacBook Pro, la vedo dura.

Macity, nel suo confronto fra vecchio e nuovo MacBook Pro, ha pubblicato una foto molto eloquente per quanto concerne la differenza fra schermi glossy e matte.

Chi mi legge da un po’ sa che sono un sostenitore degli schermi matte. Ritengo che siano più versatili in condizioni di luce differenti e cangianti, che affatichino molto meno la vista per chi lavora molte ore davanti al computer (specie leggendo/scrivendo molto testo), per non parlare della fedeltà dei colori e la loro più facile calibrazione (questa non è un’opinione). Per chi non deve fare un uso professionale del Mac, e utilizza il portatile prevalentemente in ambienti chiusi con un’illuminazione controllata, gli schermi glossy vanno bene. Grazie alla tecnologia LED, gli schermi sono più luminosi, e i colori più nitidi e vibranti. Già il solo vedere un film in luce diurna diventa problematico, specie se la sorgente di luce è di lato o alle spalle dell’utente. Alcuni sostengono che, una volta che l’occhio si abitua a focalizzarsi oltre il riflesso, l’immagine fornita dagli schermi lucidi è migliore di quella degli schermi antiriflesso, che diffondono la luce riflessa creando ‘macchie’ fastidiose e di fatto impedendo di vedere al di là di esse. Per chi non ha problemi di vista sarà probabilmente così. Chi ha problemi come la miopia unita all’astigmatismo (come il sottoscritto), e in genere problemi di messa a fuoco, farà una certa fatica ad “abituarsi a focalizzare oltre il riflesso”, perché continuerà a percepirlo come un ostacolo e dovrà continuamente ‘pensare oltre’. Per lavoro mi è capitato di servirmi di portatili con schermi lucidi, e fortunatamente l’esperienza è stata temporanea: ho potuto lavorare senza stancarmi la vista soltanto quando l’illuminazione ambientale era scarsa e nessuna luce (naturale o artificiale) colpiva direttamente lo schermo.

Preferenze e problemi personali a parte, gli schermi glossy sono obiettivamente un grosso problema per i professionisti della fotografia e del colore. Cercando materiale interessante sul Web, sono capitato su una pagina di un forum di Digital Photography Review (data: 10 agosto 2007); l’autore del post racconta in maniera abbastanza dettagliata la sua esperienza nel calibrare due iMac, un 20 e un 24 pollici entrambi con processore Core 2 Duo da 2,4 GHz e scheda ATI Radeon HD 2600 PRO, entrambi con schermo riflettente. Riporto qualche passaggio interessante:

[Oltre ai due iMac summenzionati] mi sono procurato:

  • delle immagini, una stampante Epson R2400, carta fotografica Hahnemuehle Digital Fine Art e i rispettivi profili ICC;
  • i seguenti colorimetri: Spyder 2 Pro con relativo software; EyeOne Display 2 con software Match; Xrite DTP-94 con software ColorEyes.

In tutti i test, i parametri usati sono stati: 2,2 / 6500K / 120 cd/m2 [se non vado errato sono rispettivamente gamma, temperatura colore e luminanza, N. d. RM].

La prima osservazione da fare è che, a seconda della luce dell’ambiente, potrebbe essere del tutto impossibile seguire il consiglio di effettuare il profiling/calibrazione nelle stesse condizioni in cui verrà utilizzato il monitor. Ho impostato i due iMac su un ambiente “normale” (assenza di luce diretta, ma con un po’ di luce proveniente dal soffitto e una fonte di luce accidentale proveniente da una finestra distante 4 metri — era una giornata di pioggia, per cui la luce non era forte). Ottenere risultati omogenei e consistenti è stato semplicemente impossibile, perché il pannello frontale di vetro del monitor sembra attirare e riflettere luce proveniente da ogni dove. Ho fatto tre prove, servendomi per ognuna di esse di tutti i pacchetti di calibrazione, senza muovere i monitor né cambiare la luce ambientale e i risultati sono stati molto diversi fra loro, producendo ogni genere di sfumature. Il pacchetto ColorEyes è quello che ha dato (come sempre) i risultati migliori, visto che sembra eliminare più errori prendendo un maggior numero di campioni colore (ci mette anche più tempo), ma quando qualcosa è sballato, è sballato… Non è stata effettuata nessuna stampa, perché ovviamente non aveva senso.

Poi abbiamo portato entrambi gli iMac in un altro ufficio, senza finestre e con una lampada a luce diurna al soffitto, regolata per dare una luce smorzata. Questo ha migliorato di molto le cose. Eseguendo gli stessi test su ognuna delle macchine ha dato risultati omogenei con i pacchetti ColorVision e ColorEyes — EyeOne ha continuato a non offrire risultati consistenti, ma le differenze erano minime e non c’erano sfumature né errori ovvi.

Poi abbiamo ripetuto le prove al buio completo: qui tutti e tre i pacchetti hanno dato risultati uniformi senza errori ovvi. Abbiamo proceduto con la calibrazione e il profiling, e i risultati erano come mi aspettavo. La prossima questione riguardava la qualità della calibrazione. Se elencassi ogni cosa nei dettagli, verrebbe un resoconto chilometrico. Mi limiterò a un veloce riassunto:

Utilizzando i profili creati nell’ultima prova (al buio) per ottenere colori e stampe fedeli non è stato un problema sui entrambi gli iMac. In altre parole, per un utilizzo consumer e in molti casi anche prosumer, queste macchine vanno assolutamente bene.

Quando si mette ad analizzare le prestazioni di ognuno dei due iMac, tuttavia, saltano fuori le magagne se l’utilizzo deve essere professionale. Il 20 pollici è “fuori questione se non si utilizza un monitor esterno: i file aRGB non vengono visualizzati con tutti i colori, vi è un effetto di retinatura (dithering) nelle sfumature colore, un effetto ‘a blocchi’ nelle sfumature di grigio, e un notevole clipping delle ombre”. I risultati del 24 pollici sono migliori ma non esaltanti, “peggio dell’iMac precedente [suppongo parli della versione con schermo antiriflesso], e non c’è paragone con il Cinema Display a 23 pollici”.

Questo è solo un piccolo esempio — non esaustivo, sia chiaro — delle problematiche che certi professionisti devono affrontare con gli schermi glossy. Sarebbe interessante vedere se la tecnologia LED possa in qualche modo sopperire alle difficoltà introdotte dagli schermi lucidi per quanto riguarda la calibrazione del colore. Come si è visto dal post citato, le condizioni ottimali per la calibrazione e per ottenere colori fedeli per la stampa sono in ambienti controllati, idealmente bui. Questo può andare bene per macchine desktop, ma diventa chiaramente più complesso sui portatili, che a mio avviso dovrebbero fornire una maggiore versatilità vista la varietà di ambienti in cui ci si trova a usarli.

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