Altre considerazioni a seguito della presentazione dei nuovi portatili Apple

Mele e appunti

Finalmente ho visto con QuickTime l’evento del 14 ottobre, ed è stato davvero interessante. Poi continuo a seguire le inevitabili discussioni su Macworld USA, Macworld UK, forum e mailing list; e intanto una serie di considerazioni sono andate sedimentandosi. Una parte di tali considerazioni è condivisa con John Gruber di Daring Fireball, e in particolare segnalo il suo più recente intervento, un articolo intitolato Listen to Tim Cook, ossia “Date retta a Tim Cook”. Come Gruber, anch’io considero molto importante il resoconto sullo ‘stato del Mac’ che il COO di Apple ha tracciato l’altroieri alla presentazione dei nuovi portatili. Gruber:

[L’intervento di Tim Cook] rappresenta Apple che parla direttamente ai propri investitori e alla stampa del settore business. Apple vuole che comprendano il business del Mac. Cook ha delineato sei punti principali, le ragioni, secondo Apple, che stanno dietro al continuo aumento delle vendite di computer Macintosh negli ultimi quattro anni:

  1. Computer migliori
  2. Software migliore
  3. Compatibilità
  4. Windows Vista
  5. Marketing
  6. La catena di negozi Apple

Cook ha detto: “Vi chiederete perché Windows Vista si trova in quell’elenco. Non mi sembra azzardato affermare che Vista non ha mantenuto tutte le aspettative di Microsoft sotto molti aspetti, e di conseguenza ha fatto in modo che molte persone iniziassero a considerare il passaggio a Mac”.

Un elemento che non appare nella lista è il prezzo. Questo non significa che il prezzo sia un fattore irrilevante per il Mac, o che Apple sia in qualche modo immune alle vicende dell’economia, ma semplicemente che il prezzo non è, e non è mai stato, uno dei fattori primari del successo del Mac. L’elenco stilato da Cook non è una stronzata di marketing, ma una descrizione sintetica e accurata del business di Apple per quanto riguarda i computer.

Gli altri produttori di computer lottano ferocemente fra loro puntando tutto sul prezzo perché è l’unico fattore sul quale possano differenziarsi. Pochi di loro si impegnano a creare computer migliori: la maggior parte di essi si limita ad avvolgere le schede madri con i processori Intel in involucri di scarsa qualità e tutt’altro che accattivanti (due fra le eccezioni più eminenti: Sony e Lenovo). Nessuno di essi è in grado di offrire software migliore, perché tutti vengono venduti con la stessa versione di Windows. Tutti sembrano per qualche motivo incapaci di produrre delle campagne pubblicitarie e del marketing ai livelli di Apple. E, fra quelli di loro che ci hanno provato, nessuno è stato in grado di indovinare la formula vincente per una catena di negozi dedicata. Il prezzo è tutto quel che rimane loro.

Poi Cook ha mostrato due grafici a torta. Il primo indicava al 18% circa la quota delle unità vendute di Mac nel mercato retail degli Stati Uniti, in crescita “rispetto a un valore a una sola cifra di qualche anno fa”. E di seguito Cook ha tirato la bomba, il punto centrale e fondamentale per comprendere il business di Apple per quanto concerne il Macintosh: “E quel che è ancor più impressionante è la revenue share. Dato che ci concentriamo su sistemi completi di ogni funzionalità, e non scendiamo a compromessi in fatto di qualità, la nostra revenue share, quota di profitto, è di oltre il 31%. Ciò significa che nel mercato retail statunitense un dollaro su tre viene speso per acquistare un Macintosh. Che differenza possono fare alcuni anni”.

31% del denaro sul 18% delle vendite per unità. Sono cifre incredibili, e non sarebbero ancor più incredibili vendendo MacBook da 800 dollari. L’evento di ieri, tutta la presentazione, potrebbe essere riassunto in queste parole di Cook: “Non scendiamo a compromessi in fatto di qualità”. 

Alcuni hanno sottovalutato il video con cui Jobs ha sostanzialmente chiuso l’evento, prima di passare a una sessione di domanda & risposta che non è stata documentata online. Un video che mostra come i nuovi MacBook e MacBook Pro vengono costruiti, con Jonathan Ive e altri che spiegano la ricerca e le sfide di design affrontate per arrivare alla manifattura del case, un unico pezzo di alluminio piallato, perforato, sabbiato, fino a ottenere un prodotto leggero ma robusto, riciclabile e che fa risparmiare il 50–60% di parti in fase di assemblaggio. Alcuni hanno definito quel video nient’altro che un riempitivo per allungare un evento altrimenti corto e poco interessante (nota: il video è durato meno di 10 minuti, dopo una presentazione durata più di tre quarti d’ora); altri lo hanno chiamato ‘autocelebrativo’ (e perché no? Anche questa è innovazione, e mi sembra giusto andarne fieri).

Io ho l’impressione che le ‘brutte sorprese’ — la sparizione della porta FireWire 400, la mancata presentazione di un portatile a basso costo e/o di ridotte dimensioni, eccetera — abbiano distolto l’attenzione di molte persone da dettagli indubbiamente positivi. Primo su tutti: la qualità costruttiva dei prodotti. Sotto il profilo costruttivo, i MacBook e MacBook Pro sono i migliori portatili mai realizzati da Apple. Ho maneggiato un MacBook Air: la solidità di quella macchina è incredibile se si pensa alla sottigliezza. Non è difficile immaginare, pur senza toccarli, come debbano essere solidi e robusti al tatto i nuovi portatili. Questo tipo di lavorazione ha i suoi costi. Stesso discorso per il trackpad nuovo. È evidente che Apple non sfornerà mai un prodotto a basso costo. Qualche giorno fa citavo Daniel Eran Dilger, di RoughlyDrafted magazine: L’andamento del mercato dell’elettronica di consumo di questi ultimi trent’anni ci dice che il prezzo è il fattore che influenza le decisioni di acquisto in maggior misura: che si tratti di basso costo puro e semplice, o che si traduca in un valore percepito come elevato rispetto al denaro speso. Con i nuovi MacBook e MacBook Pro ci troviamo di fronte al secondo caso, che è sempre stata la linea distintiva di Apple: prodotti che hanno un certo prezzo, ma anche una qualità che fa percepire quel prezzo come adeguato. Jobs non ha mai usato la parola cheaper (più a buon mercato, meno caro), ma more affordable — più abbordabile. Dopo aver mostrato che i nuovi MacBook condividono molte caratteristiche con i Pro (materiali usati, trackpad, scheda grafica, schermo LED), Jobs ha sottolineato come tutti questi bonus, “che fino a oggi vi sarebbero costati 1.999 dollari, ve li proponiamo a 1.299. Stessa qualità, ma a 700 dollari meno” (cito a memoria).

Posso capire che l’assenza di una porta FW400 abbia lasciato certi utenti con l’amaro in bocca, ma è da miopi sottovalutare tutto quel che c’è di nuovo nei MacBook e accusare Apple di aver fatto una mossa avventata. Storicamente, Apple non ha mai buttato a mare una porta e relativa tecnologia a cuor leggero, solo perché un dirigente si è alzato col piede sinistro e ha detto: la SCSI non mi piace più, la ADB non mi piace più, la seriale non mi piace più — e oggi la FireWire 400 non mi piace più.

Quel che più probabilmente è successo è stata una valutazione delle esigenze dell’utente consumer, quello che al massimo, in fatto di periferiche, ha un disco rigido esterno, una stampante, magari uno scanner, e la fotocamera. Di utenti così ce n’è a bizzeffe. Utenti che se togli loro la FW400 manco se ne accorgono. Un livellamento verso il basso, certo, un livellamento dettato anche da considerazioni fisiche molto simili a quanto accadde con gli iPod quando fu eliminata la FireWire a favore della USB. Il MacBook nuovo, come gli iPod dalla quarta generazione in avanti, è più sottile e non ha più spazio per il controller FireWire.

Quindi: considerazioni e compromessi nella struttura interna dei nuovi MacBook + considerazioni sul target a cui i MacBook si rivolgono = eliminazione della FireWire 400. La conseguenza: da una parte abbiamo una minoranza di utenti, con il loro disco rigido LaCie FireWire o la loro videocamera FireWire, scontenta e lasciata a rimirare il proprio bicchiere mezzo vuoto. Dall’altro lato, una maggioranza di utenti che si ritrova un signor MacBook nuovo. Senza una FireWire che forse non hanno neanche mai usato, d’accordo, ma con una scheda grafica migliore, uno schermo migliore, una trackpad nuova, un accesso migliorato al disco rigido interno, un computer più robusto, più sottile e fatto meglio rispetto alla plastica cigolante di prima.

Con il pre-pensionamento della FireWire 400, siamo di fronte a un’altra piccola grande transizione, e come accadde con altre transizioni — l’abbandono delle porte SCSI, ADB e Seriale, l’abbandono del floppy, il passaggio da Mac OS 9 a Mac OS X, il passaggio da PowerPC a Intel — alcuni pensano che Apple stia facendo un grosso sbaglio. Guardando alle transizioni appena citate con il senno di poi, possiamo vedere che le mosse di Apple si sono rivelate vincenti e meno insensate di quanto apparissero a tutta prima. A Jobs interessa vendere il MacBook. Quando ha iniziato a parlarne alla presentazione, era evidente l’orgoglio per il prodotto: il Mac più venduto in assoluto, il Mac di tanti switcher, un successo sotto ogni punto di vista. Se è stata decisa l’eliminazione della FireWire su un prodotto del genere, è probabile che le conseguenze e l’impatto di tale scelta siano stati ponderati e tenuti in considerazione. A ogni modo, se io mi trovassi ad avere molte periferiche FireWire e considerassi il passaggio a un MacBook nuovo (che è esattamente quel che sto facendo), mi procurerei di organizzarmi e considerare alternative: non è irragionevole pensare che, sulla scia di questa decisione di Apple, molti produttori di periferiche con interfaccia FW400 abbandonino progressivamente tale interfaccia per concentrarsi su USB 2 e FireWire 800, oltre a Ethernet, eSata, eccetera.

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