1. Perdersi in un bicchier d’acqua: Nokia 6630
Incomincio con un’avvertenza. Prima di essere assalito dai fedelissimi utenti Nokia, voglio puntualizzare la natura estremamente specifica (ma non per questo meno emblematica) dell’esempio che vado a illustrare. In altre parole: è una cosa che ho notato su questo preciso modello, il 6630, che non è proprio tra i più recenti, per cui è possibile che nei nuovi Nokia la procedura sia molto più semplice, rapida e meno ambigua. Almeno così mi auguro.
Ora veniamo al sodo. L’altro giorno il fratello di Carmen, la mia fidanzata, ci ha passato qualche motivetto in formato MP3 da usare come suoneria o tono di avviso messaggio. Abbiamo attivato Bluetooth sui nostri cellulari, e lui ci ha inviato i file. Lui ha un Sony Ericsson z610i, io un Sony Ericsson z310i, Carmen un Nokia 6630.
Il passaggio dei file è semplice e trasparente. Come vengono gestiti, a quanto mi è dato vedere, cambia fra una marca e l’altra. Chiameremo il file in questione “Mr Sandman.mp3”.
Passaggio da Sony a Sony: il mio z310i mi avverte che c’è un file in arrivo. Accetto il file? Dopo la mia conferma, lo z310i mi propone subito di archiviare il file in un luogo pertinente e di usarlo in un modo pertinente, ovvero come suoneria, tono di avviso messaggio, ecc. Un paio di clic, ed ecco che il file MP3 è già diventato la mia nuova suoneria principale. Passaggio da Sony a Nokia: qui viene il bello. Il file viene salvato insieme ai messaggi (SMS e MMS) in arrivo, e rimane lì fino a nuovo ordine. In un’interfaccia utente un minimo decente, si dovrebbe poter scegliere il file e, con l’aiuto di un menu di opzioni, salvarlo direttamente tra i file sonori. Da lì, con un altro menu, impostarlo come suoneria principale. Non il massimo della velocità, ma almeno pare un processo coerente. Macché. Dall’archivio dei messaggi in arrivo, il file può essere archiviato altrove, in una cartella di “Miei Documenti” o giù di lì (vado a memoria, e l’interfaccia del Nokia in questione è in spagnolo). Poi occorre muoversi in una serie di cartelle nidificate nella memoria del telefono, fino ad arrivare ai Suoni. Da lì, l’unica opzione utile è “Cercare” il file. Non esiste nemmeno un “Aggiungi file”, cosa che trovo assurda. Ok, cerchiamo il file. Inserire testo. Provo con le prime due lettere del file, “Mr”. Niente. Provo con il nome intero del file, “Mr Sandman”. Niente. Provo con il nome intero del file + l’estensione, “Mr Sandman.mp3”. Niente. Comincio a chiedermi dove sia il file.
Ora, il Nokia 6630 è dotato di due memorie, quella interna del telefono, e quella aggiuntiva che proviene da una sorta di memory stick che si inserisce nel telefono, in questo caso da 40 MB. Dato che il file non è sparito, è logico immaginare che sia stato archiviato nell’altra memoria, quella aggiuntiva. Ritorno indietro, alla cartella “Miei Documenti”, sposto il file dalla memoria esterna a quella del telefono. Il file va a finire, guarda un po’, in una cartella “Miei Documenti” del tutto identica ma nella memoria del telefono. Voglio sottolineare a questo punto che la gerarchia e il percorso delle cartelle personali di entrambe le memorie sono identici, e non sembrano esserci delle indicazioni chiare e ben visibili per capire se il file “Mr Sandman.mp3” si trovi nell’una o nell’altra. L’altra cosa assurda è che la funzione di ricerca non sia in grado di trovare niente al di fuori della memoria interna del telefono. Infatti, una volta spostato il file nella memoria interna, una volta ritornato alla cartella Suoni e rifatta la ricerca, il file è stato immediatamente localizzato e aggiunto ai toni e alle suonerie. Tornato per l’ennesima volta al menu principale e navigato alla cartella Impostazioni, ho potuto finalmente impostare il file MP3 come suoneria principale sul Nokia.
Considerazioni – Non ho mai visto un procedimento più contro-intuitivo di questo. Non solo il numero di clic, passaggi a menu, navigazione fra opzioni per la scelta del percorso “vincente” è incalcolabile, ma tutta la procedura si è svolta a tentoni e nient’affatto facilitata dall’interfaccia utente, priva in questo caso di opzioni previste dal buonsenso (perché non posso spostare un file sonoro insieme ad altri file simili partendo dal file stesso? Perché in una cartella dove è possibile aggiungere nuovi elementi non esiste un’opzione “Aggiungi”?), priva di elementi evidenti che possano disambiguare una situazione (per esempio: mi sto muovendo nella memoria interna del cellulare o in quella aggiunta? Il file taldeitali, dove si trova esattamente?) e, in ultima analisi, priva di chiarezza.
Il “soggetto sottinteso” che dà il titolo a questo post è ovviamente l’iPhone. Mentre mi affannavo a spostare quel maledetto file all’interno del Nokia per poterlo usare come suoneria, pensavo al lavoro immane di chi ha progettato l’interfaccia utente di iPhone. Pensavo alle soluzioni che quel team di ingegneri avrà esaminato, provato, scartato, accorciato, migliorato. Pensavo all’incredibile risultato che hanno ottenuto. Perché il punto è questo: un fedele utente Nokia potrà obiettare alle mie osservazioni dicendomi semplicemente: Si vede che non hai mai usato un Nokia, non sei pratico, basta fare così e cosà. Ma immagino che questa persona avrà perlomeno letto un manuale Nokia in vita sua, che spiega come svolgere queste assurde procedure. Una procedura, per illogica contro-intuitiva e complessa che sia, una volta memorizzata, viene percepita dal’ormai power user come semplice. La grande cosa dell’interfaccia dell’iPhone è che non occorre realmente essere “pratici” di quel dispositivo, non occorre buttare del tempo per familiarizzare con l’oggetto. Accendi l’iPhone ed è tutto lì davanti. Familiarizzi con il toccare lo schermo sin dall’inizio, da quel “Slide to unlock” che permette di sbloccare il telefono. La manipolazione di oggetti (messaggi, immagini, elementi Web, ecc.) è più intuitiva, e in ogni momento sullo schermo sono presenti tutti gli elementi necessari a portare a termine un’azione nella maniera più coerente ed economica (ossia con il minor numero possibile di passaggi). Per ogni oggetto le opzioni disponibili sono tutte sul piatto, in forma di icone o di menu contestuali. Non si devono “cercare” o “indovinare” opzioni o procedure.
2. Il lato oscuro del touch-screen: gli sportelli bancomat di Caja Madrid
Quante volte vi è capitato di voler prelevare 20 Euro e di riceverne 100 dallo sportello bancomat? Non molte, suppongo. Certo, sarebbe bello che il bancomat sputasse 100 Euro addebitandone solo 20, ma purtroppo non è così. E a me è capitato due volte in due settimane. La colpa, anche questa volta, è dell’interfaccia utente, unita a una pessima implementazione della tecnologia touch-screen. Gli sportelli bancomat della banca Caja Madrid hanno schermi leggibili e una grafica gradevole, ma il bello finisce lì. Una volta inserita la tessera e digitato il codice PIN, ecco che si presenta davanti agli occhi l’infernale schermata in cui selezionare quanto denaro prelevare. Vi sono varie opzioni, corrispondenti a vari tagli (da 20 a 500 Euro, se non ricordo male), quattro incolonnate sulla sinistra, quattro sulla destra. Per scegliere, occorre toccare lo schermo in corrispondenza di pulsanti “virtuali”, oppure inserire con la tastiera numerica un taglio diverso, se non è presente nelle opzioni (es. 10, 30, 70 Euro). I problemi sono due: tutti questi schermi sono disallineati pericolosamente, ossia spesso premendo esattamente sul pulsante virtuale (dove uno si aspetta di premere) non accade nulla. Occorre premere nuovamente, magari un po’ più a destra, o un po’ più in alto, o sul numero scritto a fianco. A volte occorre premere con un colpo deciso di polpastrello, senza tenerlo troppo sullo schermo. Non esiste alcun tipo di feedback. Si va a tentoni, sperando tutto vada per il meglio. Molto spesso va tutto bene, ma è una questione di fortuna, non di buona interfaccia.
L’altro problema è che non è possibile annullare l’operazione in caso di errore… perché non viene fornita una schermata di conferma della quantità di denaro richiesto, cosa che la stragrande maggioranza (se non la totalità) dei bancomat di altre banche implementano. Con schermi tattili dalla sensibilità imprevedibile, con un’interfaccia grafica mal disegnata (in altre schermate i pulsanti virtuali sono così vicini che è molto facile commettere errori), mi sembra il minimo proporre una schermata che dica: “20 Euro a debito, premere Continua per confermare”. Invece no. Una volta premuto il pulsante virtuale, lo sportello comincia la procedura di prelievo, sputa la tessera e il denaro. E come dicevo, in un paio di occasioni mi sono ritrovato 50 e 100 Euro quando ne avevo richiesti solo 20. Probabilmente perché l’interfaccia touch-screen era disallineata o troppo sensibile al tocco involontario (magari di un altro dito della mano). Con una schermata di conferma l’utente può accorgersi che qualcosa è andato storto e annullare il prelievo, o tornare alla videata precedente e correggere.
Considerazioni: Oggi la tecnologia touch-screen è sempre più onnipresente e viene vista da molti come “il futuro”. Può esserlo, non lo nego. Sono molto affascinanti i filmati di vari prototipi di “scrivanie” o grandi schermi touch-screen alla Minority Report, per intenderci. Ma il progresso non è il touch-screen fine a se stesso. Il progresso non può e non deve prescindere dall’interfaccia utente. Il touch-screen è un mezzo, e non sempre è il più efficace. Per compiere operazioni delicate, che necessitano di precisione, è importante che lo schermo sia di alta qualità e che vi sia un feedback tattile e soprattutto visivo di quel che sta accadendo. Anche in questo caso l’iPhone si comporta bene. Dato che, a parte il pulsante Home, tutto sull’iPhone si ottiene toccando lo schermo, è necessario che la tecnologia touch-screen (il mezzo che permette di usare l’iPhone) sia all’altezza della situazione e che espleti la sua funzione in modo soddisfacente e convincente. In altre parole, la tecnologia touch-screen (o multi-touch in questo caso) può essere applicata a un telefono con risultati eccellenti, ma ciò non vuol dire che possa essere indiscriminatamente applicata a qualsiasi cosa abbia uno schermo. Un computer con un grande schermo come unico dispositivo di input sarebbe altrettanto efficace? È bello vedere quei prototipi dove un tizio manipola immagini e mappe satellitari con le dita, ma pensiamo ad applicazioni più mirate, come la gestione dei testi, come l’applicazione di un filtro di Photoshop a un’area molto piccola di un’immagine, o il disegno tecnico. Pensiamo a quanto faticoso e improduttivo sarebbe lavorare una giornata su schermi del genere.
O pensiamo agli sportelli bancomat. A parte il caso specifico di Caja Madrid, ho notato sportelli di altre banche (almeno qui in Spagna), dove il sistema di input è ibrido: alcune scelte si confermano toccando lo schermo, altre premendo fisicamente dei tasti sulla tastiera dello sportello automatico. Spesso a video non vengono date informazioni chiare e uno si chiede: dovrò premere il pulsante “Conferma” a video o il tasto verde “Conferma” sulla tastiera? Sembrano sciocchezze, ma questi dispositivi stanno maneggiando il nostro denaro, e sarebbe auspicabile un miglioramento dell’interfaccia e una scelta più assennata della tecnologia da impiegare per utilizzare tale interfaccia.