È tutto vero: dopo una pausa di un anno e qualche mese, e un cambio di gestione, Macworld ritorna in edicola. Ora viene pubblicato da PlayMedia Company, la stessa azienda che pubblica, fra l’altro, iCreate, iPhone e iPad magazine.
Scrive l’amico Lucio Bragagnolo nel post Eccezionalmente, pubblicità:
Non la farò lunga: faticaccia a mille per portare nuovamente in edicola Macworld Italia. Però ne è valsa la pena comunque andrà.
Per il momento non c’è nemmeno il sito, abbiamo solo Facebook e Twitter. Sta nascendo tutto letteralmente momento per momento (arriverà anche il sito).
Per il momento mi accontento di… spietatezza. Voglio sapere tutto quello che si può fare meglio. E molto probabilmente farlo meglio davvero sarà un gran lavoro; però avere la lista della spesa è comunque un enorme aiuto.
Lucio è persona dotata di grande sintesi, per cui ho praticamente citato in toto il suo post. La mia breve riflessione può essere vista come una risposta al suo appello, anche se in realtà è di ordine più generale.
Uomini nell’ombra
Io vivo in Spagna, quindi non ho avuto modo di andare in edicola ad acquistare una copia cartacea della rivista. Ho dato però un’occhiata alla versione elettronica disponibile su Zinio (è a pagamento, ma è possibile sfogliare le miniature delle pagine e sono disponibili 3 ingrandimenti gratuiti). Potrei aver visto male, ma nel colophon viene elencata tutta una serie di persone (redazione, amministrazione, responsabili, eccetera) tranne i nominativi di chi ha collaborato fornendo contenuti originali o traducendo articoli apparsi in precedenza nelle edizioni statunitense e britannica di Macworld. Fra quelle persone c’è il sottoscritto.
Se ci rimango un po’ male di fronte a cose del genere (già successe in passato e non solo con riviste di informatica) non è per vanagloria. Più semplicemente, inserire i nominativi di chi ha dato un contributo alla creazione di qualcosa mi sembra puro e semplice riconoscimento del lavoro altrui. Mi sembra una forma di rispetto.
Non so che immagine si facciano i lettori di una rivista di informatica dell’organizzazione del lavoro dietro le quinte. La realtà che conosco personalmente è fatta di un numero relativamente ristretto di persone, che lavorano all’organizzazione, realizzazione e adattamento di materiali per la rivista. Anche i tempi sono ristretti, e di conseguenza i ritmi sono a volte forsennati e gli orari decisamente non da ufficio.
Non voglio togliere alcun merito alle persone i cui nomi, invece, compaiono. Ci mancherebbe altro! Però aver messo mano a una ventina di pagine e non vedere nemmeno il proprio nome menzionato fra i collaboratori indispettisce. E non sto parlando solo di me, ma anche di altri “uomini nell’ombra” che hanno fatto la loro parte. Né si tratta soltanto di Macworld, ripeto. Sono cose che ho visto accadere nel mondo dell’editoria informatica italiana da quando ne sono entrato in contatto più di dodici anni fa.
Traduci un manuale di centinaia di pagine, e nella versione italiana compare (giustamente) il nome dell’autore dell’opera originale, mentre spesso il nome del traduttore non viene riportato, a favore di un più generico Traduzione a cura della casa editrice Pinco Pallino. Traduci gran parte dei contenuti di una pubblicazione, e poi trovi gli articoli tradotti sotto la firma generica della ‘Redazione’ (o senza firma alcuna). E tu, operaio anonimo, prendi questi quattro soldi e siamo a posto così.
Prima dicevo che l’origine di questa mia amarezza non è legata a ragioni di vanità personale. C’è però da fare un discorso di visibilità e, in fondo, di autorità. Alcuni anni fa mi sono ritrovato in una situazione un po’ imbarazzante: facendo una chiacchierata di lavoro in vista di una possibile collaborazione, mi sono sentito dire: Lei dice di aver tradotto tutti questi manuali e pubblicazioni, ma io il suo nome non credo di averlo visto da nessuna parte. È pur vero che davanti a una persona che pone questa obiezione si può reagire fornendole i nominativi di chi possa avvalorare le proprie referenze, ma al momento si ha la sensazione di essere trattati come dei truffatori, come quelli che ‘abbelliscono’ il curriculum per fare bella figura. E io, utente Macintosh dal 1989, scrittore tecnico dal 1998, collaboratore di Macworld Italia dal 2002, in quella occasione mi sono sentito trattato come uno sconosciuto, un pivello che probabilmente aveva farcito le sue credenziali. Tutto questo perché la mia autorità in materia non è direttamente verificabile e/o quantificabile. Tutto questo per essere un “uomo nell’ombra”.
Chiudo questa mia riflessione ribadendo ancora una volta che non si tratta di una polemica diretta a Macworld, che è appena ri-nata e — come dice bene Lucio — è ancora tutto un lavoro in corso. Anzi, ringrazio Lucio per avermi offerto la possibilità di collaborare. La mia intenzione è solo quella di sensibilizzare i lettori di riviste e manuali informatici, di far presente che spesso potrebbero trovarsi davanti il lavoro di persone che, appunto, rimangono nell’ombra per motivi indipendenti dalla loro volontà.
(Aggiornamento, 5 aprile: La situazione, nel frattempo, si è chiarita. Vi invito a leggere l’articolo Macworld Italia: chiarimenti per ulteriori informazioni in proposito. Grazie.)
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