Per chi non lo sapesse (!), ieri Steve Jobs si è dimesso ufficialmente dal suo incarico di CEO di Apple. Ora c’è Tim Cook alle redini, e Jobs è stato eletto Presidente del consiglio di amministrazione. Potete leggere la lettera di dimissioni di Steve Jobs e il comunicato stampa ufficiale di Apple sul sito di Apple.
La notizia mi è arrivata attraverso Twitter prima d’ogni altra fonte, e credo che si sia già scritto troppo a riguardo. Ho letto così tante reazioni sciocche che ho perso il conto.
È mia intenzione mantenere questo articolo il più breve possibile perché, veramente, non è che ci sia molto da aggiungere. Quel che avevo da dire a Steve Jobs, gliel’ho scritto in un’email lunga una riga, e basta. Per il resto, voglio solo mettere l’accento su alcune cose che a me sembrano evidenti ma che, giudicando da certe reazioni, forse non lo sono.
1. Steve Jobs non ha lasciato Apple. Per alcuni pare che dimettersi dalla carica di amministratore delegato significhi abbandonare l’azienda. Il consiglio di amministrazione ha subito eletto Jobs in qualità di Presidente. Non so che cosa comporti nella pratica questo incarico, ma credo si tratti di un ruolo che dà a Jobs una (ancor) maggiore libertà di movimento, permettendogli al tempo stesso di rimanere coinvolto in tutto quel che riguarda la direzione e la strategia di Apple.
2. Steve Jobs non è morto. Molti dei commenti su Twitter e altrove nel Web hanno questo tono da “Addio Steve, e grazie per tutto il pesce” che trovo francamente fuori luogo. Stesso dicasi per altri tweet e articoli in stile “La fine di un’epoca”, “Apple è spacciata”, eccetera. Suvvia.
3. Che la decisione di Jobs abbia esclusivamente a che vedere con la sua salute è semplicemente una delle ipotesi plausibili. Altre persone hanno interpretato questo annuncio come “Steve Jobs è troppo malato per continuare in qualità di CEO”. Forse è così, o magari si tratta semplicemente di una mossa preventiva da parte sua. Meglio dimettersi in questo preciso periodo, quando Apple è in piena forma, piuttosto che trascinare una situazione al punto da trovarsi costretto a dimettersi a causa degli eventi, di qualsiasi natura essi siano. Adesso è una scelta volontaria da parte di Jobs, e pertanto si tratta di una mossa vincente ed elegante.
4. Questo annuncio non fa altro che ufficializzare lo stato delle cose. Se davvero pensavate che questa mossa non fosse già stata pianificata da tempo, forse siete nuovi al mondo Apple. Tim Cook è stato CEO ad interim prima nel 2004, quando Jobs dovette sottoporsi a cure mediche per il cancro al pancreas, poi durante la prima metà del 2009, e poi ancora da gennaio di quest’anno, quando Jobs si è preso un altro permesso per malattia. Ritengo che, internamente all’azienda, Tim Cook non abbia mai smesso di agire in qualità di CEO dal 2009. Era ora di ufficializzare la situazione e Jobs, come ho detto, non poteva scegliere momento migliore da un punto di vista strategico. (Un altro commento su Twitter, segnalato da Dan Frommer, è assai pertinente: ora che Jobs ha ufficializzato le sue dimissioni, va a eliminare un elemento di incertezza da un punto di vista azionario, ossia il “Quando si dimetterà Jobs?”)
5. Non si ritorna al 1997. Altri sono preoccupati dal fatto che, ora che Jobs non è più CEO, i prodotti Apple inizino a perdere in ‘magia’ e innovazione. È un atteggiamento, questo, profondamente miope. Il secondo mandato di Jobs come CEO è durato all’incirca 13 anni. In questi 13 anni si è circondato di persone di cui ha profonda fiducia, persone che condividono il suo modo di vedere le cose e la sua estetica, persone che — anche se non condividevano queste cose al principio — hanno certamente imparato molto da lui nel frattempo. La cosa più importante da tenere a mente, comunque, sono i punti 1 e 2: Steve Jobs è ancora in Apple, è ancora qui.
Come ho scritto su Twitter ieri, Jobs non ha bisogno di un titolo per fare ciò che meglio sa fare — è il monolito di Apple (in pieno stile 2001: Odissea Nello Spazio).
Due ultimi consigli: primo, se l’inglese non è un problema leggetevi l’articolo Resigned di John Gruber. Secondo, basta con le stronzate su Steve Jobs.
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