Dove va Apple

Mele e appunti

È un periodo un po’ intenso, e mi è difficile star dietro alle mie letture online preferite e alle mailing list a cui sono iscritto. L’altro giorno stavo smaltendo gli arretrati, e questo articolo di opinione di Leander Kahney su Cult of Macintosh ha attratto la mia attenzione.

Non so bene che cosa pensare di Kahney, a volte è un buon provocatore, a volte scrive cose molto azzeccate, altre volte prende sonore cantonate. Questo breve articolo, se non è una totale cantonata, di certo pecca di ingenuità. Di un’ingenuità che, francamente, da uno come Kahney non mi aspettavo (o forse sì).

Ho scelto di portare l’attenzione sull’articoletto soprattutto perché ho notato che Kahney non è l’unico a pensarla così, e mi sono trovato a discutere gli stessi argomenti in altri luoghi su Internet. Per chi non mastica molto l’inglese, faccio un breve riassunto. L’articolo si intitola Che cosa sta succedendo al nostro amato culto? (riferendosi, ovviamente, al culto del Mac), e inizia con l’intristita osservazione che “Apple non è più quella di una volta”. Il perché è subito spiegato:

Sono certo che la decisione di posticipare una nuova versione di Mac OS X e di spostare parte dello staff ingegneristico dal lavoro su Mac OS X per dedicarsi all’iPhone sia senza dubbio sensata e ragionevole per il business, ma è un segnale forte e chiaro dello spostamento di attenzione di Apple, ora più interessata all’elettronica di consumo che ai computer.

E, poco più avanti:

I computer potranno anche essere una componente essenziale del mondo Apple, ma fino a non molto tempo fa un prodotto come l’iPhone avrebbe di sicuro ceduto il passo all’introduzione di un nuovo Mac.

Come dicevo, Kahney non è il solo a pensarla così. Sono molti i nostalgici dell’era del Mac beige/grigio (e anche del Mac a colori) a vedere con apprensione il recente interesse di Apple verso dispositivi che non sono formalmente computer Macintosh. Le ultime novità da Apple sono state una nuova base AirPort Extreme, iPhone, AppleTV, e la vendita di brani privi di DRM sull’iTunes Store. Persino il cambio del nome aziendale, da Apple Computer Inc. a Apple Inc. per alcuni è stato un segnale allarmante di questa nuova tendenza di Apple verso l’elettronica di consumo. Altri indizi sono da ricercare nella mancanza di veri e propri “nuovi” Mac: certo, da quando è iniziata la transizione verso Intel, tutti i Mac, portatili e non, hanno ricevuto un aggiornamento non indifferente, soprattutto sotto il cofano. I Mac Intel sono di gran lunga più performanti dei vecchi G4 e discretamente più performanti dei G5 (che ritengo essere ancora abbastanza competitivi), ma l’innovazione nel design è stagnante. Non ci sono vistose differenze fra un MacBook Pro attuale e un PowerBook G4 Aluminium (linea introdotta nel 2003). I MacBook differiscono con gli ultimi iBook principalmente per la tastiera e per il colore nero. Stesso discorso per la linea iMac e Mac Pro, esteriormente identici a iMac G5 e PowerMac G5.

Questo e il ritardo di Leopard sembrano davvero significare che i computer Macintosh non siano più i primi nella lista delle priorità del signor Jobs e, quindi, di Apple.

E con questo?

Torniamo all’articolo di Kahney. “Apple non è più quella di una volta”. Meno male, dico io. Perché, udite udite, i tempi cambiano, e se un’azienda che fa dell’innovazione uno dei suoi tratti caratteristici rimanesse fossilizzata su una visione dell’utilizzo di computer e dispositivi annessi ferma agli anni Novanta o anche ai primi Duemila, beh, finirebbe col chiudere baracca. A mio avviso Jobs ha capito che oggi la figura del computer non è più necessariamente centrale né fonte di novità in sé e per sé. Non viviamo più negli anni  Ottanta, in cui la novità era il personal computer, il computer per tutti noi di contro al computer come universo a totale appannaggio dell’industria e dei relativamente pochi addetti ai lavori. La società attuale, l’utenza attuale, hanno progressivamente assimilato il computer, rendendolo di fatto una presenza scontata prima in ufficio e poi in casa. Come è avvenuto, a suo tempo, con il telefono e la televisione. Il distinguere fra “il produrre computer” e “l’elettronica di consumo”, mi sembra una posizione un po’ ingenua e lievemente ridicola. Mi ricorda i tempi del liceo, quando gli amici che ascoltavano Pink Floyd e Jethro Tull deridevano i fan di Simply Red, Spandau Ballet o Duran Duran, distinguendo fra “musica impegnata” e “musica commerciale”.

In un certo senso oggi tutta l’elettronica proposta è di consumo. L’innovazione non è più nell’introdurre un computer fatto in una certa maniera; l’innovazione non è più il computer in sé. Se mai, è nel comprendere verso dove ci stiamo muovendo (in ambito tecnologico, dico), captare le esigenze dell’utenza e condensarle in dispositivi che rappresentino una risposta a una domanda magari non ancora ben formulata ma senza dubbio latente. Oggi gli elementi su cui “battere il ferro finché è caldo” sono la portabilità, la tecnologia wireless, l’usabilità (questa da sempre, direi), la comunicazione (iper-comunicazione, direi), l’intrattenimento e la personalizzazione. Osservando questi elementi sembra perfino scontato che Apple abbia pensato all’iPhone.

[…] fino a non molto tempo fa un prodotto come l’iPhone avrebbe di sicuro ceduto il passo all’introduzione di un nuovo Mac”, dice Kahney. Ma è ovvio, perdiana. Fino a non molto tempo fa, appunto. Non oggi. Fino a non molto tempo fa un prodotto come iPhone sarebbe stato anzitutto più scadente (per la mancanza di tecnologie oggi più accessibili), più caro (perché avrebbe comunque implementato funzioni e tecnologie avanzate per l’epoca), probabilmente meno espandibile, e avrebbe fatto la fine di molti altri progetti e prodotti Apple “troppo avanti” per essere compresi o adottati su vasta scala.

Se oggi introdurre l’iPhone sembra essere più importante dell’introduzione di una nuova versione di Mac OS X o anche di un nuovo modello di Mac, il motivo è che, semplicemente… è così. Per molti, Kahney compreso, la cosa è insoddisfacente perché si ostinano a vedere l’iPhone come un semplice smartphone, magari un po’ più bello da vedersi di molti prodotti della concorrenza (Nokia, SonyEricsson, ecc.). Non è così. La lettura della trascrizione della conferenza dedicata ai risultati finanziari dell’ultimo trimestre Apple è davvero illuminante per capire in che direzione si stia muovendo Apple per quanto concerne l’elettronica di consumo e prodotti come iPhone e AppleTV. Peter Oppenheimer, CFO di Apple, ha dedicato ampio spazio a tale argomento, cosa inusitata in conferenze di questo tipo. In sostanza, questi due prodotti non sono semplici gadget usa e getta dati in pasto al pubblico, ma punti di partenza su cui costruire una fidelizzazione del cliente offrendo aggiornamenti, nuove funzionalità e contenuti senza costi aggiuntivi. Ecco dunque che l’iPhone non è un cellulare qualsiasi che si cambia dopo 4–6 mesi, ma un dispositivo multifunzione espandibile, migliorabile e di lunga durata; in maniera più simile a un iPod o a un PDA, in un certo senso. Assistente Digitale Portatile.

Molti avvertono lo spostamento del Mac in secondo piano (che, fra l’altro, è tutto da dimostrare) come una specie di tradimento da parte di Apple, ma Apple ormai non è più quell’azienda degli anni Ottanta e Novanta che doveva dimostrare sempre e a tutti i costi la superiorità delle proprie macchine e del proprio sistema operativo. Apple ha acquisito tale consapevolezza e ora non ha paura di dimostrarla. Sempre più persone passano a Mac, oggi. Malgrado l’irriducibilità di certi geek bastian contrari, è opinione sempre più diffusa che i sistemi Mac siano migliori, se non altro più sicuri, dei PC Windows (o, in altri termini, è un fatto sempre meno discusso). Malgrado non siano stati introdotti nuovi modelli di Mac, le vendite nell’ultimo trimestre sono aumentate del 36% e i risultati finanziari lo consacrano come uno dei trimestri migliori, se non il migliore, della storia di Apple. A questi risultati Apple è arrivata anche grazie a dispositivi che Mac non sono, come l’iPod. A questi risultati Apple è arrivata senza mettere necessariamente in primo piano i Mac (il nuovo Mac Pro con processore Intel Xeon 8 Core è stato introdotto quasi in sordina, per dire). E per Leopard non c’è fretta perché sostanzialmente Mac OS X Tiger va benissimo così, e perché Windows Vista, diciamocelo, non fa paura.

Con questa consapevolezza Apple va avanti, entrando in altri mercati e reinventandoli; anche questa è innovazione. È accaduto in ambito musicale, con l’iTunes Store, accadrà con AppleTV e iPhone. E mi azzardo a prevedere che vedremo anche nuovi Mac quest’anno, passata l’introduzione dell’iPhone negli USA a giugno e passata la WWDC.

Per chiudere con una piccola provocazione: Apple non è più quella di una volta, Microsoft sì. Chi dei due sta meglio?

Shiira 2.0: a tutto schermo davvero

Mele e appunti

Ieri è uscito Shiira 2.0, e ovviamente l’ho subito scaricato: mi piace tenermi aggiornato sul fronte dei browser disponibili per Mac OS X. Lo sviluppo di Shiira, ultimamente, ha proseguito a ritmi più dilatati (l’ultima beta prima della release ufficiale è stata rilasciata il 6 dicembre 2006), tanto che sulla home page del progetto gli autori stessi scrivono, più o meno, “Shiira non è morto, anzi è rinato”. C’è ancora qualcosa da sistemare, mi sembra piuttosto prematuro togliere “beta” dal numero di versione, ma i passi avanti si vedono. Bisogna dar credito agli sviluppatori di Shiira per una cosa, almeno: ascoltano i suggerimenti altrui.

Due mesi fa, tra le funzionalità di Shiira 2.0b2, esaltavo la possibilità di navigare il Web a tutto schermo e aggiungevo:

Tanto che nel forum di Shiira, nella sezione “Richieste di nuove funzioni” ho suggerito di aggiungere una barra indirizzo alla barra strumenti che appare in sovraimpressione in modalità schermo pieno, così che l’utente possa immettere un altro URL e continuare a navigare a tutto schermo.

Un altro problema della barra in sovraimpressione era la sua comparsa sia quando si spostava il puntatore del mouse nella parte superiore dello schermo, sia quando lo si muoveva verso il bordo inferiore. In quest’ultimo caso, l’apparizione della barra sovraimpressa poteva impedire il clic su eventuali link nella pagina Web sottostante. Un altro suggerimento era quindi stato di mantenere solo la parte superiore dello schermo come area sensibile per l’attivazione della barra strumenti durante la navigazione a pieno schermo, perché è assai meno probabile che in una pagina Web vi siano link cliccabili in quella zona.

Con mio grande stupore e piacere, entrambi i suggerimenti sono stati accolti. Ora in Shiira 2.0 è possibile navigare tranquillamente a pieno schermo, spostandosi di sito in sito senza uscire dalla modalità fullscreen.

Shiira 2.0b2

Questa è la barra strumenti in sovraimpressione che appariva in Shiira 2.0b2 in modalità pieno schermo quando si spostava il mouse verso la parte superiore e inferiore della finestra.

Shiira 2.0

Decisamente migliorata, ecco la barra strumenti in sovraimpressione che appare in Shiira 2.0 in modalità pieno schermo muovendo il puntatore del mouse solo verso la parte superiore della finestra. Sopra di essa appare anche la barra dei menu, comoda per eseguire comandi non immediatamente accessibili dalla sola barra strumenti.

Goodbye ruby Reader

Mele e appunti

Da oggi è molto probabile che smetta di servirmi di Adobe Reader. Già ero rimasto alla versione 6.0.5, un po’ più vispa delle successive. Poi ho scoperto Skim, un programmino open source per leggere e annotare documenti PDF. A me, che ne maneggio parecchi giornalmente, fa più che comodo.

L’interfaccia ricorda Anteprima, ma mi sembra fatta ancora meglio. In quanto a velocità e a responsività però batte sia Adobe Reader che Anteprima. Ho aperto due PDF discretamente pesanti (37 MB e 125 MB rispettivamente) con testo e immagini, e le anteprime delle pagine erano già tutte caricate. Saltare da pagina 20 a pagina 150 è stato istantaneo, senza intervalli, senza attese per ridisegnare le anteprime. Una piacevole impressione di leggerezza, più che benvenuta quando si sta facendo passare un libro elettronico o un cospicuo saggio scientifico lunghi centinaia di pagine.

Non male.

La raccolta degli spaghetti

Mele e appunti

Buffo pesce d’aprile della serissima BBC. Un finto documentario sulla “raccolta degli spaghetti” dalle esotiche piante di una famiglia del Ticino, Svizzera, che aspetta con ansia l’arrivo della bella stagione per raccogliere gli spaghetti migliori e lasciarli seccare al sole. Alla pagina indicata si può trovare il filmato in formato RealPlayer. Peccato sia piccolissimo.

Ah, lo scherzo è del 1957.

Cosa non mi piace di... (Parte 2)

Mele e appunti

Ancora iTunes

Quando ho letto che fra le migliorie introdotte con la versione 7.1 vi sarebbero state nuove opzioni per l’ordinamento della libreria di iTunes, ho pensato: Speriamo che abbiano finalmente trovato il sistema per tenere ordinate colonne sonore e album di remix (dove può esserci un Autore della compilation e gli autori dei singoli brani). Invece niente, e nella mia libreria, abitualmente ordinata per Autore, questo genere di dischi appare frammentato: due brani qui, tre brani più oltre, eccetera. Dedicherò un post al problema, in cui cercherò di spiegarmi meglio e in maniera più dettagliata.

Ancora Adobe

Da quando Bruce Chizen è alle redini di Adobe, il mio indice di gradimento è andato abbassandosi drasticamente. Per quanto riguarda il prezzo della Creative Suite 3, il CEO ha dichiarato:

I prezzi della CS3 possono sembrare elevati se paragonati con altri software confezionati. Ma chi compra i prodotti Adobe – nella fattispecie artisti della grafica e del video che hanno come clienti aziende senza problemi di spese – spende il proprio denaro in maniera più liberale rispetto alla media dei consumatori di software.

I nostri clienti, in genere, non hanno problemi di prezzo: il costo degli strumenti non è per loro la cosa più essenziale. A loro importa invece la produttività e ciò che può essere il risultato ottenuto con tali strumenti. Non hanno problemi a pagare per il valore dello strumento, purché possiamo fornire funzionalità innovative che permettano loro di essere più produttivi e più creativi.

Come dice giustamente John Gruber, tradotto in parole povere tutto questo significa: “Siamo ormai un monopolio nel settore e possiamo fissare il prezzo che vogliamo sui nostri prodotti”. Microsoft docet, eh?

Twitter

Non so perché, ma molti dei blog e dei siti che frequento di solito e che fanno parte dei feed RSS che leggo quotidianamente, fanno un gran parlare di questo “fenomeno” Twitter. In soldoni si tratta di un sito dove gli iscritti postano un breve messaggio dicendo ciò che stanno facendo in quel momento. A me sembra una minchiata colossale.