Potenza al Cubo

Mele e appunti

Come suggerito dal post precedente, in questi giorni ho aggiornato il mio PowerMac G4 Cube. L’operazione è andata molto bene e ora mi ritrovo con un Cube ancora più performante. L’idea di questo post è di raccontare di un piccolo inghippo accaduto durante l’aggiornamento, di fare qualche osservazione sul design del Cube, e di fare il punto della situazione dopo circa un anno di possesso del Cube e a dieci mesi di distanza da questo mio post di febbraio in cui raccontavo la storia di questo Cube e delle mie intenzioni per il futuro.

Effetti post-operatori

Nello scorso post accennavo al succo dell’aggiornamento hardware: più RAM e un disco rigido più capiente. Qualche giorno fa, da Palo Alto, California, ecco che arrivano le tre barrette di RAM da 512 MB l’una, che portano la memoria del Cube al suo massimo possibile: 1,5 GB. Già che devo aprire il Cube, colgo l’occasione di infilarci un disco rigido da 60 GB in sostituzione dell’unità da 20 GB con cui mi era arrivato il Cube a dicembre 2007. È un upgrade teoricamente fattibile in una decina di minuti: ci ho impiegato molto di più a causa del connettore che fornisce l’alimentazione al disco rigido, che si è rivelato davvero tenace. Su questo dettaglio tornerò dopo. Terminata l’operazione, richiuso e riposizionato il Cube, lo collegavo a monitor e tastiera, ansioso di accenderlo e vedere se tutto era andato per il meglio. E così era, apparentemente. Mac OS X 10.4 si avviava davvero rapidamente, e molto presto mi ritrovavo davanti la scrivania, le cartelle, le applicazioni e le preferenze mantenute identiche all’installazione sul vecchio disco, grazie all’ottimo lavoro di Assistente Migrazione, che in una ventina di minuti aveva clonato tutto il necessario. Andavo subito al menu Apple e richiamando le Informazioni su questo Mac potevo notare che la RAM veniva riconosciuta e vista in tutti i suoi 1,5 GB. Anche secondo System Profiler non c’erano problemi con i tre banchi di RAM.

Ma dopo un certo periodo di inattività, il Cube cominciava a comportarsi stranamente. Cercando di passare da un’applicazione all’altra con Cmd-Tab sentivo il Cube emettere il tipico rumorino che fa quando viene risvegliato dallo stop, come se stesse risvegliando il disco rigido, e il Finder si piantava, e poi tutto si piantava, come confermato dalla maledetta rotellina colorata. Poi, passati forse due-tre minuti, tutto tornava normale e le operazioni che avevo accumulato nel tentativo di sbloccare la situazione venivano riprodotte tutte insieme in sequenza. Il Cube sembrava essere entrato e poi uscito da un temporaneo stato catatonico. Ho pensato che potessero essersi corrotte le preferenze di Risparmio Energia, e che il Cube, per qualche motivo, non fosse stato in grado di effettuare uno stop completo e che stesse ‘dormendo a occhi aperti’, se mi passate l’immagine. Giusto per scaramanzia in Risparmio Energia disabilitavo l’opzione “Metti in stop il disco rigido quando è possibile”. Essendo ormai notte fonda, mettevo il Cube in stop e me ne andavo a dormire.

Durante la mattina di ieri, però, il Cube ha continuato a manifestare questa temporanea catatonia, in genere innescata dalla ripresa di attività dopo un certo periodo di stasi. In una occasione il Cube aveva persino spento il monitor ed era diventato sordo a qualsiasi input da tastiera. E non era in stop (la luce non pulsava). “OK”, ho pensato, “o è la RAM o il disco rigido ha qualche problema con la gestione energetica”. Il problema doveva essere per forza legato al mio intervento di aggiornamento, perché prima non si era mai manifestata una cosa del genere. Al principio ero molto più orientato sulla RAM e, per esperienza, quando un Mac cominciava a congelarsi in modo casuale e a comportarsi in maniera inaspettata, in genere il colpevole era sempre stato un banco di RAM andato o male inserito. Poi, giusto prima di aprire il Cube, mi è venuto il ‘momento eureka’: nello scambio dei dischi rigidi mi era sembrato che la disposizione dei jumper del disco uscente fosse diversa dal disco entrante. Aprendo il Cube e osservando i jumper del nuovo disco da 60 GB la mia impressione veniva confermata. Grazie al cielo mi ero scaricato il manuale in PDF del disco rigido, un Seagate Barracuda IV modello ST360021A. (Fra l’altro il disco da 20 GB che aveva in dotazione il Cube era un Seagate Barracuda IV modello ST320011A, cioè la stessa identica famiglia; piccolo il mondo, eh?). Il manuale, davvero ben scritto, illustra le configurazioni possibili per i jumper:

barracuda-jumpers.png

Il disco da 60 GB che avevo inserito aveva i jumper disposti nella terza configurazione, “Master with non ATA-compatible slave”, mentre il disco da 20 GB aveva i jumper correttamente disposti come nella prima configurazione “Master or single drive”. Tolto il ponticello in più, passavo a ispezionare la RAM, ma i tre banchi erano tutti ben saldamente inseriti nei loro alloggiamenti. Richiuso il Cube, ricollegato tutto e riacceso, il problema è scomparso.

A posteriori, mi è venuta l’idea di controllare in Console la presenza di qualche indizio e in effetti, esaminando il system.log a ritroso, ho notato un’entrata ripetersi di tanto in tanto:

Dec 6 12:54:57 Q‑bert kernel[0]: System Sleep
Dec 6 12:54:57 Q‑bert kernel[0]: System Wake
Dec 6 12:54:57 Q‑bert kernel[0]: Wake event 0020
Dec 6 12:54:58 Q‑bert kernel[0]: IOATAController device blocking bus.
Dec 6 12:55:09 Q‑bert kernel[0]: IOATAController device blocking bus.
Dec 6 12:55:20 Q‑bert kernel[0]: IOATAController device blocking bus.
Dec 6 12:55:31 Q‑bert kernel[0]: IOATAController device blocking bus.
Dec 6 12:55:31 Q‑bert kernel[0]: AFPSleepWakeHandler: waking up
Dec 6 12:56:05 Q‑bert kernel[0]: IOATAController device blocking bus.

Dec 6 13:11:23 Q‑bert kernel[0]: IOATAController device blocking bus.
Dec 6 13:11:34 Q‑bert kernel[0]: IOATAController device blocking bus.
Dec 6 13:11:46 Q‑bert kernel[0]: IOATAController device blocking bus.
Dec 6 13:11:57 Q‑bert kernel[0]: IOATAController device blocking bus.
Dec 6 13:12:31 Q‑bert kernel[0]: IOATAController device blocking bus.
Dec 6 13:18:59 Q‑bert kernel[0]: AirPort: New Group Key, Idx 2
Dec 6 13:58:42 Q‑bert kernel[0]: IOATAController device blocking bus.
Dec 6 13:58:53 Q‑bert kernel[0]: IOATAController device blocking bus.
Dec 6 13:59:04 Q‑bert kernel[0]: IOATAController device blocking bus.
Dec 6 13:59:15 Q‑bert kernel[0]: IOATAController device blocking bus.
Dec 6 13:59:49 Q‑bert kernel[0]: IOATAController device blocking bus.

Io non sono un grande esegeta dei papiri emessi dall’oracolo Console, ma in questo caso mi sembra che il lavoro d’interpretazione sia piuttosto semplice, e corrobora i sospetti. Morale: non è sempre colpa della RAM.

Il design del Cube: genio e sregolatezza

Oggi abbiamo il Mac mini, per cui non è più possibile sottolineare la compattezza del Cube come qualcosa di insuperabile. A occhio, infatti, il Cube ha le dimensioni di almeno quattro Mac mini impilati uno sull’altro. Ma l’idea del cuore metallico nel guscio di plexiglas, e il fatto che si possa aprire senza togliere viti, solo tirando una maniglia estraibile, sono due tocchi di design che mi hanno sempre sorpreso. (I possessori del Mac mini si sognano una tale facilità nell’aprire la macchina). E poi se consideriamo lo hardware di otto anni fa, il Cube era proprio rivoluzionario. Visto più da vicino, ossia dal punto di vista di chi lo possiede, lo usa quotidianamente e talvolta gli mette mano, il design del Cube rivela anche qualche dettaglio non proprio positivo. Le porte, collocate nella faccia inferiore del Cube, sono certamente disposte in una posizione che permette di nascondere cavi e cavetti e mantenere un’impressione ordinata, ma al tempo stesso non tengono troppo in considerazione cavi spessi e con prese ingombranti, come sono in genere i cavi VGA. Il risultato è una certa strozzatura del cavo stesso, che deve piegarsi piuttosto bruscamente per poter uscire correttamente dalla parte posteriore del piedistallo del Cube. Per ovviare a questo inconveniente, nella confezione originale del Cube veniva fornito uno speciale adattatore VGA-VGA:

cube-vgavga.png

 

Adattatore che, avendo preso il Cube di seconda mano, devo ancora procurarmi.

Una volta aperto il Cube si può apprezzare il classico ordine e la pulizia delle interiora di un prodotto Apple. La RAM è accessibile immediatamente, senza aprire pannelli o togliere viti. Stesso discorso se si vuole aggiungere una scheda AirPort: il suo slot è montato su uno sportellino — si apre lo sportellino, si infila la scheda, si collega l’antenna e si richiude. La scheda logica è sostituibile senza dover smontare tutto il computer. Anche la sostituzione del disco rigido è abbastanza comoda. Aprendo lo sportellino su cui è alloggiata la scheda AirPort, si ha accesso alla parte posteriore del disco, dove si collegano il cavo di alimentazione e il cavo dati (quello solitamente grigio e piatto). Si scollegano i due connettori, si svitano tre viti sul dissipatore di calore, e il disco scivola fuori dalla parte opposta:

cube-hd1.png
cube-hd2.png
cube-hd3.png

 

L’unico problema è lo spazio prevedibilmente ristretto in cui tocca operare. Il connettore di alimentazione del disco rigido è in genere molto duro e resistente (è fatto così anche per evitare disastrosi scollegamenti accidentali). Il manuale suggerisce di aiutarsi con un cacciavite con punta a taglio, per far scivolare lo spinotto di plastica fuori dalla sua sede. È un consiglio da non seguire: è molto facile che, facendo leva, il cacciavite sfugga al controllo e la punta vada a danneggiare il connettore arancione piatto della scheda Airport (nella prima delle tre figure precedenti, è quell’area grigia dietro lo sportello aperto parzialmente coperta dalla freccia nera), oppure che vada a danneggiare uno o più cavetti di alimentazione nelle vicinanze. Io, dopo quasi mezz’ora di bestemmie e pollice e indice doloranti (non c’è nemmeno troppo spazio per tirare, lì dentro), ho fortunatamente trovato una pinzetta delle dimensioni giuste e l’ho usata con successo per estirpare il connettore maledetto.

I due ultimi dettagli di design potenzialmente buono, ma nella pratica non tanto efficace, sono il pulsante di accensione/spegnimento, e la posizione dell’unità ottica. Il primo è bellissimo da vedere e toccare. Non c’è un vero pulsante, ma un sensore: si tiene il dito sull’area designata, e il Cube si accende. Il pulsante si illumina di una bella luce biancastra, che è ancor più bella da vedere quando la macchina è in stop e la luce inizia a pulsare. Quel che fa ammattire è che apparentemente questo sensore è anche sensibile allo spostamento. Se dovete inclinare il Cube o metterlo su un fianco (per esempio per togliere o collegare cavi), il poveretto ‘impazzisce’ ed entra in stop per risvegliarsi subito o, peggio, si spegne per poi riaccendersi. Inutile dire che questo non fa bene al Cube, per cui consiglio di spegnerlo e scollegare la presa di corrente prima di muoverlo. La posizione dell’unità ottica è tale per cui si inseriscono e si tolgono i CD e i DVD verticalmente, proprio come le fette di pane in un tostapane. È facile capire che cosa succede col tempo e se non si ha cura di pulire la feritoia dell’unità slot-loading: quando il Cube tenta di espellere un disco, questi non esce a sufficienza e viene ‘rimangiato’ dal Cube. Bisogna avere i riflessi pronti e pescarlo non appena spunta fuori.

Fine di un esperimento

Quando acquistai il Cube un anno fa, sapevo che le specifiche non erano eccezionali. Come scrivevo a febbraio, la macchina mi arrivava con 256 MB di RAM, 20 GB di disco rigido, e priva di scheda AirPort. Per cui, visto che era destinato a essere una macchina secondaria, e che avrei dovuto installare Mac OS X da zero, colsi l’occasione per un piccolo esperimento: non installare quasi niente al di fuori della dotazione software di Apple — niente plug-in di terze parti, nessuna utility che andasse a modificare il comportamento di certe parti del sistema, e così via. Lo scopo era analizzare empiricamente l’efficacia di una tale configurazione di base, specie sulla distanza. I risultati, dopo quasi un anno, sono eccellenti. Il Cube non ha mai avuto un problema, mai un congelamento, mai un riavvio forzato, mai un’applicazione chiusa inaspettatamente, mai un conflitto. Il tutto con un uso continuato, non troppo pesante ma nemmeno troppo leggero. E il Cube si è sempre dimostrato molto reattivo e scattante, malgrado i ‘pochi’ 256 MB di RAM. Come scrivevo a febbraio, mi ha molto sorpreso la navigazione con Safari, percettibilmente più veloce che su altri Mac con più potenza processore e più RAM. Insomma, il Cube si è dimostrato un vero muletto, e l’ho pian piano aggiornato: prima una scheda AirPort, poi un Griffin iMic, e ora 1,5 GB di RAM e un disco rigido più capiente. Ora che l’esperimento è terminato e mi ritrovo con un Cube più potente, mi sono ripromesso di utilizzarlo ancor di più, magari osando qualche haxie come ShapeShifter, FruitMenu e ClearDock, ma sono aperto a consigli. Se qualcuno utilizza questi software, mi dica pure le sue impressioni sulla loro stabilità o instabilità. Sono tendenzialmente restio a usare simili pasticci sui miei Mac e mi sono sempre trovato bene con la mia linea spartana e conservatrice, ma il Cube è maturo e ha dimostrato di sapersela cavare, quindi perché no? Intanto ho deciso di usarlo come macchina per passare i DVD in formato leggibile da iPod / iPhone (evviva HandBrake) e di importare in iTunes solo i miei dischi preferiti di musica classica, così da creare una libreria differente ed evitare che quella principale diventi troppo elefantiaca.

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