MacBook Pro 15'': prime impressioni

Mele e appunti

Introduzione

L’avvicinamento al nuovo pianeta è stato lento ma inesorabile. Inizialmente avevo pianificato l’acquisto a luglio, ma mia moglie, CEO della nostra azienda matrimoniale (per i curiosi, io sono il CTO/COO), mi ha riferito che si poteva anticipare di tre settimane. E quindi ho agito.

Il MacBook Pro che ho deciso di acquistare, per la precisione, è il modello da 15 pollici con processore Intel Core 2 Duo da 2,66 GHz. Di serie: 4 GB di RAM, disco rigido da 320 GB, doppia scheda grafica NVIDIA 9400M / 9600M GT (256 MB di RAM video), porta Ethernet Gigabit, FireWire 800, due porte USB 2, slot SD, SuperDrive 8x Dual Layer. E poi, ovviamente, AirPort e Bluetooth.

Il MacBook Pro è stato acquistato nella catena commerciale El Corte Inglés, perché offrivano le condizioni di finanziamento migliori (anche dell’Apple Store online). Oltre alla classica garanzia di un anno per i difetti di conformità, il simpatico venditore mi ha anche informato che avevo diritto a una garanzia di 6 mesi gratuita contro ogni genere di incidente comune, garanzia estensibile a due anni pagando poco più di 100 Euro. La persona con cui abbiamo formalizzato la garanzia mi ha informato che, davvero, vengono coperti gli incidenti più comuni, come cadute, rigature, immersione in liquidi, e via dicendo. Il venditore mi ha bonariamente suggerito di sottoporre subito il MacBook Pro a una serie di test sotto stress per vedere se va tutto bene, dato che se riscontrassi qualunque difetto durante i primi 15 giorni dall’acquisto, posso restituirlo ed averne un altro in sostituzione al volo. Insomma, mi sono sentito le spalle coperte.

La giornata di ieri è stata lunga, e non ho potuto metter mano al nuovo MacBook Pro prima della tarda sera. Fresco e riposato, ho quindi aperto la confezione.

Nella scatola sottile e poco ingombrante, ecco subito il MacBook Pro. Sparito il polistirolo, e quindi l'ingombro, il Mac sembra comunque ben protetto. Per sollevarlo si fa leva sulla linguetta nera in primo piano.

Nella scatola sottile e poco ingombrante, ecco subito il MacBook Pro. Sparito il polistirolo, e quindi l’ingombro, il Mac sembra comunque ben protetto. Per sollevarlo si fa leva sulla linguetta nera in primo piano.

Sotto il MacBook Pro sono alloggiati l'alimentatore e una busta di cartone nera contenente manuali e DVD.

Sotto il MacBook Pro sono alloggiati l’alimentatore e una busta di cartone nera contenente manuali e DVD.

I due DVD, contenuti nella bustina bianca visibile sotto. Uno contiene il sistema operativo, l'altro la suite iLife '09. Nella bustina bianca sono presenti anche i classici adesivi Apple. È anche presente un panno per la pulizia del vetro del display (il quadrato scuro sulla destra).

I due DVD, contenuti nella bustina bianca visibile sotto. Uno contiene il sistema operativo, l’altro la suite iLife ’09. Nella bustina bianca sono presenti anche i classici adesivi Apple. È anche presente un panno per la pulizia del vetro del display (il quadrato scuro sulla destra).

Avevo già notato la robustezza dei nuovi portatili unibody. L’avevo notata con il MacBook Air e con il primo MacBook da 13 pollici (ora Pro), che ebbi modo di provare estesamente a suo tempo. Ma sui modelli più grandi è ancora più evidente: reggendo un 15 pollici chiuso si ha la sensazione di trasportare un unico blocco di materiale, che se non fosse per l’incavo di apertura, uno nemmeno si sognerebbe che tale blocco sia apribile. È estremamente piacevole al tatto, è generoso in larghezza e altezza, ma davvero piatto in quanto a spessore. Tenuto in mano, appare al tempo stesso pesante, solido, e leggero. Soprattutto, grazie alla costruzione unibody, non si sentono cigolii di plastiche di supporto (che non ci sono), né si ha la sensazione, come in altri PowerBook, di star facendo troppa pressione sullo schermo.

Una volta tolto dall’imballo dovevo posizionarlo nel mio studio per effettuare il trasferimento delle impostazioni del PowerBook G4 mediante Assistente Migrazione. Il punto migliore è stato a fianco del vecchio Titanium, e involontariamente ne è scaturito un confronto interessante. Ecco i due fratelli fianco a fianco (o nonno e nipote, viste le generazioni di differenza), così si può avere un’idea degli ingombri, degli schermi opachi e lucidi, eccetera. (Notare che il Titanium è rialzato da quattro piedini in gel della Tucano).

Generazioni fianco a fianco: il PowerBook G4 Titanium e il MacBook Pro.

Generazioni fianco a fianco: il PowerBook G4 Titanium e il MacBook Pro.

Acceso il MacBook Pro, cominciavo ad avere un primo impatto con il nuovo pianeta. Chi proviene da macchine più moderne non vi farà molto caso, ma per me il tempo di avvio è stato fulmineo. Subito appariva la schermata di Mac OS X in cui si deve scegliere la lingua del sistema operativo, e dopo aver selezionato paese e tastiera, ecco la proposta di far partire Assistente Migrazione. Non avendo a disposizione un adattatore FireWire 800 — FireWire 400, ho optato per effettuare il trasferimento delle impostazioni via Ethernet, e naturalmente ho optato per trasferire tutto quanto. Avviato Assistente Migrazione sul PowerBook G4 e inserito il codice che appariva nella schermata del MacBook Pro, le operazioni sono iniziate. Tempo stimato: due ore e mezza. Ne ho approfittato per rivedermi Matrix Reloaded sul Cube.

Assistente Migrazione: è un lavoro sporco, ma qualcuno deve pur farlo...

Assistente Migrazione: è un lavoro sporco, ma qualcuno deve pur farlo…

E la stima si è rivelata corretta: dopo due ore e quaranta e più di una trentina di gigabyte copiati, riavviavo il MacBook Pro per ritrovarmi con un clone esatto del PowerBook G4 e prontamente Aggiornamento Software mi informava che le operazioni non erano ancora finite:

Avviato Aggiornamento Software: 13 aggiornamenti per svariate centinaia di megabyte.

Avviato Aggiornamento Software: 13 aggiornamenti per svariate centinaia di megabyte.

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Note dopo un primissimo utilizzo

1. È dannatamente veloce. D’altronde non poteva essere altrimenti. Da un G4 a 1 GHz e 1,25 GB di RAM con un bus di sistema a 133 MHz sono passato a un Core 2 Duo a 2,66 GHz, 4 GB di RAM e un bus di sistema dieci volte più veloce. La differenza è percepibilissima, specialmente usando i due Mac fianco a fianco. Tutto sembra dare una risposta immediata. Sul MacBook Pro, aprire un’applicazione impiega lo stesso tempo che sul PowerBook si passa da un’applicazione aperta a un’altra. Per molte applicazioni, l’icona nemmeno rimbalza sul Dock. Persino la navigazione Web sembra più scattante. Fare un Logout o un riavvio non è più percepito come un’antipatica interruzione del lavoro, perché nel giro di pochi istanti si riprende tranquillamente a lavorare.

2. Chi non possiede un portatile composto dalla monoscocca in alluminio (l’unibody, appunto) non può comprendere a fondo, a mio avviso, l’innovazione di questa scelta di design. Non si vedono viti, tutto è monolitico ed elegante, tutto concorre a presentare un meccanismo di precisione: le linee regolari delle porte e del lettore ottico, le perforazioni delle griglie degli altoparlanti e delle spie che indicano, sul lato sinistro, il livello di carica della batteria; e dettagli squisiti come la lucina anteriore che si accende quando lo schermo si spegne, per segnalare che il computer è acceso. Quando questa luce è spenta, infatti, non si vede assolutamente nulla sulla superficie di alluminio, l’indicatore scompare del tutto (infatti non ha senso vedere una spia spenta, no? L’importante è vederla accesa).

3. Quando ho aperto il MacBook Pro la prima volta e ho visto la lastra di vetro lucida e riflettente, ho avuto qualche sudore freddo, non essendo affatto un amante degli schermi lucidi. Quando, all’accensione del MacBook Pro, lo schermo si è illuminato, i miei timori sono svaniti. Lo schermo a LED è fantastico, brillante, uniforme, e i colori davvero belli (lo dico da non esperto del colore, intendiamoci). Il momento in cui sono rimasto a bocca aperta è venuto dopo, però. Stavo facendo un primo giretto esplorativo anche della tastiera, visto che i nuovi comandi sui tasti funzione sono per me una novità. Intanto pensavo fra me e me: “Certo, è proprio luminoso questo schermo”, specie avendo di lato il povero Titanium. Ebbene, tocco i controlli della luminosità e scopro che era regolata a meno della metà. Portandola al massimo, il display diventa così luminoso che è sopportabile solo con un’illuminazione ambientale a giorno, con il sole che entra direttamente dalla finestra. Pazzesco. Quindi per il momento devo dire che il fatto che lo schermo sia lucido non mi spaventa più. Vedremo in condizioni di lavoro intenso, quando mi tocca leggere e scrivere (e quindi guardare pagine bianche a tutto schermo con piccoli caratteri neri) per ore e ore al giorno.

4. Parlando di tastiera, un’altra novità per me era la retroilluminazione. Sarà che il primo impatto con il nuovo pianeta è avvenuto di notte, ma dopo aver visto il tripudio di luce sotto i tasti non posso che affermare ‘Mai più senza’. La nuova configurazione dei tasti funzione, invece, mi ha preso un po’ alla sprovvista e dovrò abituarmici. Scrivere è un piacere: i tasti hanno una buona risposta e un discreto feedback. Ogni tanto sono inciampato, forse perché abituato a tastiere con tasti più ravvicinati, ma niente di serio.

5. La batteria: ho lasciato il MacBook in carica 12 ore dal primo collegamento e stamattina l’ho staccato e usato con la batteria e le impostazioni di Risparmio Energia calibrate su ‘Durata della batteria migliorata’. Appena scollegato l’alimentatore, l’indicatore della batteria mi dava 10 ore di autonomia, scese poi a 8 con un utilizzo leggero, scese a quasi 5 dopo aver visto i primi 20 minuti di un film in DVD. Dopo tre ore di utilizzo sostanzialmente leggero, con qualche affondo consuma-risorse (un giretto in Google Earth, il DVD, due cosette con GarageBand), la batteria è di poco sotto all’80% e Risparmio Energia comunica valori di autonomia variabili a seconda di quel che sto facendo, comunque compresi fra le 4 ore e mezza e le 6 ore. Direi che sono più che soddisfatto. Ora farò come sempre: lascerò che la batteria si scarichi completamente, per poi ricaricarla del tutto.

6. Sto aprendo programmi e documenti a casaccio per vedere se la migrazione dal PowerBook G4 è andata bene e finora non ho avuto problemi. Grazie a System Profiler ho potuto vedere quali applicazioni hanno codice solo PowerPC e, dove ho potuto, ho scaricato la versione Intel (per esempio nel caso di VLC). Altre applicazioni, come Microsoft Office 2004 e Photoshop CS, funzionano egregiamente e velocemente anche attraverso Rosetta, per cui devo dire che anche in questo reparto finora non ho riscontrato inghippi.

È solo il primo giorno e sono ancora un po’ emozionato. Non ho ancora fatto test e verifiche con il MacBook Pro sotto sforzo, ma quel che ho visto finora è favoloso e ritengo di aver fatto l’acquisto giusto al momento giusto. Nei prossimi giorni riporterò impressioni più dettagliate.

Il gran giorno

Mele e appunti
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Questo potrebbe essere l’ultimo articolo di Autoritratto con mele scritto con il fido, glorioso, ecc., PowerBook G4 nella sua postazione principale. Oggi, finalmente, faccio la mia personale transizione ai processori Intel. Arriva il terzo Mac ‘importante’ della mia storia da cliente Apple, dopo l’iMac G3 nel 1999 e appunto il PowerBook G4 nel 2004. Nei prossimi giorni condividerò in questa sede le mie impressioni, anche se immagino già che da un punto di vista prestazionale sarà come impostare la velocità warp sull’astronave Enterprise.

MacBook Air: la recensione di Macworld USA

Mele e appunti

Dove si scopre, fra le altre cose, che ora Apple include nella confezione un adattatore USB-Ethernet 10/100. Ma anche una cosa curiosa:

Un dettaglio bizzarro del nuovo modello di punta del MacBook Air è che, malgrado costi sensibilmente meno del suo immediato predecessore, si è anche rivelato più lento rispetto a quello. Il MacBook Air (late 2008) da 1,86 GHz è stato più veloce del nuovo MacBook Air da 2,13 GHz in 11 dei nostri 18 test […].

Abbiamo notato anche che in molti casi i modelli meno performanti, con processori più lenti ma dotati di dischi rigidi invece che di dischi a stato solido, si sono comportati meglio delle loro controparti high-end. Alcuni di questi risultati si spiegano per il fatto che i dischi a stato solido sono più veloci dei dischi rigidi per certi compiti, ma più lenti in altri. Tuttavia, anche in quelle attività che consideriamo particolarmente intensive per il processore (compressione video, rendering 3D), i sistemi più lenti si sono comportati meglio. Non sappiamo esattamente perché accada, anche se è possibile che i sistemi di protezione anti-surriscaldamento del MacBook Air rallentino notevolmente la velocità dei processori più veloci (e che scaldano di più) durante le attività più intensive, dando come risultato prestazioni più lente.

 

MacBook Air: la recensione di Macworld USA