Leopard, un anno dopo

Mele e appunti

Mac OS X 10.5 (Leopard) compie un anno. Una buona occasione per fare il punto, almeno per quel che riguarda il mio sistema — PowerBook G4 12″, 1 GHz, 1,25 GB di RAM, disco rigido da 40 GB, scheda video Nvidia GeForce FX 5200 con 32MB di RAM video.

Ritengo superfluo stare a ripetere tutti gli aspetti positivi, le migliorie rispetto a Tiger, ed entrare nei dettagli della mia esperienza generale, che è stata in questo anno positiva al 99%. Con questo post, invece, mi concentrerò su quell’un percento che non mi va e/o che non mi funziona, nonché su quel che di buono è a mio avviso andato perdendosi rispetto a versioni precedenti di Mac OS X.

1. A distanza di 5 aggiornamenti, Front Row continua a essere inutilizzabile sul mio Mac. La cosa inspiegabile e, se vogliamo, ridicola, è che Front Row funzionava discretamente in Mac OS X 10.5.0, e le sue prestazioni sono andate degradando a ogni aggiornamento minore. Ho provato ogni genere di rimedio, soluzione, espediente, ma non c’è niente da fare. Non che mi sia indispensabile, anzi, però è seccante avere un software che misteriosamente si mette a funzionare sempre peggio.

2. Analogamente a quanto mi succede con Front Row, anche con l’interfaccia grafica ‘spaziale’ di Time Machine ho avuto vari problemi durante i vari aggiornamenti minori. Le prestazioni video, mai state eccellenti, sono andate altalenando: in Mac OS X 10.5.0 funzionava decentemente, anche se il sistema rallentava parecchio, e la responsività dei pulsanti al clic del mouse mi ricordava Windows 3.1. Vado a memoria, ma direi che fino a Mac OS X 10.5.3, le prestazioni sembravano migliorare un po’, per poi precipitare in 10.5.4 e 10.5.5. Attualmente Time Machine si avvia, a tratti funziona, ma c’è moltissimo ritardo nella risposta dei pulsanti Annulla e Ripristina, e di tanto in tanto l’intero sistema grafico di Mac OS X pare piantato, al punto che in alcune occasioni ho dovuto terminare il processo collegandomi al PowerBook via SSH da un secondo Mac. Per quanto riguarda i backup tutto bene: le operazioni vengono svolte puntualmente e senza intoppi. Insomma, Time Machine è una buona idea, ma continua a mancare di raffinatezza per essere funzionale al 100%. Non ha senso avere un backup dei propri dati, se poi l’interfaccia grafica per ripristinarli si pianta o è inusabile. (E per finire, una curiosità: ho ancora tutti i miei backup dal 27 ottobre 2007. Un anno fa riservai a Time Machine una partizione da 130 GB di un disco esterno LaCie USB 2.0, e a distanza di un anno rimangono quasi 24 GB liberi su tale partizione).

3. Spotlight è migliorato e peggiorato al tempo stesso. Più veloce nelle ricerche, più versatile e potente, ma se becco quel programmatore Apple che ha deciso di eliminare quell’utilissima finestra dei risultati di Mac OS X 10.4 Tiger… Perché un passo indietro del genere? L’ironia è che l’icona che appare accanto alla voce “Mostra tutto” una volta elencati i risultati della ricerca nel menu di Spotlight, rappresenta proprio quella vecchia finestra che ora non appare più. L’attuale finestra è un pasticcio di icone disordinate con i nomi dei file tranciati. (Potete vedere la differenza fra le due in questo mio post di novembre 2007). Un’altra incongruenza di Spotlight: se apro una cartella nel Finder — per esempio “Clienti 2008” — e voglio cercare un file all’interno di quella cartella (e di eventuali sottocartelle), quando inserisco la stringa da cercare nel campo Spotlight in alto a destra della finestra del Finder, i criteri della ricerca predefiniti non sono Cerca in “Clienti 2008” e “Nome documento”, come sarebbe logico aspettarsi, ma Cerca in “Questo Mac” e “Contenuto”. Iniziare la ricerca in una determinata cartella dovrebbe dire a Spotlight di iniziare a cercare da lì, no? Oltretutto una ricerca per “Contenuto” su “Questo Mac” sarà sempre più lunga della ricerca di un file che già si presume si trovi in una certa cartella o gruppo di cartelle. (Per inciso, circa un anno fa scrivevo: È vero, quando voglio fare la ricerca di un file in una cartella e uso il campo Spotlight della finestra Finder di quella cartella, stranamente il primo luogo in cui Spotlight va a cercare è “Questo Mac” e non la cartella stessa. Sistemeranno anche questo. Nel frattempo, un clic sul nome della cartella e Spotlight cerca lì. Tempo perduto nell’effettuare l’operazione: meno di un secondo. — E per carità, le perdite di tempo sono davvero risibili. Però è passato un anno, nel frattempo, e dopo cinque aggiornamenti uno si aspetta che sistemino tutto quel che riguarda Spotlight, visto che è una delle funzioni più importanti del sistema. Con l’aumentare delle capacità dei dischi rigidi, a mio avviso, si dovrebbe far di tutto per velocizzare e semplificare le ricerche).

4. Un altro aspetto di Mac OS X che rimpiango dai tempi di Mac OS X 10.2 Jaguar e 10.3 Panther è la gestione della rete. Sicuramente fino a Jaguar, ma credo anche fino a Panther, la scoperta di un nuovo dispositivo o Mac nella rete locale era istantanea, come avveniva del resto per le reti AppleTalk/EtherTalk nel pannello Scelta Risorse di Mac OS 9 e versioni anteriori. Una volta che sul nuovo Mac ospite della rete si attivava la condivisione documenti, esso compariva immediatamente, per sparire immediatamente quando veniva disattivata. In Leopard trovo che la situazione è leggermente migliorata rispetto a Tiger: nel pannello laterale delle finestre del Finder, alla voce Condivisi, le risorse di rete appaiono in fretta, tuttavia spesso e volentieri l’icona rimane visibile anche molto tempo dopo l’uscita di quel Mac dalla rete. Almeno quando ci si trova in una rete mista Mac-PC, nella finestra Network non appare più quel pasticcio fatto di icone “Libreria” grigie, icone con diversi “Gruppi di lavoro”, icone con “Server locali” e “My Network”, alcune grigie, altre no, che comparivano in Mac OS X 10.4 Tiger. Però di tanto in tanto appaiono ancora delle icone ‘ingrigite’ e facendo clic su alcune di queste è capitato che il Finder si chiudesse inaspettatamente per poi riaprirsi da solo… Insomma, un po’ di confusione e perdita di quell’intuitività che rendeva molto più semplice e lineare gestire una rete locale. Inoltre una funzione, perduta con il passaggio da Mac OS 9 a Mac OS X, che mi piacerebbe ritornasse è la possibilità di monitorare gli utenti connessi a un determinato Mac e il traffico di rete, che nel Mac OS classico erano funzionalità svolte dal pannello di controllo Utenti e Gruppi. In Mac OS X non è possibile, e non esistono nemmeno dei software di terze parti che facciano il lavoro decentemente.

Questi i crucci principali. Fra le piccolezze metterei Spaces, un’altra buona idea che andrebbe raffinata ancor più, e una interfaccia grafica da rendere ancora più coerente. Continuo a non capire, per esempio, perché iTunes si comporti in modo ‘speciale’ rispetto ad altre applicazioni e alle finestre del Finder: se faccio clic sul pulsante verde in alto a sinistra, invece di ridimensionare la finestra di iTunes per adattarla allo schermo, come fa (o cerca di fare) qualsiasi altra applicazione/finestra, iTunes passa alla modalità mini-player. Perché non mettere anche a iTunes il pulsante bianco allungato presente su tutte le altre finestre, assegnandogli questa funzione, e lasciare che il pulsantino verde faccia quel che fa su tutto il sistema, cioè eseguire il comando Ridimensiona?

Che altro? Ah, sarebbe ora di implementare su VoiceOver altre lingue oltre all’inglese, e di avere altre voci internazionali che leggano bene come “Alex” legge l’inglese americano. Meno male che intanto ci sono aziende come Cepstral, che offrono soluzioni da affiancare alle opzioni fornite dal sistema.

Altro per ora non mi sovviene. Per il resto, lo ribadisco, l’esperienza con Leopard è stata finora decisamente soddisfacente, e se Snow Leopard sarà davvero una versione per migliorare quel che già c’è invece di aggiungere funzioni tanto per aggiungerle, allora non posso che attendere con ottimismo.

L'Apple di una volta? Mah.

Mele e appunti

Ieri ricevo una telefonata inattesa al mio cellulare italiano: mi chiama il signor Giorgio, col quale collaborai nel lontano 1999 quando il suo studio di grafica e pubblicazioni si stava espandendo, e poi ancora nel 2001, quando aveva bisogno di qualcuno che ‘insegnasse’ Mac OS X ai dipendenti. È una persona che ricordo con piacere e gli sono grato per avermi dato fiducia ai tempi. Mi ha chiamato per verificare che avessi ancora quel recapito telefonico, in caso avesse bisogno di assistenza, e abbiamo colto l’occasione per aggiornarci e la chiacchierata è inevitabilmente finita su Apple.

Giorgio appartiene alla vecchia guardia degli utenti Macintosh. Tanto per capirci, lui fu uno dei pochi italiani a comprarsi un Lisa nel 1984 o giù di lì, ed è rimasto fedele alla Mela per tutti questi anni. Come molti veterani, la sua relazione con Apple, specie negli ultimi tempi, si è fatta più conflittuale, e lui non ha problemi a dire di essere uno dei ‘delusi’ di questo ‘nuovo corso’. Il nuovo corso per Giorgio inizia grosso modo due anni fa, con la transizione dai processori PowerPC agli Intel. Già ci ho messo il mio tempo a digerire Mac OS X — ebbe a dirmi una volta — e adesso questo. Mah. (Sì perché mentre il suo studio aveva svariate macchine tutte sempre aggiornate, lui è passato a Mac OS X solo a fine 2003, con l’introduzione di Panther). La presentazione di iPhone, mi dice Giorgio, è stata un’altra bella botta. Quando ho saputo della notizia ho pensato “Adesso Apple si mette a fare telefonini, siamo a posto”.

Insomma, per Giorgio il ‘nuovo corso’ che Apple ha intrapreso dà troppa attenzione al settore consumer, lasciando sempre più al palo quella fetta di professionisti che negli anni, e spesso in condizioni avverse (una nicchia di mercato circondata da PC Windows), hanno sempre acquistato e ‘mantenuto’ Apple nel bene e nel male. Apple, a suo dire, deve ringraziare il settore professionale se è rimasta a galla negli anni bui (metà degli anni Novanta), e adesso sembra aver sempre meno considerazione e riguardo verso i professionisti e verso i vecchi clienti, quelli che sanno che una volta i Mac erano beige.

Secondo Giorgio, Apple è oggi sempre più asservita al settore consumer (Quello che ha fatto rimanere a galla Apple in questi ultimi anni e di più, che l’ha finalmente resa visibile e forte – gli ho detto io al telefono) e che la qualità ne ha inevitabilmente risentito, per non parlare — e qui veniamo finalmente alle ultime novità presentate in ottobre — dei nuovi MacBook e MacBook Pro, e del nuovo schermo da 24 pollici ‘lucido come uno specchio’. Sempre Giorgio: Certo, sulla manifattura non si discute, meglio così che quei cosi di policarbonato che quando li maneggi fanno rumore come barche a remi — però, daaai, mi togli la FireWire? Mi metti lo schermo lucido?  Eccetera.

Ora, per carità, io stesso sono un appassionato dei vecchi Mac. Continuo a usarli, li colleziono, ne esalto la longevità, ci ho persino dedicato un blog. Però, a differenza di Giorgio, non sono proprio sicuro di rivolere l’Apple di una volta. Probabilmente la qualità delle componenti dei Mac di una decina d’anni fa e oltre era migliore — non saprei dire, a me i Mac hanno sempre funzionato tutti molto bene, e l’unico degrado percepibile è nella vita media dei dischi rigidi, un fenomeno per il quale non avrebbe senso incolpare Apple. Probabilmente il settore professionale non è fra i primi pensieri dell’Apple di oggi (i Mac Pro non mi sembrano esattamente macchine per ragazzini, però). Probabilmente, come sostiene Giorgio, non ha senso che fra il MacBook da 2,4 GHz e il MacBook Pro da 2,4 GHz vi sia una differenza di soli 300 Euro e che per essere delle ‘macchinette consumer’ (parole sue), i MacBook nuovi sono un po’ cari.

Però andiamo a vedere un istante com’era la situazione nel 1996. Sfogliando l’archivio di vecchie riviste Mac mi sono capitati sotto gli occhi i prezzi di listino dei Mac del periodo. Dodici anni fa i modelli più a buon mercato erano macchine desktop, in primis il Performa 5260, un Mac tutto-in-uno con processore PowerPC da 100 MHz, 12 MB di RAM, disco rigido da 800 MB, CD-ROM 4x, al prezzo di 2.300.000 lire (che facendo una mera conversione sarebbero circa 1.200 Euro, ma considerando il valore di quei soldi nel 1996 e facendo un paragone con l’Euro di adesso non mi sembra sbagliato affermare che quei 2.300.000 lire siano equivalenti ad almeno 2.000 Euro attuali). Un altro Mac economico dell’epoca era il Power Macintosh 4400, una delle serie qualitativamente peggiori dei Power Macintosh, che veniva venduto a poco più di 3 milioni di lire nella configurazione con processore PowerPC a 200 MHz, 16 MB di RAM, disco rigido da 1,2 GB e lettore CD-ROM 8x.

La linea dei portatili era semplicemente proibitiva: basti vedere i prezzi dei PowerBook 1400. Il PowerBook 1400cs a 117 MHz con disco rigido da 750 MB, schermo a matrice passiva e unità CD-ROM opzionale veniva venduto a 4.500.000 lire, ma se uno voleva la versione con processore a 133 MHz, disco rigido da 1 GB e unità CD-ROM di serie doveva pagare tre milioni di lire in più. Il PowerBook 5300 di punta, uscito un anno prima, costava a listino circa 11 milioni di lire. No, a quei tempi Apple non faceva ‘macchinette consumer’ per ragazzini con l’iPod, la sua presenza sul mercato era risibile, e i portatili erano macchine per una élite di clienti. Concludendo l’argomento Apple, ho detto a Giorgio che forse, se non fosse stato per il cambio di rotta imposto da Jobs al suo rientro in Apple nel 1997, probabilmente non ci sarebbe un MacBook Pro sulla sua scrivania, e forse nemmeno un PowerBook G4 sulla mia.

Apple è in ottima salute. Anche Jobs.

Mele e appunti

Il 21 ottobre si è tenuta la “Conference Call — Risultati Finanziari Quarto Trimestre Anno Fiscale 2008 di Apple”, ed è stato un evento certamente interessante, non solo per i risultati strepitosi delle vendite di tutte le linee di prodotti Apple, ma anche per la presenza dell’ineffabile CEO Steve Jobs. Una circostanza rara e in passato generalmente legata alla comunicazione di brutte notizie. Stavolta invece nelle parole di Jobs, sia il discorso iniziale già preparato, sia le risposte fornite agli analisti, c’erano un orgoglio e una sicurezza del tutto giustificati.

Il sito Seeking Alpha ha pubblicato una risorsa eccezionale: la trascrizione completa della Conferenza. Consiglio davvero a chi non ha problemi con l’inglese di leggersela tutta: non è una lettura breve ma vale davvero la pena. Pubblico qui qualche breve stralcio che a me pare significativo, in quanto Jobs ha saputo essere sintetico ed efficace nello ‘spiegare Apple’.

Ben Reitzes, analista per Barclays Capital, chiede a Jobs di parlare dei prezzi dei Macintosh e di come, secondo Jobs, siano posizionati considerando l’attuale panorama economico; inoltre vorrebbe sapere che cosa pensa Jobs di questa nuova categoria di NetBook di cui si parla tanto, e se vedrebbe un’eventuale presenza di Apple in quel segmento di mercato. Jobs risponde:

Beh, non è questa particolare flessione economica che sta creando un mercato per computer meno costosi. Quel mercato esiste da tempo, e vi sono parti di quel mercato nelle quali abbiamo scelto di non entrare.

Io credo che quando la gente vuole un prodotto del livello di ciò che produciamo noi, si mette sempre a fare confronti di prezzo, e devo dire che ormai siamo piuttosto competitivi in questo senso. Pertanto scegliamo di essere presenti in certi segmenti del mercato, e scegliamo di non esserlo in altri. E la questione è: questa flessione spingerà parte dei nostri clienti verso quei segmenti più bassi del mercato e ad acquistare prodotti di qualità inferiore? Ecco, sarei sorpreso se ciò accadesse sui grandi numeri, e ritengo anzi che vi sia ancora un gran numero di clienti che non abbiamo, nel mondo Windows o nell’altro 99% del mercato della telefonia, ai quali piacerebbe acquistare prodotti Apple e che potrebbero permetterseli. Perciò vedremo quale sarà il rapporto fra questi due fattori, ma direi che non siamo particolarmente preoccupati.

Per quanto riguarda la categoria dei NetBook, si tratta di una categoria nascente. A quanto ci è dato vedere, non ci sembra che se ne stiano vendendo in grandi quantità. Se vogliamo, uno dei nostri partecipanti in quella categoria è iPhone, almeno per quanto riguarda la navigazione Web, la gestione delle email, e tutte le altre cose che un NetBook permette di fare, più l’essere collegati alla rete cellulare ovunque ci si trovi — iPhone è un’ottima soluzione in questo senso, e in più sta nel taschino. Ma aspetteremo di vedere come si evolve questa categoria nascente, e abbiamo alcune idee decisamente interessanti da proporre in caso si evolva sul serio.

Quest’ultima frase sicuramente fornirà lo spunto per innumerevoli discussioni e supposizioni. Io penso, molto semplicemente, che nel caso la categoria NetBook decolli davvero, è possibile che Apple entri in quel particolare segmento di mercato con una strategia analoga a quella utilizzata con iPhone nel mercato della telefonia. Perché con iPhone Apple ha dimostrato che non è strettamente necessario innovare essendo pionieri in un mercato, o creandone uno con la creazione di un prodotto-mai-visto-prima. Si può anche osservare da lontano, studiare e fare i compiti; ed entrare, dopo, con un prodotto che fa dire ai ‘veterani’ di quel mercato “Ma perché non ci abbiamo pensato noi prima?”.

In risposta a Toni Sacconaghi, analista per Sanford Bernstein, Jobs ha ribadito un concetto che dovrebbe essere chiaro ormai anche a chi sosteneva un paio di settimane fa che la novità dell’evento sui portatili sarebbe stato, finalmente, un portatile a basso costo. E il concetto è: “Apple” e “basso costo” sono due cose inconciliabili, termini che non staranno mai nella stessa frase — meglio, molto meglio, la qualità e il valore del prodotto:

Quel che vogliamo fare è fornire a questi clienti quanto promettiamo, un livello sempre maggiore di valore. Esistono categorie di clientela che scegliamo di non considerare. Non sappiamo come realizzare un computer da 500 dollari che non sia un ammasso di ferraglia, e il nostro DNA non ci permetterà di produrre un simile coso. Ma possiamo continuare a offrire un valore sempre più grande a quei clienti che invece consideriamo, e ve ne sono moltissimi. E abbiamo avuto un enorme successo concentrandoci su determinati segmenti del mercato, senza voler per forza soddisfare tutti i palati. Per cui da Apple ci si può ragionevolmente aspettare di continuare con quella strategia vincente, cercando di aumentare sempre più il valore dei prodotti destinati al target di utenza verso cui scegliamo di dirigerci. Che ne dice? Ha senso?

Io direi proprio di sì.

Fra l’altro, oggi ho fatto il solito giretto alla FNAC e finalmente è comparso il nuovo MacBook. È sufficiente guardarlo — di persona, non in fotografia — per capire al volo il concetto “è un po’ più caro del MacBook di prima, ma, porcaccia miseria, quei 200 Euro in più li vale tutti”. L’ho provato, maneggiato e soppesato e accidenti che impressione lascia. Solidità, eleganza, cura del dettaglio. Poi accanto c’erano due MacBook bianchi della serie precedente: sembravano giocattoli, con quel bianco ‘avariato’ dall’uso — che poi si parla sempre di unità demo, quindi l’uso è comunque scarso. Peccato scompaia il modello nero: pur di plastica rimane sempre più bello a vedersi. Neanche i vecchi iBook bianchi invecchiavano così male.

(Ah, e il nuovo trackpad è assolutamente usabile. Io ci ho appoggiato la mano e l’ho utilizzato fingendo che nella parte inferiore ci fosse il pulsante, quindi facendo clic con il pollice, come d’abitudine, e mi sono trovato benissimo. Ah, e ho messo l’illuminazione dello schermo al massimo, e devo dire che potrebbe anche essere sopportabile. È davvero davvero luminoso. Ora dove sono quei 1.449 Euro?…)

Per districarsi nell'App Store

Mele e appunti

AppShopper: iPhone App Deals and Discovery: Qualche post addietro lamentavo la difficoltà di navigare nell’App Store utilizzando iTunes. Con il numero di applicazioni in continua crescita da una parte, e una lentezza generale dell’interfaccia di iTunes Store dall’altra, effettuare ricerche nel mare magnum dell’App Store può diventare un’operazione snervante e una perdita di tempo.

Da poco tempo è online questo sito, AppShopper, e devo dire che le cose vanno decisamente meglio. D’accordo, è in inglese e i prezzi riportati si riferiscono all’App Store USA, ma è molto più pratico da utilizzare rispetto a iTunes. In prima pagina vengono presentati tutti gli aggiornamenti più recenti. Nella barra in alto è possibile navigare per categorie e scegliere se visualizzare tutte le applicazioni (All), solo quelle a pagamento (Paid), o solo quelle gratuite (Free); poi si possono ulteriormente filtrare i risultati, visualizzando solo le applicazioni che sono state aggiornate (Updates), solo le nuove (New), oppure quelle che hanno subito una variazione di prezzo (Price Changes). Infine all’estrema destra della barra si trova il classico campo di ricerca con inserimento di stringhe di testo. Mi piace molto la vista generale: nell’elenco delle applicazioni viene subito evidenziato il prezzo (a destra), e delle etichette colorate poste sopra la descrizione evidenziano istantaneamente se si tratta di un’applicazione nuova, se l’applicazione è stata aggiornata, se ha subito una riduzione o un aumento di prezzo, ecc.

Facendo clic sull’icona dell’applicazione viene caricata la stessa pagina di informazioni che appare in iTunes, ma con una sola immagine di esempio (quindi è più simile alla pagina che viene usata nell’applicazione App Store sullo iPhone / iPod touch). Ovviamente è possibile comprare direttamente un’applicazione facendo clic su Buy Now: si aprirà iTunes e si verrà portati alla pagina di informazioni del programma, e da lì si potrà acquistare con la solita procedura.

È anche possibile iscriversi a vari feed RSS se si vuole monitorare la situazione dal proprio feed reader preferito. Ho scoperto questo sito un paio di giorni fa: adesso lo uso per tenermi informato sulle ultime novità per iPhone e per navigare nell’App Store in modo più rapido ed efficiente. Poi gli acquisti li faccio da iTunes.

iPhone: note mobili (5)

Mele e appunti

Eh sì, ormai è passato un mese buono dall’acquisto. Quando ho iniziato a redigere i miei appunti su iPhone — queste “note mobili” — credevo che in un mese avrei accumulato molte più osservazioni, ma in realtà, una volta familiarizzato con l’interfaccia, non resta molto. Molto semplicemente, iPhone just works, funziona bene. Ho cercato di esplorarlo a fondo, di analizzarne l’interfaccia e l’interazione, e in quanto a usabilità la situazione è buona e non ho riscontrato carenze vistose che impediscano di svolgere un compito in maniera fluida. Ci sono un paio di cose che migliorerei — si veda il paragrafo successivo — ma in generale comprendo perché per questo dispositivo la percentuale di “soddisfazione del cliente” rasenta il 100%. La batteria ha un’autonomia sufficiente per i miei bisogni. Nelle giornate di intensa attività wireless e/o 3G, la carica resiste almeno per tutto l’arco delle 24 ore (con iPhone a piena carica quando lo accendo al mattino). La bolletta telefonica sta per arrivare, ma ho già controllato la situazione nel mio account cliente sul sito di Movistar e non ci dovrebbero essere sorprese. Per quanto riguarda il traffico dati sono positivamente sorpreso: ricordo che quando lessi che il limite mensile era di 200 MB pensai che fosse una quantità un po’ misera. Eppure, malgrado mi sia più volte collegato alla rete cellulare per navigare, controllare la posta e utilizzare applicazioni che richiedono la connessione a Internet, ho visto che il consumo dati non arriva ai 25 MB.

Non ho la possibilità di fare confronti pratici con versioni del software precedenti (dei problemi che davano ho soltanto letto nel Web e avuto notizie di seconda mano), ma devo dire che la versione 2.1 di iPhone OS è veramente stabile. Ho installato ormai una trentina di applicazioni di terze parti e non ho mai visto nessun crash o comportamenti imprevisti. Le due uniche bizzarrie che ho notato da quando possiedo iPhone riguardano le copertine degli album: in un’occasione, aprendo l’applicazione iPod, mi sono ritrovato senza copertine — tutti gli album avevano l’icona generica. In un’altra occasione, invece, le ‘copertine’ dei podcast erano cambiate ed avevano preso in prestito un paio di copertine a caso della mia biblioteca musicale. In entrambe le circostanze l’unica soluzione per ovviare all’inconveniente è stata la cancellazione degli album e dei podcast, per poi tornare a copiarli nell’iPhone. Un’operazione tutto sommato indolore, visto che pur non sincronizzando la musica automaticamente, mi sono creato una playlist “Per iPhone”, così dovessi trovarmi a dover togliere e rimettere tutta la musica, mi basta selezionare l’intera playlist e trascinarla sull’icona di iPhone.

Piccolezze

Un amico, mentre si parlava di iPhone, mi ha proprio domandato a bruciapelo: Tu cosa miglioreresti? Difficile dirlo. Sia per quanto riguarda le funzioni che per quanto riguarda l’interfaccia siamo in un ambito davvero soggettivo, e non è detto che quel che a me manca o quel che io trovo scomodo nel mio uso quotidiano di iPhone valga anche per gli altri. Ma visto che stiamo parlando della mia esperienza, questi sono gli appunti:

  1. Scrivere un SMS con iPhone in mano mentre si va un po’ di fretta è difficile. La tastiera virtuale richiede all’utente di essere più zen, di rallentare il passo e concentrarsi. Altrimenti (nel mio caso, almeno) ecco apparire una sbrodolata di lettere invece del breve messaggio che voglio inviare. (In un’occasione, quel che doveva essere Arrivo fra 10 min. è diventato Aerrrovbo frs19nun e più che un dizionario predittivo ci voleva un mago per capire quel che volessi scrivere!). Per carità, non è che con i precedenti cellulari fosse tutto rose e fiori: quel pigiare pulsanti frenetico e ripetuto era da tendinite assicurata.
  2. Gli auricolari con microfono in dotazione a iPhone sono ottimi ed è comodissimo ricevere chiamate mentre stai andando per i fatti tuoi ascoltando musica. La musica sfuma, arriva lo squillo, si preme una volta il microfono e si risponde. A chiamata ultimata, la musica ritorna in cuffia, esattamente dal punto in cui si era fermata. Se non si sta ascoltando musica e gli auricolari sono rimasti a casa, per rispondere occorre passare il dito sul cursore che appare nella parte bassa dello schermo. iPhone ha due luoghi deputati per i cursori a scorrimento: in alto, visibile quando si deve confermare lo spegnimento definitivo di iPhone; in basso per tutte le altre circostanze: per sbloccare lo schermo dopo un risveglio, per annullare da iPhone la procedura di sincronizzazione, e per rispondere a una chiamata quando gli auricolari non sono collegati. Ecco, per come impugno iPhone, muovere il cursore senza usare due mani (ossia iPhone nella destra, e dito indice sinistro sul cursore) mi risulta un po’ faticoso. Tenendolo nella mano destra, è ovvio che userò il pollice e che il movimento sarà da sinistra verso destra, quindi verso l’interno della mano. Per avere una buona presa di iPhone, lo impugno in questo modo: 
    DSCN1372.JPG

    Spesso, partendo da questa posizione, mi risulta difficile trascinare il cursore sino a fine corsa, e devo necessariamente far scorrere iPhone verso l’alto (quindi perdendo presa) o inclinarlo per facilitare il lavoro al pollice. Se lo slider fosse posizionato in alto, come quello per lo spegnimento, il movimento del pollice sarebbe meno faticoso e più naturale:

    DSCN1373.JPG
  3. Quando mi trovo nella schermata delle informazioni di un contatto, e devo effettuare piccole modifiche, mi viene spontaneo fare tap sui vari campi ignorando il pulsante di modifica in alto a destra, con il risultato di chiamare il contatto o di avviare MobileMail, pronto per inviare un’email. Ma questa sono certo che è solo sbadataggine mia. Quel che invece mi pare strano è che non sia possibile spostare l’ordinamento dei vari campi: magari una persona mi dice che il suo numero principale è un altro, e quel che io avevo in rubrica ora è diventato secondario. Mi piacerebbe poter invertire i campi direttamente dall’iPhone, invece mi tocca farlo da Rubrica Indirizzi sul Mac.
  4. Renderei un po’ più ricca e versatile l’applicazione SMS. Senza complicare troppo le cose, basterebbe semplicemente la possibilità di cancellare certi messaggi senza dover cestinare un’intera conversazione. Ieri per esempio ho mandato un messaggio a mio padre, e la sua risposta mi è arrivata doppia. Ecco, vorrei poter togliere il doppione, senza buttare tutto lo scambio precedente di SMS.
  5. Ritengo che l’interfaccia della fotocamera sia migliorabile: quando tengo iPhone in verticale con una mano, per raggiungere il pulsante di scatto devo far scorrere il telefono verso l’alto e, come al punto 2, la presa diminuisce e così pure la stabilità necessaria per fare una foto. Le cose migliorano quando tengo iPhone in orizzontale, perché in questo modo il posizionamento è più simile a quello di una normale fotocamera, e iPhone, tenuto fra le due mani, risulta più bilanciato. L’ideale sarebbe poter utilizzare il tasto fisico di stop/risveglio quando si usa la fotocamera in verticale. È la posizione del pulsante virtuale per lo scatto che mi sembra leggermente problematica. Troppo vicino al tasto Home, che ho premuto erroneamente in più d’una occasione.

iPhone strumento sociale

Stamattina sono andato all’ospedale per effettuare le prime analisi in vista della prossima operazione di rimozione della cistifellea. Mentre aspettavo di essere chiamato per fare l’elettrocardiogramma, ho notato che il tizio seduto accanto a me aveva un iPhone e stava passando il tempo giocando a Wurdle. Ho anch’io estratto il mio iPhone per appuntarmi sul calendario le prossime visite, e il tizio ha subito attaccato bottone — “Sei la seconda persona che vedo con un iPhone qui a Valencia”, mi ha detto, visibilmente contento di aver trovato un altro ‘fratello’; “È fantastico”, ha aggiunto rimirandolo — e in dieci minuti abbiamo chiacchierato sui nostri usi e costumi con l’iPhone, ci siamo scambiati consigli su applicazioni da provare e poco ci manca che finiamo da qualche parte a bere una birra. Mi ha fatto piacere, e per un momento mi sono ricordato di episodi analoghi, cinque-sei anni fa, quando i Mac erano un po’ meno diffusi. I nomadi informatici muniti di portatili Mac si riconoscevano tra la folla e capitava di iniziare conversazioni con perfetti sconosciuti o quantomeno di scambiarsi a distanza sorrisi d’intesa — i segnali di appartenenza alla stessa tribù, per dire.