Capire iPhone

Mele e appunti

Questo articolo di PC World, ripubblicato da Macworld.com è l’ennesimo di una serie. La serie “iPhone è bello, però…” — e giù a elencare limiti, mancanze, difetti. È un anno e mezzo che si parla di iPhone. È un anno e mezzo che ne sento e ne leggo di tutti i colori. Vorrei finalmente esprimere qualche considerazione personalissima, magari un po’ astratta, sicuramente discutibile. Per una volta mi concedo la libertà di non buttar lì una manciata di link che confermino e corroborino il mio pensiero.

Parto proprio dall’articolo citato. Senza stare a tradurlo in tutto o in parte, si dice sostanzialmente che all’iPhone 3G continuano a mancare una serie di cose. L’articolo ne elenca dieci: 1. Gli MMS, 2. Il supporto per Bluetooth stereo / A2DP, 3. Selezionare, copiare e incollare porzioni di testo, 4. Tastiera virtuale orizzontale per applicazioni come Mail e Note, 5. Una funzione di testo predittivo migliorata (o disattivabile), 6. Un’applicazione di chat integrata, 7. Supporto di Adobe Flash, 8. Una fotocamera migliore, più un camcorder, 9. Una casella unificata di posta in entrata, 10. Il voice dialling e la possibilità di registrare note e appunti vocali.

Da un punto di vista puramente tecnologico potrebbe avere un senso segnalare almeno alcune di tali mancanze. Ma oggi la tecnologia in senso stretto voglio lasciarla perdere. A livello astratto, filosoficamente parlando, questo articolo e chi l’ha scritto non capiscono iPhone. Lo dico subito per evitare fraintendimenti: non sto scrivendo un’apologia di iPhone. Lungi da me sostenere che sia il dispositivo perfettissimo. Non possiedo azioni Apple, né ricevo alcun compenso dall’azienda californiana. Tuttavia lo ribadisco: chi ha sprecato fiumi di inchiostro per scrivere che cosa ‘manca’ a iPhone confrontandolo con altri smartphone, semplicemente non capisce iPhone.

È facile capire come funziona iPhone: perdiana, è il suo primissimo pregio. 5–10 minuti con l’oggetto in mano e già lo si padroneggia in maniera sufficientemente buona. Lo si accende e tutto sta davanti agli occhi. Non ci sono gerarchie occulte e arcane di menu. Non ci sono funzioni nidificate e accessibili solo ricordando complesse sequenze di tasti. Ma invece di giocherellare con cursori, icone spostabili, widget del tempo e della borsa, mappe di Google e album da sfogliare virtualmente sotto le dita, soffermiamoci un istante su che cos’è iPhone. È un telefono? No. (Non solo). È uno smartphone? No. E stavolta non aggiungo “Non solo”. È un Mac da tasca? Ni.

Ma stare a perdersi in tentativi per identificare iPhone è un esercizio da perditempo. Vi sono vari criteri di comparazione, ma iPhone non aderisce perfettamente a tali criteri. Se lo confrontiamo con uno smartphone Nokia, con un navigatore satellitare, con un Mac, con un cellulare con tecnologia touchscreen e ci mettiamo a dire: iPhone è più di questo e meno di quello, fa più di questo e meno di quello, non arriviamo da nessuna parte.

iPhone è un dispositivo a sé stante. Non lasciamoci ingannare dalle apparenze: sì, telefona. Sì, ha una calcolatrice. Sì, è un lettore MP3; ci si può ascoltare musica e vedere filmati. Sì, scarica la posta. Sì, naviga il Web. Eccetera. Ma iPhone va contro il cosiddetto Duck test. Molti recensori, nel trattare iPhone (bene o male che sia), nel confrontarlo con altri smartphone per poter stilare elenchi di funzioni presenti/assenti, hanno ragionato secondo il Duck test, che tradotto suona così: Se un volatile sembra un papero, nuota come un papero e schiamazza come un papero, allora probabilmente è un papero. E no, con iPhone non funziona così.

Per me iPhone è la più geniale riproposizione del concetto di Assistente Personale Digitale dagli anni Ottanta a oggi. Apple ci provò più di vent’anni fa con Knowledge Navigator — che purtroppo rimase fermo a uno stadio di prototipo concettuale — e negli anni Novanta, con il Newton. Altro dispositivo non del tutto compreso. Se prendiamo le distanze dall’iPhone che ci sta davanti e iniziamo a vederlo come qualcosa di diverso da uno smartphone qualsiasi, allora tanti pezzi del puzzle cominciano magicamente ad andare a posto. Cominciamo col notare come il fondamento, la base di uno smartphone qualunque sia l’essere telefono, e su questa base venga impilato tutto il resto (agenda, MP3, browser, GPS, posta, applicazioni delle più disparate e poco usabili). Prendendo iPhone, è chiaro — forse non immediatamente — come il modello strutturale sia un altro. Su iPhone non c’è accumulo verticale di funzioni, e infatti la navigazione non è gerarchica. Su iPhone tutto avviene in orizzontale, in maniera oserei dire planimetrica, piana. iPhone non è in primis un telefono e poi tutto il resto, ma l’esatto contrario, se vogliamo. La funzione telefono, in iPhone, è la ciliegina sulla torta, su una torta già ricca di suo. Comprendendo questa distinzione fondamentale, si comincia a intravedere quanto poco senso abbiano certe obiezioni che vorrebbero l’aggiunta di funzioni per accumulo verticale.

Provo a dirlo in altri termini: supponiamo che Apple, nel Macworld Expo di gennaio 2007, avesse presentato “il nuovo Newton”, il nuovo dispositivo tablet. Supponiamo che Jobs avesse parlato di questo oggetto nei termini di un normale PDA e avesse detto che, fra le tante funzioni disponibili, questo iTablet potesse anche telefonare. Con una premessa del genere, sarebbe stato ozioso mettersi a discutere sul fatto che manchino gli MMS, che la fotocamera è mediocre, che manca il voice dialling, o la radio, e via dicendo. Sta di fatto, però, che con iPhone funziona esattamente così. È improprio trattarlo come smartphone, è improprio utilizzare i criteri generati da anni di abitudini stratificate dall’esposizione a tanti altri smartphone più o meno mediocri.

Quello che a molti sembra sfuggire è che iPhone è uno strumento in continuo divenire. Il grosso vantaggio del fatto che hardware e software siano dello stesso produttore è l’estrema solidità e coesione del prodotto (e ciò è evidente), ma anche e soprattutto l’aggiornamento dinamico di un dispositivo che migliora senza invecchiare. Chi ha un iPhone EDGE e non ha necessità di avere a tutti i costi la velocità del 3G, non si sente lasciato indietro dall’avvento di iPhone 3G, perché il Software 2.0 — disponibile per tutti gli iPhone vecchi e nuovi — permette anche ai possessori di iPhone EDGE di sfruttare le nuove funzionalità operative del dispositivo. Chi possiede altri smartphone è costretto a convivere con le loro limitazioni, e se ci sono aggiornamenti del firmware in genere riguardano aspetti poco visibili all’utente.

La rivoluzionaria interfaccia multi-touch di iPhone non è soltanto un modo bizzarro e artistico di interagire con un dispositivo mobile, è il primo segnale che forse è il caso di riconsiderare qualcuna di quelle abitudini stratificate di cui parlavo poco sopra. Esempio banale: se con tre tocchi di dita posso inviare per email una foto appena scattata, che senso ha voler aggiungere gli MMS — e magari doverli pagare a parte nel piano tariffario? Se navigare il Web senza inutili orpelli come le animazioni e, peggio, i banner pubblicitari scritti in Flash, è un’esperienza piacevole e veloce, perché voler infilare a tutti i costi il supporto a Flash? Aggiunge così tanto alla nostra vita? Un’applicazione di chat integrata: c’è App Store, e presto si potrà scegliere fra tante e diverse applicazioni di chat, un po’ come sul Mac. Che grave mancanza è un’applicazione di chat integrata? (A parte che, parere personalissimo, mettersi a chattare con un dispositivo mobile mi lascia terribilmente perplesso). Chi lamenta la mancanza di una tastiera fisica o del voice dialling lo fa sostanzialmente perché vuole poter telefonare mentre guida l’auto o la moto, e con iPhone le cose si fanno difficili perché si è costretti a guardare il dispositivo e a interagire con esso in modo tattile. Non è che forse è meglio non telefonare mentre si guida? Meno disattenzione, meno incidenti.

Ridefinire le proprie abitudini e i propri riflessi condizionati non è mai facile. Molti si indignano all’idea, perché la vedono come un piegarsi al dispositivo, quando dovrebbe essere il dispositivo a fare le cose “come dico io e come voglio io”. Nel caso specifico, quel fare le cose “come dico io” in realtà significa “fare le cose come mi ha abituato Windows Mobile, o Symbian, ecc.” Visto che è dimostrato che Apple mette una cura estrema nell’interfaccia utente e nella progettazione ‘umana’ dei suoi prodotti, e visto che in fondo non esiste un dispositivo ‘neutro’ che semplicemente obbedisce al volere dell’utente, ma è l’utente che si adatta comunque a un’interfaccia pensata da altri — non è preferibile scegliere l’interfaccia migliore?

Molti dei cosiddetti limiti di iPhone sono non-problemi, che sono certo possano essere risolti o da aggiornamenti Apple futuri o da applicazioni di terze parti. E insisto, la rivoluzione vera di iPhone è nella sua intrinseca dinamicità e nel potenziale di sviluppo. iPhone può cambiare, migliorare, adattarsi. Questa è la principale mancanza di tutti gli altri dispositivi mobili, per belli e farciti di funzioni che siano.

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