Lo scorso febbraio, concludevo il mio articolo Leggere nell’era digitale con queste parole:
L’eBook mi sembra figlio di questi tempi veloci, dell’informazione che arriva sbriciolata da ogni dove e che viene consumata ma raramente assimilata, di una virtualità dove tutto passa e poco resta. In questo panorama, pur non negando i vantaggi della tecnologia e approfittandone io stesso, vedo il libro tradizionale come sinonimo del materiale e del permanente di contro all’immateriale e all’effimero. Il testo elettronico è eccezionale, versatile, e comodo, ma mi sfugge di mano, non riesco a configurarne un possesso, è sabbia elettronica che non sta nel pugno.
Una conferma a questa mia sensazione viene dalla notizia che Amazon ha eliminato dal suo catalogo elettronico due classici come 1984 e Animal Farm di George Orwell, perché, a quanto leggo nell’articolo di David Pogue sul New York Times, la casa editrice di quei libri ha cambiato idea sul fornirne una edizione elettronica.
Quel che è peggio è che, oltre ad averli eliminati dal catalogo, Amazon li ha cancellati remotamente da tutti i Kindle dai quali erano stati regolarmente acquistati e scaricati, rimborsando gli acquirenti. Come fa notare John Gruber, tanto per fare un parallelo, quando Apple toglie dall’App Store certe applicazioni problematiche (come accadde tempo fa con NetShare, prima che il tethering fosse permesso), tali applicazioni rimangono sugli iPhone o iPod touch su cui sono state scaricate.
Pogue:
Questo è sgradevole per tutta una serie di motivi. Amazon sostiene che una cosa del genere accade “raramente”, ma è inquietante il fatto stesso che possa accadere. Ci hanno indotti a credere che gli eBook siano come i libri, no?, però migliori. Ma già abbiamo visto che non sono esattamente come i libri veri e propri, perché una volta terminata la lettura non possiamo né rivenderli né regalarli. E adesso apprendiamo che persino le vendite potrebbero non essere considerate definitive.
E l’ovvia ironia è che sia capitato proprio con 1984 di Orwell.
Sarà anche un episodio isolato, ma a me non piace per niente. Quando l’App Store era giovane, un sacco di gente si era prodigata in critiche sul fatto che Apple potesse esercitare un controllo orwelliano (!) sugli acquisti fatti dagli utenti. Amazon, che nessuno si filava da questo punto di vista, ha già fatto un paio di scherzetti: il primo, agli inizi di luglio, quando ha modificato i termini di utilizzo per le sue Product Advertising API (non solo ne ha vietato l’uso per i dispositivi mobili, ha vietato l’uso dei dati ottenuti da queste API sui dispositivi mobili — molte applicazioni per iPhone / iPod touch sono state danneggiate da questa manovra, prima fra tutte il client iPhone di Delicious Library, che è stato eliminato dall’App Store); e adesso questo.
Se c’è una cosa che deve diffondersi a tutti i costi e con ogni mezzo è la cultura. Miope, dunque, quella casa editrice che torna sui suoi passi e vieta ad Amazon di distribuire una versione elettronica dei libri di Orwell, stupida Amazon a non limitarsi a toglierli dal catalogo e ad arrivare a cancellarli da tutti i dispositivi. Sarò all’antica, ma osservo la mia libreria stracolma di volumi e mi sento un po’ più confortato, oggi.
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