Il phishing si raffina

Mele e appunti

Stamattina ricevo questa email:

Da: Google AdWords [adwords@google.com]
Oggetto: Google AdWords Alert
Data: 08 novembre 2008 5:11:24 GMT+01:00
A: Riccardo Mori

Our system was unable to process a payment for your outstanding Google AdWords account balance using your primary credit card. For the time being, your account is still open, and your ads are still running. However, we require you to update the payment information in your AdWords account very soon in order to ensure continued ad serving.

Please update your credit card information in order to trigger our billing system to try processing your payment again. If you plan to use the same credit card(s), please use the ‘Retry Card’ button on the Billing Preferences page of your account. Otherwise, please follow the steps below to update the information in your AdWords account.

1. Log in to your AdWords account at: http://adwords.google.com [1]
2. Click the ‘My Account’ tab.
3. Click ‘Billing Preferences’ link.
4. Click Edit next to the appropriate ‘Payment Details’ section.
5. Enter your new or updated payment information.
6. Click ‘Save Changes’ when you have finished.

In the future, you may wish to use a back up credit card in order to help ensure continuous delivery of your ads. You can add a back up credit card by visiting your Billing Preferences page or visit the AdWords Help Centre for more.

Tip: You can review the status of your billing on the Billing Summary page, under the ‘My Account’ tab. If a payment has been declined, click ‘Payment Declined’ beside the line item to review information for that particular payment. Once your payment has been processed successfully, you can view and print an invoice from your Billing Summary page.

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This message was sent from a notification-only email address that does not accept incoming email. Please do not reply to this message. If you have any questions, please visit the Google AdWords Help Centre at https://adwords.google.com/support/?hl=en_GB [2] to find answers to frequently asked questions and a ‘contact us’ link near the bottom of the page.
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Thank you for advertising with Google AdWords. We look forward to providing you with the most effective advertising available.

Sincerely,

The Google AdWords Team

Questo è uno dei migliori tentativi di phishing che abbia mai visto nella mia casella di posta. Per chi non mastica l’inglese, si tratta di un (finto) messaggio proveniente dal servizio AdWords di Google e diretto a chi utilizza questo servizio sul proprio sito per ospitare annunci di Google e ricavare qualche soldino. Nel messaggio il ‘Team’ del servizio tecnico informa che non è stato possibile effettuare una transazione a beneficio dell’utente sulla sua carta di credito principale, e si richiede al malcapitato di aggiornare il suo profilo finanziario nell’apposita pagina dell’account AdWords. Ovviamente è un’esca per rubare i dati della carta di credito. Ma è un’esca ben confezionata.

1. Il messaggio è in testo puro, non in HTML, e non contiene immagini.
2. Il messaggio è scritto in inglese, ma non ci sono errori ortografici o grammaticali.
3. Il messaggio è credibile. Copia molto bene lo stile delle comunicazioni di Google. Probabilmente è copiato pari pari da una vera comunicazione di Google AdWords.
4. Il trucco più insidioso per farlo credere un messaggio legittimo è che l’URL [2] rimanda alla vera pagina di supporto Google AdWords, mentre l’URL [1] rimanda al sito malevolo. E una persona un po’ distratta può addirittura scambiare questo indirizzo come legittimo, perché passandoci sopra con il puntatore del mouse in Mail, la URL visualizzata è: http://adwords.google.com.session-38270950369891169912.07457744154617831904.ssl83.ru/. La parte che non deve sfuggire è l’ultima, ssl83.ru, che indica inequivocabilmente un sito russo.

Il messaggio è stato correttamente identificato come SPAM, ma più che a SpamSieve il merito va a SpamAssassin installato sul server di posta a monte, che ha riconosciuto lo SPAM perché, come indicano gli header, contiene degli URL elencati in due diverse blocklist. Anche se non fosse stato archiviato nella mia cartella Spam, avrei capito che si trattava di una truffa, più che altro perché non ho un account AdWords e, se lo avessi, probabilmente il messaggio mi arriverebbe in italiano. Ma penso a tutti quelli che hanno un account AdWords e sono di madrelingua inglese — magari qualcuno ci è cascato.

In ogni caso, cercare sempre di vedere dove portano gli URL e visualizzare gli header del messaggio (anche se gli spammer riescono a celare la vera origine di un messaggio, rimane comunque poco credibile che un messaggio che si dice proveniente da Google abbia negli header un nome server come “mail.braidwoods.com”). Ma soprattutto il buon senso: diffidare sempre di richieste di “aggiornamento informazioni della carta di credito” o di “verifica di nome utente e password del tale account”. Nel 99,999…% dei casi è una truffa.

iPhone: note mobili (7)

Mele e appunti

Per quanto riguarda l’argomento “Qual è la custodia migliore per iPhone?” sono tentato di rispondere: nessuna. iPhone 3G è decisamente diverso da tutte le generazioni di iPod passate e presenti, che bastava osservarli un po’ troppo e si riempivano di segni e striature sullo schermo ma soprattutto sulla parte metallica retrostante. Dopo un mese e mezzo di utilizzo quotidiano di iPhone posso dire che segni permanenti sulla parte frontale o posteriore non se ne vedono. Non so se il fatto di avere un iPhone bianco sia un vantaggio rispetto al nero, ma il materiale plastico — pur apparendo più a buon mercato dell’iPhone EDGE di alluminio — sembra davvero resistente ai graffi. Ovviamente tratto iPhone con cura e gli dedico una tasca della camicia o dei pantaloni, evitando di metterlo a contatto con penne, chiavi, chiavette USB e qualsiasi altro oggetto. Insomma, facendo un po’ d’attenzione è possibile godersi iPhone ‘nudo’, che a mio parere è esteticamente e funzionalmente la cosa migliore.

Se proprio occorre l’acquisto di una custodia, consiglio i prodotti di XtremeMac (non solo le custodie, ma anche gli altri accessori). Si tratta di una ditta seria: l’anno scorso ordinai alcuni oggetti presso di loro, fra cui la custodia Verona Flip per l’iPod Touch 1G di mia moglie, e ho interagito con il loro servizio clienti per richiedere alcune delucidazioni. È stato piacevole scambiare email con una persona vera e non con un servizio automatizzato. In più la qualità dei materiali e della manifattura è molto buona. Un amico ha ordinato il MicroShield per il suo iPhone 3G e si trova bene. È in effetti una custodia che non rovina l’estetica del dispositivo e che non altera troppo le dimensioni e la ‘presa’ (trovo iPhone veramente equilibrato nella mano: ho avuto cellulari di dimensioni minori e mi sono sfuggiti di mano troppe volte; iPhone si afferra bene). Personalmente aborro le custodie di silicone: troppo “Guscio Meliconi” [grazie Frank], e inoltre col tempo raccolgono sporcizia lungo i bordi delle parti che non proteggono, come lo schermo. Ne provai una per il vecchio iPod di terza generazione — durò 3 settimane prima di gettarla via.

Sempre parlando di accessori, un mese fa circa ho acquistato lo Universal Dock. Visto che la dotazione di accessori nella confezione di iPhone 3G è proprio minima, e l’idea di avere il Dock anche come sistema per tenere iPhone in una posizione comoda sulla scrivania (nonché al riparo da graffi e urti) mi sembrava buona, quindi ho sganciato volentieri i 39 Euro. Aperta la confezione, due sorprese: una piacevole, l’altra meno.

Apple Remote, lo Universal Dock e i vari adattatori.

Nella confezione: Apple Remote, lo Universal Dock e i vari adattatori.

La buona sorpresa è stata trovare nella confezione anche l’Apple Remote, che onestamente non sapevo venisse venduto insieme al Dock. La sorpresa meno buona è stata notare l’assenza di un adattatore per iPhone 3G. Il Dock infatti possiede adattatori per iPod (video) di quinta generazione (modelli da 30, 60, 80 GB), per iPod classic (80 e 160 GB), per iPod nano di terza generazione (4 e 8 GB), per iPod touch e iPhone, ma di prima generazione. Questo è indicato sul retro della scatola e la distrazione è stata mia. Ho però scoperto che con l’adattatore di iPhone prima generazione, l’iPhone 3G funziona bene lo stesso.

Il Dock è fornito di telecomando perché è possibile controllare a distanza la riproduzione di musica su iPod e iPhone. Basta collegare il Dock a degli altoparlanti (grazie all’uscita audio sul retro), entrare nell’applicazione iPod di iPhone e usare l’Apple Remote per le funzioni basilari: alzare/abbassare il volume, passare al brano successivo, fermare e riavviare la riproduzione, e così via. Di tanto in tanto appare un avviso sullo schermo di iPhone, che dice che questo accessorio non è compatibile con questo modello di iPhone e chiede se si vuole passare in modalità Uso Aereo per eliminare le interferenze. In realtà non ho riscontrato nessuna incompatibilità e nessun malfunzionamento, né tantomeno interferenze. Collegato al Dock, iPhone viene correttamente riconosciuto da iTunes, la sincronizzazione avviene senza problemi, così come la copia di musica e podcast.

Sono soddisfatto dell’acquisto anche perché in vista del passaggio a un MacBook nuovo mi ritrovo già con l’Apple Remote (che non viene più fornito di serie nemmeno con i computer), e inoltre perché ho potuto constatare che il Dock è parzialmente compatibile anche con il vecchio iPod di terza generazione. L’adattatore per iPod classic da 160 GB è perfetto per poter collegare il vecchio iPod. iTunes lo riconosce e posso copiare musica. Il vecchio iPod di terza generazione ha però un’interfaccia FireWire, e non si può usare il Dock per ricaricarlo. Il telecomando, invece, riesce a funzionare parzialmente: non è possibile cambiare brani, ma almeno si può regolare il volume a distanza. Poco, ma meglio di niente.

Esempio di non-notizia

Mele e appunti

Qualche giorno fa, sfogliando i miei feed RSS con il primo caffè del mattino, mi imbatto in questa ‘notizia’ di Macworld UK dal titolo: Rumour: Apple to reveal 3G-enabled Macs at Macworld Expo 2009, ossia: Voce di corridoio: Apple presenterà dei Mac abilitati al collegamento 3G al Macworld Expo 2009.

Ora, già il fatto che il titolo inizi con “Rumour” fa alzare i miei livelli di scetticismo; figuriamoci quel che viene dopo. È ovvio che lo scopo di titoli del genere è invitare il lettore a fare clic e a visitare la pagina web sul sito di Macworld UK. Decido di stare al gioco perché sono curioso di vedere com’è fatto il coniglio che stanno levando dal cappello, per così dire. Faccio clic e quanto segue è la traduzione del testo integrale della ‘notizia’:

Apple potrebbe introdurre una connessione dati 3G ad alta velocità come funzione integrata nei prossimi MacBook, secondo quanto sostiene un resoconto.

Neil Mawston, analista per Strategy Analytics, ritiene che Apple abbia in programma di integrare tali tecnologie in futuro. “Portatili con uno schermo più grande o più piccolo, con connessioni cellulari integrate rappresentano il prossimo passo logico per Apple — e per altre aziende”, ha detto.

Secondo recenti congetture, Apple starebbe preparando un accordo con Carphone Warehouse grazie al quale i clienti potrebbero acquistare i Mac dall’azienda fornitrice di telefoni cellulari — e a questo punto viene spontaneo chiedersi se le due compagnie non stiano già pianificando un accordo che preveda traffico dati e noleggio.

Se da un lato i critici hanno fatto notare il prezzo più alto dei nuovi MacBook (specialmente nel Regno Unito e in tempi di recessione), i prezzi fanno anche aumentare il valore percepito delle macchine.

Mawston nota un certo entusiasmo da parte degli operatori verso accordi che prevedano un simile accesso dati integrato nei computer, e afferma che “molti operatori negli Stati Uniti e nell’Europa Occidentale farebbero carte false per vendere un MacBook ‘cellulare’ alla loro base di utenti iPhone”.

L’analista si aspetta un annuncio di Apple al Macworld Expo dell’anno prossimo.

Non serve un esegeta per mostrare ciò che è ovvio già a una prima lettura. Sono quattro righe messe insieme, e non è nemmeno un “rumour”. Faccio comunque notare alcune cosette:

  • Non serve un analista per prevedere che un giorno anche Apple possa integrare il 3G nei propri portatili.
  • Portatili con uno schermo più grande o più piccolo” è una frase da rotolarsi dalle risate. È come dire tutto e niente. È come dire “Nuovi Mac con più porte o meno porte sono il prossimo passo logico per Apple”.
  • La congettura si basa su altre “recenti congetture”. Ovvero: non è fuffa, è fuffa al quadrato.
  • La frase “Se da un lato i critici hanno fatto notare il prezzo più alto dei nuovi MacBook (specialmente nel Regno Unito e in tempi di recessione), i prezzi fanno anche aumentare il valore percepito delle macchine” è stata evidentemente inserita per allungare un articolo assolutamente privo di sostanza.
  • Le ‘previsioni’ dell’analista sono poco chiare. Se quel che vuole dire è “un giorno nel futuro Apple presenterà un MacBook con il 3G integrato”, allora siamo al primo punto: non serve un analista per fare una simile previsione. Se invece vuole dire che già al Macworld Expo di gennaio Apple presenterà nuovi MacBook con 3G integrato, la vedo dura. Come Apple possa fare una cosa del genere, quando ha appena rinnovato gran parte della linea dei portatili, lo sa solo lui nel suo mondo di fantasia.

Ma il bello è che facendo clic sul link che rimanda al ‘resoconto’ menzionato nella prima frase dell’articolo, si va a una pagina di un sito di rumour inglese, ElectricPig, che presenta un articolo ancora più corto, ma decisamente più onesto di quello ‘assemblato’ da Macworld UK. Il testo è il seguente:

Caspita, i nuovi fantastici MacBook in alluminio sono fuori da appena qualche settimana e già quei chiacchieroni di analisti stanno parlando a vanvera della prossima generazione di portatili Apple. Secondo una previsione di Neil Mawston, analista per Stategy Analytics, l’azienda di Cupertino aggiungerà una connessione 3G ad alta velocità nei futuri MacBook, permettendo agli utenti di accedere al Web dovunque si trovino.

Portatili con uno schermo più grande o più piccolo, con connessioni cellulari integrate rappresentano il prossimo passo logico per Apple — e per altre aziende”, ha detto Mawston, aggiungendo che “molti operatori negli Stati Uniti e nell’Europa Occidentale farebbero carte false per vendere un MacBook ‘cellulare’ alla loro base di utenti iPhone”.

A suo parere Apple farà la sua mossa di ingresso nell’HSDPA al Macworld Expo ai primi di gennaio — ma è davvero possibile che Steve Jobs presenti un MacBook leggermente aggiornato così presto dopo il totale rinnovamento della gamma di notebook Apple? Non ne siamo tanto sicuri, ma dateci una vostra opinione nella sezione commenti. 

Il tono e l’impostazione dell’articolo di ElectricPig sono sicuramente più schietti e meno ambigui. È come se dicessero: “C’è un tizio, un analista, che dice che Apple farà questo e quest’altro, ma noi non ne siamo tanto convinti. Voi che dite?”. Anche il titolo dell’articolo è vago e smorzato (come è giusto che sia, visto che si parla di supposizioni): HSDPA MacBook next move for Apple, says analyst, cioè Un MacBook HSDPA sarà la prossima mossa di Apple, dice un analista, che mi sembra più corretto di quello di Macworld UK. Provate a eliminare “Rumour”, e il titolo di Macworld UK diventa: Apple presenterà dei Mac abilitati al collegamento 3G al Macworld Expo 2009. Basta una lettura distratta ed ecco creata la notizia dal niente. E basta un niente per creare stupide aspettative. E quando Apple non annuncerà nessun portatile con 3G a gennaio… oooh delusione! Questo è un piccolo esempio: il Web è pieno di rumour del genere e fatti della medesima sostanza, e vi sono interi siti che ne fanno un’arte. Spesso per disinnescarli è sufficiente prendersi la briga di leggerli con un po’ di attenzione e non limitarsi ai ‘titoloni’.

Lo Zen e l'arte del recupero dei dati

Mele e appunti

L’altroieri ho acquistato un nuovo disco rigido esterno, un LaCie da 750 GB. Ho così potuto occuparmi finalmente del problema che avevo riscontrato al rientro dalle vacanze ai primi di settembre, ovvero l’improvviso malfunzionamento del mio vecchio LaCie da 160 GB comprato quattro anni fa. Come accennavo a settembre, e nei commenti a quel post, analizzando il comportamento del disco rigido all’accensione e prestando attenzione ai rumori durante i tentativi di avviamento, avevo ragione di credere che il problema fosse legato all’alimentazione dello scatolotto in cui era inserito il disco. E che estraendolo da lì e collegandolo a un altro involucro FireWire, il disco sarebbe tranquillamente tornato a montarsi sulla scrivania del Mac.

Ieri, anche per cercare di distrarmi da eventi traumatici, mi sono cimentato in un’operazione di recupero e risistemazione dati:

  • Ho aperto l’involucro del vecchio LaCie, e trapiantato il disco rigido in altro involucro FireWire di provata stabilità e funzionamento.
  • Ho collegato il nuovo disco LaCie USB 2.0 da 750 GB, l’ho formattato e diviso in due partizioni.
  • Ho acceso il vecchio LaCie, che si è montato sulla scrivania al primo colpo.
  • Ho proceduto al recupero dei dati.

Qualche osservazione in merito:

1. Ero indeciso se comprare quel LaCie da 750 con interfaccia USB 2.0 oppure il LaCie Ethernet Disk Mini da 500 GB, con interfaccia Gigabit Ethernet e USB 2.0. Quest’ultimo mi sarebbe costato 20 Euro in più. I vantaggi dell’unità da 750 GB sono il prezzo, decisamente abbordabile per la capacità offerta, e appunto quei 250 GB in più che non guastano mai. I vantaggi del disco Ethernet sono una maggiore robustezza (metallo contro plastica), quel che mi sembra un sistema di ventilazione migliore, e la possibilità di inserire il disco nella rete domestica per condividere le risorse con tutti i computer. Alla fine ho scelto il primo per questioni di spazio: se deve contenere l’intero backup dell’altro disco da 160 GB, è meglio che sia più capiente, anche in vista dei nuovi dati che si andranno ad accumulare in futuro. Mi spiace per l’opportunità persa dell’interfaccia Ethernet, ma la scelta si è rivelata vincente quando ho visto che la capacità effettiva del disco formattato, secondo Utility Disco, era di poco più di 698 GB. Mi aspettavo che fosse minore, è sempre così, ma qui si parla di più di 50 GB!

2. Storicamente, il LaCie FireWire da 160 è il secondo disco LaCie che mi dà problemi. Il primo è stato un Pocketdrive da 20 GB che è partito da un giorno all’altro (guasto alla meccanica, non all’alimentazione). Perché insistere coi LaCie, allora? Beh, perché LaCie è solo un involucro: tutti i LaCie che possiedo sono in realtà dischi di marche diverse. Il disco all’interno del Pocketdrive da 20 GB era un IBM; quello da 160 GB che mi ha dato problemi di recente è un Western Digital; l’altro da 320 GB che uso per la libreria iTunes e per Time Machine è un Seagate; e il nuovo da 750 GB è un Hitachi. Insomma, non ce n’è uno della stessa marca.

3. Il problema al disco da 160, purtroppo, è più complesso. Inserito nell’involucro alternativo, collegato al Mac e acceso, le due partizioni si sono subito montate sulla scrivania, ma sottoponendole a Utility Disco ho scoperto che una di esse era gravemente danneggiata, mentre l’altra non aveva il minimo problema. L’operazione di recupero dati si è fatta più complessa e sono dovuto ricorrere a DiskWarrior.

4. Consiglio caldamente due cose, e non solo a seguito di questa esperienza:

  1. Dividere un disco (specie se di grande capacità) in almeno due partizioni, a meno che non sia destinato a usi particolari, come per il video, dove è necessario avere tutto su una partizione. Ogni partizione ha il suo catalogo, e in caso di problemi hardware o software esiste la possibilità che venga compromessa solo una delle partizioni (o almeno non tutte, a meno che il guasto sia così grave da non permettere nemmeno il funzionamento del disco).
  2. Comprare DiskWarrior. E aggiornare all’ultima versione. È indubitabilmente il miglior prodotto di diagnostica e recupero dischi in circolazione, insieme a Data Rescue. Sono soldi ben investiti. DiskWarrior mi ha tolto le castagne dal fuoco in varie circostanze e in scenari apparentemente senza speranza, ed è uno strumento che ho utilizzato anche per fare assistenza a terzi, sempre con successo.

5. Come dicevo, ho usato Diskwarrior per tentare il recupero della partizione danneggiata, che dopo l’analisi di Utility Disco si era smontata dalla scrivania e non riuscivo a rimontare. Al primo giro DiskWarrior diceva che i problemi al disco erano troppo profondi da non potergli permettere di effettuare riparazioni. Sospettando di avere una versione non aggiornata, sono andato nelle informazioni del programma e ho scoperto di avere ancora la versione 4.0. Sono andato sul sito di Alsoft e ho aggiornato alla 4.1. Rifatta la procedura di diagnosi, stavolta DiskWarrior iniziava a recuperare informazioni (ho attivato l’opzione Scavenge, che in pratica dice a DiskWarrior: non fidarti del registro che trovi, vai tu a cercare le informazioni dei file) e alla fine ha ricostruito e sostituito il catalogo del disco, avvertendomi però che una buona fetta di dati era compromessa (quasi 130.000 file su un totale di circa 359.000). All’atto pratico, grazie a DiskWarrior ho potuto salvare più di 30 GB di dati, mentre prima di intervenire, ogni accesso alle cartelle di quella partizione mi dava un errore.

Il risultato finale è stato decisamente positivo e migliore di ogni aspettativa. Psicologicamente avevo dato il disco per perso, ormai, mentre in realtà ho potuto ricuperare un’intera partizione da 80 GB più una trentina di GB della partizione danneggiata. DiskWarrior ha messo tutti i file danneggiati in una cartella “Damaged Items”, ed è stato interessante aprirla nel Finder e aspettare che si caricassero i contenuti. Ho dovuto aspettare circa 5 minuti prima di vedere i file in quella cartella — d’altronde non capita sempre di avere un cartella con quasi 130.000 elementi.

Mi aspettano altre prove, adesso. Anzitutto, finito il recupero dati voglio provare a riformattare il disco e a sottoporlo a scansione più profonda per vedere se il problema era solo software o se possa esserci qualche danno hardware. Il disco è stato acceso per tutta la giornata di ieri, ed è stato sottoposto a un certo stress (copia di più di 110 GB, centinaia di migliaia di file), e nel secondo involucro non ha battuto ciglio né ho udito rumori strani che possano indicare un malfunzionamento meccanico. Dopo la riformattazione terrò il disco nel guscio FireWire provvisorio e lo metterò alla prova copiando dati che ho già in backup (così da non perdere nulla in caso di sorprese) e conservandoli in quel disco per un accesso più rapido. Se la causa scatenante del problema al disco è stata l’alimentazione, lo vedrò mettendo un vecchio disco nel guscio del LaCie e accendendolo.

Alla fine, quella di ieri è stata una giornata produttiva e un’esperienza istruttiva.

Arrivederci, ClaZ.

Mele e appunti

Oggi è scomparso Claudio Zamagni, affettuosamente noto come ClaZ nella comunità Mac italiana.

L’ho appreso leggendo POCTalk, la mailing list degli amici del POC. In un primo momento ho pensato di avere le traveggole. Quando arriva una notizia del genere c’è sempre un primo istante di incredulità in cui pensi “No, non può essere lui”, “No, ho letto male”. Come quando ti tagli involontariamente: istanti sospesi in cui non succede nulla, poi la ferita inizia a sgorgare. Ecco. Sono abbattuto e addolorato, confuso, arrabbiato, a tratti ancora incredulo.

Ho conosciuto Claudio di persona nel 2002, da Mac@Work a Milano, anche se il suo nome mi era già familiare per la frequentazione delle stesse mailing list di Mac e dintorni, e la sua fama di tecnico ripara-tutto lo precedeva. Ricordo bene quel giorno: in negozio sentii che qualcuno lo salutava, al che mi avvicinai e gli dissi: “Ma sei tu il Mitico ClaZ!”. Lui mi sorrise e ci stringemmo vigorosamente la mano. E subito iniziammo a chiacchierare di Mac e di riparazioni, a scambiarci aneddoti e a farci grasse risate (e chi se la scorda più la risata di Claudio: forte, profonda e genuina). Insomma, Claudio era fatto così: una persona alla mano, disponibile e generosa, dall’ironia intelligente e graffiante. Dopo quasi tre ore con lui, quel giorno, avevo l’impressione che ci conoscessimo da un pezzo.

Andai a trovarlo più volte al suo laboratorio a Torino; mai, purtroppo, con la frequenza che avrei voluto. Malgrado fosse sempre indaffarato e con una montagna di hardware da revisionare, è sempre stato cordiale e di ottima compagnia. Io non volevo mai fargli perdere tempo, così gli dicevo: “senti, passo il pomeriggio da te, ma tu lavora pure — io osservo e imparo, oppure se vuoi mi metto in un cantuccio…”. Ma non dire cazzate, è un piacere, vieni pure mi rispondeva. A volte si passava il tempo fra i Mac, altre volte mi spiegava con orgoglio i suoi progressi con l’impianto personalizzato sulla sua Audi A6.

Data-Project, giugno 2003. Ecco la gatta di ClaZ riposare fra i PowerMac nel laboratorio.

Data-Project, giugno 2003. Ecco la gatta di ClaZ riposare fra i PowerMac nel laboratorio.

Lui mi ha insegnato ad aprire i vecchi Mac compatti senza paura e remore. Mi ha insegnato un sacco di cose sui guasti ai vecchi monitor Apple. Mi ha trasmesso la passione del collezionismo di Mac vintage e mi ha dato l’impulso al fai-da-te. Buona parte della cultura del troubleshooting sui Mac l’ho assorbita da lui. A lui ho telefonato due anni fa quando il mio PowerBook G4 12″ è andato in panne. Se ho saputo smontare il PowerBook da cima a fondo e poi rimontarlo è grazie ai suoi insegnamenti. Se il mio iBook G3 conchiglione ha un nuovo lettore DVD-ROM è grazie a lui. Il Macintosh SE che ogni tanto uso per scrivere me lo ha dato lui (ricordo ancora quel giorno: abbiamo acceso il SE nel suo laboratorio, avviando il System 6.0.5 da un floppy, e il Mac — che non veniva acceso da quasi due anni — segnava l’ora giusta. ClaZ e io ci siamo guardati e abbiamo riso di gusto). Quando gli chiesi se aveva un PowerBook 100 da qualche parte, si mise a cercare e dopo poco mi si avvicina con una scatola e mi dice: te ne do tre, ma sono tutti smontati, dovresti riuscire a cavarne uno buono usando i pezzi di tutti. Impagabile.

ClaZ, sei un grande e non dimenticherò mai le nostre chiacchierate, la tua bonomia e umanità, e la tua risata forte, profonda e genuina. Non so quale sia stato il tuo ultimo pensiero prima di andartene, ma ti immagino imprecando: Ma @#$! — proprio adesso! Con tutto quel che ho da fare!

Un abbraccio, e le mie più sentite condoglianze ai familiari.