Ovvero: come imparai a non preoccuparmi dei word processor e ad amare la sincronizzazione
Sta avvenendo un cambio graduale ma inesorabile nelle mie abitudini di scrittura al computer. Dopo tanto arrovellarmi su come utilizzare nella maniera più efficace possibile gli strumenti che uso per lavorare e per scrivere creativamente, ero giunto alla conclusione che la semplificazione era la via da seguire. Il mio lavoro ha a che vedere con i testi in due fasi:
- la gestione di documenti altrui, che mi vengono passati per la traduzione;
- la scrittura di contenuti, che per lavoro significa la traduzione del testo originale (che può essere in un file o direttamente sul Web, se devo effettuare la localizzazione di un sito in una lingua differente), altrimenti si tratta di articoli sui miei blog oppure di creazioni letterarie di varia forma.
Per quanto riguarda la gestione di documenti altrui, il sistema più semplice è possedere uno strumento in grado di visualizzare correttamente il documento nel formato originale e, come sovente accade, in grado di creare un file che rispetti la formattazione voluta dal cliente. È il caso di documenti Word, nella maggior parte dei casi; ma anche di lavori in InDesign o (rarissimamente) Quark XPress. Nel caso di InDesign e Quark XPress non ha senso copiare il testo da tradurre in un altro editor, tradurlo e poi incollare la traduzione nel documento InDesign o XPress. È una perdita di tempo, e soprattutto è importante che il testo tradotto rispetti il layout dell’impaginato originale e non esca dai limiti imposti dalle cornici di testo. Con Word, dato che odio lavorarci, cerco invece il più possibile di scrivere la traduzione in un editor di testi più semplice e flessibile (BBEdit, TextWrangler, TextEdit) e poi incollare il tutto dentro un nuovo documento Word. Io ho lavorato comodamente e il cliente è felice.
Quando si tratta di miei contenuti, se sono articoli per i blog uso MarsEdit, che non ha eguali nel suo genere e vale tutti i (pochi) soldi che costa; se sono testi letterari invece mi servo di uno di quegli editor summenzionati. BBEdit o TextWrangler se si tratta di testo puro o di testo che poi utilizzerò altrove (su un impaginato mio, per esempio, del quale magari non ho ancora deciso il layout o i font); TextEdit per avere corsivi, grassetti, tabulazioni, elenchi. Ogni tanto ci sono casi particolari e allora lancio Pagehand, che ha il vantaggio di produrre direttamente un PDF. Per comunicazioni ‘commerciali’ e documenti più lunghi e complessi, ho imparato ad apprezzare Pages.
Ultimamente, però, mi sto alleggerendo (dove possibile) di questi fardelli, e per la scrittura di contenuti originali mi sto sempre più servendo di una combinazione di due software che stanno facendo la differenza: Notational Velocity e Simplenote per iPhone.
L’ultima versione di Notational Velocity supporta la piena sincronizzazione con Simplenote per iPhone. Io ero già utente di Notational Velocity, ma ne facevo un uso marginale, trattandolo né più né meno da pratico blocco note, ricordando i tempi di un altro pratico Blocco Note, quello del System 6 e 7. Il fatto che ora si sincronizzi con Simplenote può sembrare a tutta prima una novità di quelle che fanno dire “Ah, carino, interessante” e finita lì. Invece, in combinazione con quel che già offre Notational Velocity, si è rivelata per me una piccola rivoluzione copernicana.
Notational Velocity è la classica applicazione dalle funzioni poche ma buone:
- Le note possono essere scritte con testo formattato, quindi con grassetti, corsivi, sottolineature, tabulazioni.
- Incorpora gli strumenti di correzione ortografica forniti da Mac OS X.
- Le note possono essere gestite e scritte in un singolo database (con l’opzione di crittografarle), come semplici file di testo puro, come file RTF o come documenti in formato HTML. Scelte precise e intelligenti.
- Non esiste il comando Salva. Tutto quel che viene scritto viene automaticamente conservato in modo persistente, proprio come avviene sul mio adorato Newton. In caso di crash non si perde nulla.
- È possibile specificare una scorciatoia da tastiera con la quale avviare l’applicazione. Io la tengo sempre aperta, per cui non mi serve.
- È già a 64 bit, che non fa male.
L’interfaccia è spartana e, per me, bellissima:
.
.
.
Queste funzioni, e la logica progettuale dietro a Notational Velocity, sono i motivi che mi hanno fatto piacere questa applicazione fin da subito. Ma la nuova funzione di sincronizzazione con Simplenote è stato il tocco di genio che ha fatto aumentare esponenzialmente il mio utilizzo e la mia dipendenza da Notational Velocity.
1. Qualsiasi cosa scrivo, qualsiasi correzione effettuo, la modifica viene immediatamente registrata sia in Notational Velocity stesso (come dicevo, non c’è il comando Salva), sia in Simplenote. Ciò significa avere automaticamente una copia aggiornata di tutte le note sempre con me su iPhone, e ovunque vada, dato che posso effettuare il login sul sito di Simplenote e utilizzare l’interfaccia Web dell’applicazione.
2. Installando Notational Velocity sugli altri miei Mac, mi ritrovo automaticamente tutte le note sincronizzate. Posso prendere appunti sull’iBook o sul PowerBook o sul Cube, recarmi fuori sede con il MacBook Pro, aprire Notational Velocity e avere tutto aggiornato sotto gli occhi.
3. Sono fuori con soltanto l’iPhone. Mi viene un’idea, o vedo qualcosa che merita di essere annotato. Apro Simplenote e scrivo, copio indirizzi Web, o tweet con link interessanti. Arrivo a casa e le note che ho preso in transito sono già nel computer belle e pronte.
Questo sistema di scrittura è di una comodità assurda. Se mi passate l’espressione, è il Dropbox dell’editing dei testi. Con questo sistema mi ritrovo due automatizzazioni fenomenali: il salvataggio e il backup. Notational Velocity si occupa del primo, la sincronizzazione con Simplenote del secondo. È un sistema che si toglie di mezzo così che io possa concentrarmi sulla creazione e sulla scrittura. In più è open source, e Steven Frank (uno a caso) ha preparato un’aggiunta, un terzo pannello nel quale è possibile vedere la nota che si sta manipolando come viene resa in formato Markdown. (A me personalmente interessa poco, ma metto comunque il link per chi è interessato).
Trovo che questo modo di lavorare con i testi rifletta una logica più al passo coi tempi e più in sintonia con certi aspetti della ‘Nuova Informatica’ di cui tanto si è dibattuto di recente. Con Notational Velocity molte cose diventano semplici e l’utente non deve preoccuparsi di nient’altro se non di ciò che deve scrivere e annotare. Non importa sapere dove sono i singoli file. Non importa stare a ordinarli in cartelle diverse. Visivamente, si trovano ‘dentro’ l’applicazione quando la si lancia, e basta ricordarsi una paroletta per ritrovare note scritte anche molto tempo fa (le note sono comunque riordinabili per titolo, data di creazione, data di modifica, tag).
È l’antitesi del word processor elefantiaco (Microsoft Word), strabordante di funzioni, 450 delle quali probabilmente non verrano mai usate dall’utente o, come spesso ho notato, del tutto ignote all’utente, vuoi perché sommerse in pannelli e pannelli di opzioni, vuoi perché nascoste in barre strumenti facoltative, vuoi perché difficili da comprendere o semplicemente inutili a un word processor (è noto che Word ha manie di grandezza e vuole fare il lavoro di altri programmi che nulla hanno a che vedere coi testi).
E la semplificazione di Notational Velocity non significa affatto perdita di versatilità o di potenza, anzi. È chiaro che non può sostituire in pieno un word processor che necessita di gestire stili, indici, tabelle e quant’altro. È chiaro che non può sostituire un editor di testi complesso e orientato alla scrittura di codice come può essere BBEdit o TextMate (anche se per brevi frammenti di codice da copincollare va benissimo), ma in tutti gli altri casi l’abbinata Notational Velocity + Simplenote è uno strumento dannatamente utile e pratico.
5 Comments