Aspyr Media ha annunciato il rilascio di Call of Duty Deluxe Edition, disponibile tramite download diretto attraverso il servizio di download GameAgent. Call of Duty Deluxe è l’insieme della prima versione del gioco e del suo pack di espansione chiamato United Offensive. La versione costa 30 dollari ed è per Mac con processore PowerPC e Intel. Nei commenti all’articolo di Macworld linkato nel titolo, molti sostengono che 30 dollari sono un furto e che Aspyr dovrebbe regalare questo gioco, dato che ormai è superato e obsoleto. Sono l’unico a pensare che invece è una buona operazione e che 30 dollari (poco più di 21 Euro al cambio attuale) sia un prezzo onesto?
Altre osservazioni sul MacBook Pro 15''
In questi giorni sto mettendo alla prova il mio nuovo MacBook Pro da 15 pollici, e ne sono davvero entusiasta. A seguito del post dell’altro giorno, riporto ulteriori impressioni e osservazioni.
1. Ho già detto che è veloce, vero? Quel che non ho detto è che è anche silenzioso e che rimane relativamente fresco anche dopo molte ore di utilizzo. Il confronto con gli altri PowerBook più anziani che possiedo non esiste nemmeno. Come ho già menzionato di sfuggita, il PowerBook Titanium a 500 MHz — che rimane in funzione praticamente 18 ore al giorno, deve essere rialzato dalla scrivania altrimenti scalda troppo e parte la ventola (ho scoperto per caso i pratici piedini in Freskogel di Tucano [speriamo che il link si apra come si deve], che possono essere facilmente attaccati e staccati — basta lavarli periodicamente per mantenere adesiva la superficie). Il PowerBook G4 12’‘ è perennemente appollaiato su uno di quegli accessori che tengono il portatile sollevato e inclinato e, sarà perché deve pilotare un monitor esterno da 20’’, sarà per il caldo, ma la ventola, anche se non al massimo, rimane sempre accesa.
Il MacBook Pro (che ha due ventole), rimane sostanzialmente zitto anche dopo un uso intensivo e solo dopo aver giocato per un’oretta a qualche sparatutto in prima persona mettendo le impostazioni grafiche al massimo ho cominciato a sentire qualcosa. In Dashboard, iStat nano, mi comunicava che le ventole giravano a circa 4000 giri al minuto (a riposo se ne stanno sempre sotto i 2000). Per un confronto, lo stesso gioco sul PowerBook G4 12″ mandava la ventola a 8000 giri dopo un minuto. Anche il disco rigido è silenzioso: con i normali rumori quotidiani non lo sento nemmeno durante intense operazioni di copia.
Sulla temperatura si va sempre un po’ nel soggettivo: dopo una giornata di utilizzo, sia alimentato, sia con batteria, il MacBook Pro è tiepido ma non raggiunge mai una temperatura fastidiosa tanto da non poter essere tenuto sulle ginocchia, per dire. Ovviamente si scalda di più quando la scheda grafica di turno viene stressata, e la parte più calda è quella nei dintorni del connettore MagSafe (diciamo la zona dell’altoparlante sinistro, a grandi linee), ma ho notato anche che, finito il compito stressante, il Mac si raffredda piuttosto rapidamente.
2. Per forza di cose, il MacBook Pro ha la tastiera spagnola, ma non è un grosso handicap. Il layout è molto simile a quello italiano. Non ci sono vocali accentate già pronte (à, ì, ò, ù, è, é), ma vi sono due tasti che permettono rispettivamente l’inserimento dell’accento acuto e grave. Si preme il tasto con l’accento, poi si batte la vocale, e questa apparirà accentata. Questo sistema, apparentemente più macchinoso per uno abituato al layout Italiano Pro, è in realtà assimilabile con rapidità e nel caso di vocali accentate maiuscole risulta quasi più comodo e naturale. (Per scrivere È sulla tastiera italiana devo usare la combinazione ⌥-⇧-E. Sulla tastiera spagnola batto prima l’accento e poi inserisco la ‘e’ maiuscola). È comunque un non problema perché quando lo sistemerò in postazione desktop sarà collegato alla mia Apple Wireless Keyboard con layout Italiano Pro.
3. Proveniendo da un PowerBook G4 ormai sempre tirato al massimo (tipicamente in una sessione giornaliera di lavoro rimangono aperte almeno 12 applicazioni, e i browser hanno sempre pannelli e finestre aperti), è davvero soddisfacente tenere la stessa quantità di applicazioni aperte sul MacBook Pro, aprire Monitoraggio Attività e notare che, in pratica, il processore sbadiglia. Sono questi i dettagli che mi ricordano di trovarmi davvero su un altro pianeta.
4. Dopo 4 cicli di ricarica (secondo Coconut Battery) e test personali più approfonditi, sono stupito e soddisfatto dall’autonomia della batteria. Con un carico di lavoro né pesante né leggero supero tranquillamente le 5 ore, con wireless sempre attivo e luminosità medio-alta. Facendo piccole pause e giocando al risparmio riesco a superare anche le 6 ore. Da quel che ho potuto vedere, con un utilizzo più intenso e continuato, direi che può resistere 3 ore e mezza tutte. Un’altra cosa positiva sono i tempi di ricarica, molto più corti che sui PowerBook. Tanto è vero che alla prima ricarica pensavo qualcosa non funzionasse bene: meno di due ore per una ricarica completa è eccellente.
5. Il trackpad è fantastico. Non ho abilitato tutte le gestualità perché voglio abituarmici gradualmente e voglio che siano attivate soltanto quelle che più userò nel mio normale flusso di lavoro. Ma già solo l’utilizzo delle due dita per scorrere i contenuti delle pagine è comodo e naturale. La mancanza del pulsante fisico non è un grosso problema, pur venendo da trackpad con pulsantoni non indifferenti (iBook clamshell, TiBook, PowerBook G4 12″). Semplicemente, batto col pollice nella parte inferiore del trackpad; ricordo che il trackpad nuovo, senza pulsante, è in realtà tutto un pulsante, e che la parte inferiore, quando viene premuta, si abbassa fisicamente e fa clic, per cui il classico feedback non viene perduto. Va detto che ogni tanto, date le dimensioni generose, nel battere con il pollice la parte inferiore sfioro la superficie del trackpad e questo fa muovere il puntatore verso il basso, per cui a volte seleziono erroneamente un menu o un pulsante a video diversi da quelli che intendo scegliere. Si tratta solo di farci più attenzione, e ribadisco che è un fenomeno davvero occasionale.
6. Mi sono accorto di una magagna, anche se microscopica. Ho un pixel ribelle. Non è morto, perché non è nero (io dico che è porpora, mia moglie dice che è rosso), ma è lì. Onestamente uno se ne accorge solo se lo sfondo è molto chiaro e se si trova a una distanza piuttosto ravvicinata dallo schermo. Alla distanza in cui mi trovo in questo momento mentre sto scrivendo l’articolo, per esempio, e con la pagina intera piena di testo, lo noto soltanto se mi metto a cercarlo. Mi trovo ancora nei quindici giorni in cui poter restituire il computer e chiederne la sostituzione, ma non so se vale la pena farlo. In primo luogo, la postazione principale sarà in versione desktop, e il MacBook Pro sarà collegato a un monitor da 20″, per cui il pixel ‘congelato’ non sarebbe un problema; secondariamente, non essendo morto, non è detto che con il tempo non vada a posto da solo; e in ultima analisi il MacBook Pro non ha difetti, tutto funziona egregiamente, ho già migrato tutti i miei dati, e (dato che il venditore mi ha detto l’altro giorno che avrei dovuto aspettare per un’eventuale sostituzione in quanto non avevano altre unità identiche in magazzino) non vorrei sostituire questo MacBook Pro per un pixel spento per ritrovarmi con un altro MacBook Pro che magari ha la batteria difettosa, o altre magagne più o meno nascoste. Potrei ovviamente sostituire anche il secondo, ma (forse anche con una dose di scaramanzia) temo possibili trafile e viavai che non ho tempo di permettermi. In ogni caso sono aperto a suggerimenti e consigli, e se mi date un parere basato anche sulla vostra esperienza, è più che bene accetto.
Altro per il momento non mi sovviene. Se qualcuno, magari in procinto di fare un simile acquisto (o un salto dai processori PowerPC ai Mac con Intel) ha domande particolari da rivolgermi, faccia pure. Dichiaro da subito ignoranza totale su Boot Camp e virtualizzatori: non credo di installare Windows sul MacBook Pro.
Nuovi paradigmi
Sta tutto in quella ‘S’ di iPhone 3GS: speed, velocità. È nello slogan nella pagina principale del sito Apple: iPhone 3GS. Il più veloce e potente iPhone di sempre. Se qualcuno ancora pensa che iPhone non è un piccolo computer in grado, fra le tante altre cose, di telefonare, stia attento a non farsi travolgere da questo cambio di paradigma per me importante e forse passato un po’ inosservato.
Tutte le recensioni di iPhone 3GS che ho letto finora esaltano proprio quegli aspetti ben sintetizzati dallo slogan di Apple: velocità e potenza. Ho ripensato ai cellulari acquistati da 10 anni a questa parte, cercando di richiamare alla mente qualche campagna pubblicitaria uscita a suo tempo per spingere questo o quel modello delle solite aziende costruttrici di telefonini. Potrei sbagliarmi (non è un mercato che ho seguito così assiduamente), ma i punti forti per vendere un apparecchio del genere sono sempre stati altri. I primissimi cellulari erano aggeggi pesanti, voluminosi e a volte inaffidabili. Va da sé che con le successive generazioni di dispositivi, l’accento veniva posto sulle dimensioni ridotte, sulla leggerezza e portabilità, sulla durata della batteria, sulla tenuta del segnale (ricordo i primi telefoni dual band — “Wow, dual band, mica bruscolini”). Poi, con il progredire delle tecnologie e dei servizi offerti dai provider, c’è stata una considerevole sbornia di funzioni, funzioni, funzioni. Schermi a (sempre più) colori, complesse funzioni di agenda, il WAP e la gestione rudimentale di un account di posta elettronica, l’aggiunta di una fotocamera integrata, di caratteristiche multimediali e tutte le funzionalità che esso comporta (invio di MMS, utilizzo del cellulare per riprodurre MP3 e filmati, ecc.), la radio, e poi il Bluetooth, l’uso come modem in combinazione con un computer, e chi più ne ha più ne metta.
La stragrande maggioranza di cellulari e smartphone pre-iPhone era giunta a un livello di saturazione delle funzioni non indifferente. Al punto che sì, alcuni erano da considerarsi quasi dei piccoli computer, anche se forse è più appropriato definirli sofisticatissimi organizer. E il risultato finale era un accumulo verticale di funzioni ammassate dalla fine degli anni Novanta in qua sul nucleo fondamentale dell’idea di un telefono portatile: il telefonare senza fili e la possibilità di inviare e ricevere messaggi (che ha la sua origine nel cercapersone). E il marketing è andato dietro a tutto questo: prima la miniaturizzazione, arrivando a certi telefoni Panasonic, Sony e Samsung davvero piccoli, con tasti quasi inutilizzabili da mani normali; poi la durata, l’efficienza, l’affidabilità (certi Ericsson erano carri armati da questo punto di vista); poi, a fronte di centinaia di nuove funzionalità — alcune di dubbia utilità o praticità, a ben vedere — le dimensioni o la durata della batteria o anche l’affidabilità sono passate in secondo piano. Ecco che, paradossalmente, i telefoni hanno ripreso a ‘ingrassare’ per poter accomodare schermi sempre più grandi e luminosi, per accomodare le pagine e pagine di menu e sottomenu. In tutto questo bailamme non ricordo di aver mai sentito parlare di velocità o di potenza.
Velocità e potenza sono termini da sempre appartenuti alla sfera dei computer. E infatti iPhone è nato fra computer. Il genitore di iPhone è un’azienda che costruisce computer e progetta software. Un’azienda campione di design, sia hardware che software. Quando iPhone debuttò due anni fa, molti erano incerti e perplessi: avrebbe resistito, questo pivellino, in un mercato agguerrito e consolidato come quello della telefonia mobile? Col senno di poi è facile dire sì — io l’ho pensato fin da subito. È chiaro che il futuro sta nell’avere piccoli computer tascabili, efficienti e facili da usare, veloci e potenti. Gli altri telefoni provenivano da anni di funzioni accumulate e accatastate, per farli comportare il più possibile ‘da computer’ (quindi nati telefoni ma con velleità computeristiche). iPhone era, nel suo punto di partenza, quello che per moltissimi altri telefoni era un punto d’arrivo: l’essere computer. E, come ha presto dimostrato, è più facile per un computer fare telefonate, che per un telefono fare il computer.
Come può migliorare dunque un dispositivo che parte già con un tale vantaggio? Allo stesso modo in cui si può migliorare un computer: diventando più potente, più veloce e quindi ancora più efficiente e con un’esperienza d’uso ancor più soddisfacente. Si noti come l’hardware di iPhone 3G prima, e di iPhone 3GS adesso non sia cambiato in maniera radicale rispetto al modello precedente. Le differenze fra iPhone 3G e iPhone 3GS sono sottilissime. Le novità hardware di iPhone 3GS sono indubbie, ma non tali da rendere obsoleto iPhone 3G. Il fulcro dell’innovazione del momento è la nuova versione del software 3.0. Qualcun altro fra i costruttori di cellulari ha mai parlato o messo l’accento sulla qualità del software di quegli apparecchi? No, tutta un’altra strategia: la corsa al nuovo, o almeno a quel che appare nuovo esteriormente; modelli che cannibalizzano modelli usciti solo due mesi prima; tasti diversi, colori diversi, fumo negli occhi. Ecco, iPhone ha introdotto nel mondo dei dispositivi mobili i paradigmi del mondo dei personal computer, sia da un punto di vista di progettazione, sia da un punto di vista strategico; una mossa forse non immediatamente percepibile, ma che secondo me sta alla base della rivoluzione iniziata nel 2007.
LinkedIn non rispetta i traduttori: ne parla anche il New York Times
Il titolo mi piace: I traduttori si fanno beffe dell’offerta di LinkedIn di lavorare per zero dollari l’ora, anche se l’articolo, pur essendo piuttosto bilanciato nel presentare entrambi i punti di vista, mi sembra un po’ troppo conciliante. Come dire che in fondo i traduttori hanno perso un’occasione perché hanno ‘male interpretato’ le intenzioni di LinkedIn. Sissì, va là.
Una batteria come si deve
Oggi ho condotto il primo test empirico sulla durata della batteria del mio nuovo MacBook Pro. Dopo essere stata sotto carica 12 ore abbondanti, alle 13:40 staccavo l’alimentatore e iniziavo a usare il Mac alimentato a batteria. Durante la giornata, l’utilizzo è stato leggero, più che altro non continuativo, ma il MacBook Pro è stato comunque acceso e non l’ho mai lasciato andare in stop. Ci sono stati momenti di navigazione Web intensa, un film in DVD visto parzialmente, un filmato .avi visto in VLC per 40 minuti, qualche trasvolata con Google Earth, una verifica del disco interno con Utility Disco, varie copie di file anche attraverso la rete (Ethernet e Wi-Fi), eccetera.
Beh, alle 23:30 compariva l’avviso che il MacBook Pro stava utilizzando la carica di riserva della batteria e che si sarebbe spento di lì a poco se non l’avessi collegato a una fonte di corrente. Sono quasi dieci ore di utilizzo. Leggero, senza dubbio, quindi il test non può essere attendibile e domani proverò con qualcosa di più intensivo. Ma è un ottimo inizio.