Quando ancora mi lasciavo coinvolgere in lunghe e futili discussioni su forum e mailing list, ricordo che un corrispondente mi scrisse in privato iniziando così il suo sfogo: “Visto che tu sostieni l’imbattibilità di Apple…”. Questo incipit già contiene una imprecisione: non ho mai sostenuto che Apple sia imbattibile, sono i fatti a dimostrare che Apple oggi è un avversario difficile da battere per quelle aziende che si trovano a competere negli stessi mercati.
Potrei star qui a scrivere fiumi di parole sul successo di Apple, sulla visione di Jobs che dal suo ritorno alla guida dell’azienda nel 1997 ne ha sbagliate davvero poche, sulla cultura interna di Apple che mette il designer un gradino sopra l’ingegnere, sulla qualità di hardware e software e dell’importanza di controllare entrambi, e così via.
Voglio invece osservare la situazione da un altro punto prospettico: le ragioni dell’insuccesso della concorrenza. Per evitare di dilungarmi troppo, dovrò per forza semplificare. A mio avviso, comunque, due fra gli errori più eclatanti che i concorrenti di Apple continuano a commettere sono:
- L’apparente incapacità di liberare la loro cultura e mentalità dai retaggi dell’informatica degli anni Novanta e primi Duemila, e di mantenerle realmente al passo coi tempi. Quando scrissi questo articolo per iCreate nel luglio 2011, ricordavo la dichiarazione del presidente della divisione Windows Phone di Microsoft, Andy Lees, che alla Worldwide Partners Conference dello scorso anno spiegò perché sarebbe stato difficile vedere un tablet Microsoft basato su Windows Phone 7, preferendo Windows 8 come sistema operativo per tablet futuri: “Noi [di Microsoft] consideriamo il tablet come un PC”. E osservando Surface, il tablet che alla fine Microsoft è riuscita a produrre, questa dichiarazione non sembra smentirsi anche a distanza di più di un anno. Il successo della piattaforma iOS e delle tre generazioni di iPad è sostanzialmente la dimostrazione del contrario, ovvero che per ‘afferrare’ l’idea del tablet come moderno dispositivo personale occorre considerarlo tutto fuorché un PC. (Almeno per come lo intende Microsoft, nella forma e nella funzione che ha da vent’anni a questa parte).
- La loro insistenza nel voler copiare Apple in tutto e per tutto, a eccezione di quegli aspetti fondamentali che alla fine contano davvero. La dinamica è nota: Apple presenta un prodotto nuovo, la reazione della concorrenza è anzitutto di sufficienza; poi si manifesta il tentativo di minimizzare il prodotto Apple; poi, a fronte dell’assordante successo di pubblico, inizia la corsa alle fotocopiatrici. Ed è sempre troppo tardi. Lo si è visto con iPod dieci anni fa, poi con iPhone e ora con iPad e persino con i Mac portatili (interessante come il MacBook Air sia passato dall’essere l’ultraportatile più deriso, al più copiato — Esempio 1, Esempio 2, Esempio 3, per far tre esempi veloci, e osserviamo come anche l’ultimo Chromebook, pur avendo una forma generale e un profilo leggermente diversi, abbia una tastiera, un grande trackpad e persino la rientranza sotto il trackpad presi di peso dal modello da 11 pollici del MacBook Air).
Per me, che sono un mero osservatore, è sorprendente e inconcepibile che le aziende concorrenti di Apple, grandi e grosse come sono, continuino imperterrite a ripercorrere gli stessi passi in maniera ciclica, commettendo gli stessi errori. Viene spontaneo reagire pensando “Ma non hanno ancora capito la lezione?”. Per ‘battere’ Apple, a mio avviso, l’ultima cosa da fare è copiarne i prodotti, specie uno come iPad che ha definito un mercato e che ha già il vantaggio di essere in commercio da più di due anni e di aver venduto decine di milioni di unità. Oltre a essere una chiara ammissione di sconfitta in partenza, l’unico modo per riuscire davvero a spuntarla è quello di realizzare un prodotto talmente di qualità, talmente interessante, talmente ben fatto e con così tanto da offrire che il pubblico possa dire Perché comprare un iPad quando c’è questo Tablet X, che mi dà molto di più? Come abbiamo visto, creare un prodotto del genere si è dimostrato molto più difficile del previsto.
Gli aspetti e le dinamiche di Apple da cui prendere esempio sono innanzi tutto gli altissimi standard interni: basta cianciare di prodotti innovativi, ma chiudersi in un laboratorio e mettersi di buona lena a crearne davvero. E non introdurre dei prodotti mezzi pronti, tanto per far vedere che ci sono, quando nella realtà pratica sono inutilizzabili per assenza di software.
Un altro aspetto per cui val la pena seguire l’esempio di Apple: mettere l’esperienza utente davanti a tutto; sforzarsi di capire che alle persone non interessano più le specifiche tecniche nude e crude, ma, specie in un tablet o smartphone, quel che il dispositivo può fare per loro (e che sia in grado di farlo al meglio). Uno non acquista iPad perché ha il processore dual-core o tot MB di RAM, ma perché lo aiuta a spiegare al figlio il sistema solare grazie a un’applicazione che crea un planetario interattivo, per dire.
Per ottenere questo è essenziale poter controllare l’hardware, il software e la relativa piattaforma di sviluppo. Quando scrissi questo articolo l’anno scorso, concludevo affermando:
Per come la vedo io l’unica azienda a trovarsi nella posizione di mettere in atto tale strategia è HP, che con l’acquisizione di Palm ora possiede anche il software per pilotare i propri prodotti. webOS è un sistema operativo dal grande potenziale: vedremo se HP sarà abbastanza coraggiosa e opterà per un approccio da era ‘post-PC’, oppure se si lascerà frenare dalla mentalità della ‘vecchia’ informatica.
Sappiamo tutti come è andata a finire. È bastato un breve periodo sotto la direzione di un CEO miope e incompetente — Léo Apotheker — per buttare a mare questo potenziale. E anche Meg Whitman, il CEO attuale, sembra dura di comprendonio su questo aspetto. Traducendo parte delle sue dichiarazioni che si possono leggere in questo articolo di Computerworld UK, la Whitman ha detto:
Non abbiamo in programma di introdurre uno smartphone nel 2013, ma dobbiamo iniziare a pensare a quale possa essere una nostra strategia specifica e a come inquadrare questo elemento del mercato del personal computing
Per dirla con Gruber: fai con comodo, HP, non c’è mica fretta…
HP deve offrire ogni genere di dispositivo, dalle workstation, ai PC con un fattore di forma ‘tutto in uno’, ai portatili, ai tablet e, infine, agli smartphone.
L’elenco delle priorità parla da solo. In una realtà tecnologica sempre più orientata al mobile, mettere tablet e smartphone agli ultimi posti forse non è una buona idea (opinione mia personale).
Credo che se in cinque anni non produrremo uno smartphone o qualunque sia la sua prossima incarnazione, saremo tagliati fuori da un enorme segmento della popolazione in svariati paesi del mondo.
“In cinque anni”? L’ottimismo è apprezzabile, ma qui rasentiamo la fantasia. Se questo è il modo di vedere e affrontare il mercato da parte della concorrenza, per forza Apple finisce con l’essere un avversario duro da battere.
Nota: Questo articolo è originariamente apparso sul N. 87 della rivista iCreate (agosto 2011). Le parti più datate dell’articolo sono state aggiornate tenendo conto degli eventi trascorsi nel frattempo.