Lo Zen e l'arte del recupero dei dati

Mele e appunti

L’altroieri ho acquistato un nuovo disco rigido esterno, un LaCie da 750 GB. Ho così potuto occuparmi finalmente del problema che avevo riscontrato al rientro dalle vacanze ai primi di settembre, ovvero l’improvviso malfunzionamento del mio vecchio LaCie da 160 GB comprato quattro anni fa. Come accennavo a settembre, e nei commenti a quel post, analizzando il comportamento del disco rigido all’accensione e prestando attenzione ai rumori durante i tentativi di avviamento, avevo ragione di credere che il problema fosse legato all’alimentazione dello scatolotto in cui era inserito il disco. E che estraendolo da lì e collegandolo a un altro involucro FireWire, il disco sarebbe tranquillamente tornato a montarsi sulla scrivania del Mac.

Ieri, anche per cercare di distrarmi da eventi traumatici, mi sono cimentato in un’operazione di recupero e risistemazione dati:

  • Ho aperto l’involucro del vecchio LaCie, e trapiantato il disco rigido in altro involucro FireWire di provata stabilità e funzionamento.
  • Ho collegato il nuovo disco LaCie USB 2.0 da 750 GB, l’ho formattato e diviso in due partizioni.
  • Ho acceso il vecchio LaCie, che si è montato sulla scrivania al primo colpo.
  • Ho proceduto al recupero dei dati.

Qualche osservazione in merito:

1. Ero indeciso se comprare quel LaCie da 750 con interfaccia USB 2.0 oppure il LaCie Ethernet Disk Mini da 500 GB, con interfaccia Gigabit Ethernet e USB 2.0. Quest’ultimo mi sarebbe costato 20 Euro in più. I vantaggi dell’unità da 750 GB sono il prezzo, decisamente abbordabile per la capacità offerta, e appunto quei 250 GB in più che non guastano mai. I vantaggi del disco Ethernet sono una maggiore robustezza (metallo contro plastica), quel che mi sembra un sistema di ventilazione migliore, e la possibilità di inserire il disco nella rete domestica per condividere le risorse con tutti i computer. Alla fine ho scelto il primo per questioni di spazio: se deve contenere l’intero backup dell’altro disco da 160 GB, è meglio che sia più capiente, anche in vista dei nuovi dati che si andranno ad accumulare in futuro. Mi spiace per l’opportunità persa dell’interfaccia Ethernet, ma la scelta si è rivelata vincente quando ho visto che la capacità effettiva del disco formattato, secondo Utility Disco, era di poco più di 698 GB. Mi aspettavo che fosse minore, è sempre così, ma qui si parla di più di 50 GB!

2. Storicamente, il LaCie FireWire da 160 è il secondo disco LaCie che mi dà problemi. Il primo è stato un Pocketdrive da 20 GB che è partito da un giorno all’altro (guasto alla meccanica, non all’alimentazione). Perché insistere coi LaCie, allora? Beh, perché LaCie è solo un involucro: tutti i LaCie che possiedo sono in realtà dischi di marche diverse. Il disco all’interno del Pocketdrive da 20 GB era un IBM; quello da 160 GB che mi ha dato problemi di recente è un Western Digital; l’altro da 320 GB che uso per la libreria iTunes e per Time Machine è un Seagate; e il nuovo da 750 GB è un Hitachi. Insomma, non ce n’è uno della stessa marca.

3. Il problema al disco da 160, purtroppo, è più complesso. Inserito nell’involucro alternativo, collegato al Mac e acceso, le due partizioni si sono subito montate sulla scrivania, ma sottoponendole a Utility Disco ho scoperto che una di esse era gravemente danneggiata, mentre l’altra non aveva il minimo problema. L’operazione di recupero dati si è fatta più complessa e sono dovuto ricorrere a DiskWarrior.

4. Consiglio caldamente due cose, e non solo a seguito di questa esperienza:

  1. Dividere un disco (specie se di grande capacità) in almeno due partizioni, a meno che non sia destinato a usi particolari, come per il video, dove è necessario avere tutto su una partizione. Ogni partizione ha il suo catalogo, e in caso di problemi hardware o software esiste la possibilità che venga compromessa solo una delle partizioni (o almeno non tutte, a meno che il guasto sia così grave da non permettere nemmeno il funzionamento del disco).
  2. Comprare DiskWarrior. E aggiornare all’ultima versione. È indubitabilmente il miglior prodotto di diagnostica e recupero dischi in circolazione, insieme a Data Rescue. Sono soldi ben investiti. DiskWarrior mi ha tolto le castagne dal fuoco in varie circostanze e in scenari apparentemente senza speranza, ed è uno strumento che ho utilizzato anche per fare assistenza a terzi, sempre con successo.

5. Come dicevo, ho usato Diskwarrior per tentare il recupero della partizione danneggiata, che dopo l’analisi di Utility Disco si era smontata dalla scrivania e non riuscivo a rimontare. Al primo giro DiskWarrior diceva che i problemi al disco erano troppo profondi da non potergli permettere di effettuare riparazioni. Sospettando di avere una versione non aggiornata, sono andato nelle informazioni del programma e ho scoperto di avere ancora la versione 4.0. Sono andato sul sito di Alsoft e ho aggiornato alla 4.1. Rifatta la procedura di diagnosi, stavolta DiskWarrior iniziava a recuperare informazioni (ho attivato l’opzione Scavenge, che in pratica dice a DiskWarrior: non fidarti del registro che trovi, vai tu a cercare le informazioni dei file) e alla fine ha ricostruito e sostituito il catalogo del disco, avvertendomi però che una buona fetta di dati era compromessa (quasi 130.000 file su un totale di circa 359.000). All’atto pratico, grazie a DiskWarrior ho potuto salvare più di 30 GB di dati, mentre prima di intervenire, ogni accesso alle cartelle di quella partizione mi dava un errore.

Il risultato finale è stato decisamente positivo e migliore di ogni aspettativa. Psicologicamente avevo dato il disco per perso, ormai, mentre in realtà ho potuto ricuperare un’intera partizione da 80 GB più una trentina di GB della partizione danneggiata. DiskWarrior ha messo tutti i file danneggiati in una cartella “Damaged Items”, ed è stato interessante aprirla nel Finder e aspettare che si caricassero i contenuti. Ho dovuto aspettare circa 5 minuti prima di vedere i file in quella cartella — d’altronde non capita sempre di avere un cartella con quasi 130.000 elementi.

Mi aspettano altre prove, adesso. Anzitutto, finito il recupero dati voglio provare a riformattare il disco e a sottoporlo a scansione più profonda per vedere se il problema era solo software o se possa esserci qualche danno hardware. Il disco è stato acceso per tutta la giornata di ieri, ed è stato sottoposto a un certo stress (copia di più di 110 GB, centinaia di migliaia di file), e nel secondo involucro non ha battuto ciglio né ho udito rumori strani che possano indicare un malfunzionamento meccanico. Dopo la riformattazione terrò il disco nel guscio FireWire provvisorio e lo metterò alla prova copiando dati che ho già in backup (così da non perdere nulla in caso di sorprese) e conservandoli in quel disco per un accesso più rapido. Se la causa scatenante del problema al disco è stata l’alimentazione, lo vedrò mettendo un vecchio disco nel guscio del LaCie e accendendolo.

Alla fine, quella di ieri è stata una giornata produttiva e un’esperienza istruttiva.

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