Non so se vi sia capitato nella vostra esperienza Mac: uno degli autori che seguite e del cui giudizio vi fidate scrive una recensione trionfante di un certo software. Ne parla in modo sicuro e convincente, e da lì il passo è breve: seguite il link, lo scaricate anche voi, lo provate e il primo approccio è…
Boh.
Fate qualche ricerca in Google e scoprite che altri autori/siti che leggete spesso e volentieri e del cui giudizio vi fidate ne hanno già parlato in termini entusiastici. In certi casi scoprite persino comunità di appassionati di quel software, i quali spesso danno suggerimenti utili, spiegano i modi in cui loro sfruttano al massimo le funzionalità del programma, alcuni si spingono ad affermare che il tal software ha cambiato, radicalmente e in meglio, la loro maniera di organizzarsi, eccetera eccetera. E sulla vostra faccia rimane quell’espressione un po’ così…
Boh.
Vi fate un breve esame di coscienza, mentre cercate per l’ennesima volta di muovere i primi passi con questo software tanto fantastico, e vi dite: “Sono una persona intelligente e non ho mai avuto problemi a usare applicazioni Mac; ne ho provate a centinaia, ad alcune mi ci sono affezionato, altre le ho scartate perché semplicemente non mi servivano. Questa sento che potrebbe servirmi, ma davvero non riesco a capire quel che non va”. In altre parole, vi rendete conto che il software in questione è ben fatto, che molti lo usano con successo, che ha un potenziale tremendo, e che pure vi potrebbe essere utile… ma non riuscite a familiarizzare con esso, e qualcosa non ‘scatta’.
A me finora è successo con un paio di applicazioni e voglio brevemente condividere le mie perplessità.
Il caso più eclatante è Quicksilver. È un po’ che è in giro, io la conosco dai tempi di Mac OS X 10.3 Panther e immagino che la maggior parte di chi mi legge ne abbia almeno sentito parlare di striscio. In breve, Quicksilver è in superficie un cosiddetto launcher, ossia un programma che serve ad accedere e lanciare altri programmi; il Dock di Mac OS X è anche un launcher, Spotlight può fungere da launcher (si inizia a scrivere il nome dell’applicazione da avviare e quando essa compare fra i risultati, selezionandola e battendo Invio la si lancia), poi esistono programmi specializzati proprio in questo, come LaunchBar.
Come viene spiegato nella pagina a cui ho rimandato nel link, Quicksilver non è soltanto un launcher: può servire per effettuare ricerche (il metodo è analogo a Spotlight: si inizia a battere la stringa di ricerca e Quicksilver inizia a mostrare un elenco di risultati), ma soprattutto Quicksilver è una piattaforma su cui montare a piacere tutta una serie di sofisticate funzionalità grazie al supporto di plug-in; questo in aggiunta a quelle che già offre di suo. A ogni elemento trovato e indicizzato da Quicksilver si associa una gamma di azioni. La raffinatezza della gestione degli elementi permette per esempio di spostare file, aprire certi file con un’applicazione specifica, persino inviare un’email con allegati a un contatto, il tutto con pochi gesti, all’interno di un’interfaccia minima (la potete vedere nella pagina a cui ho rimandato) e senza nemmeno usare il mouse, visto che la stragrande maggioranza dei movimenti in Quicksilver vengono fatti con la tastiera.
Suona molto appetibile, vero? Ci sono molti utenti che hanno eliminato il Dock e persino Spotlight per fare tutto (e a detta loro, meglio) con Quicksilver. Quando ho trovato Quicksilver mi ha subito affascinato e ho voluto provarlo. Niente da fare. Dopo qualche tentativo, i problemi che ho individuato (ma sono rilevazioni totalmente soggettive e senza pretesa di universalità) sono in sostanza legati all’usabilità di Quicksilver. Quicksilver ha un raggio di azione potenzialmente amplissimo, e ciò per me diventa alla lunga un inconveniente, più che un vantaggio; bisogna tener traccia di un’infinità di plug-in affinché Quicksilver ‘agganci’ e implementi un certo servizio o cerchi elementi all’interno del database di una certa applicazione. L’interfaccia utente, pur bella, la trovo vagamente ostile a un primo approccio: si comincia a cercare qualcosa, poi si premono i tasti direzionali e appaiono altre icone e altri elementi — è quando Quicksilver cerca di contestualizzare e fornire azioni compatibili con l’elemento trovato. Più volte mi sono ritrovato, dopo la comparsa di due o tre pannelli, senza sapere che fare o uscendo e rientrando in Quicksilver perché non aveva trovato quel che cercavo.
Non so se nelle ultime versioni funziona ancora così, ma un aspetto particolarmente frustrante per me è sempre stato il sistema stesso di search as you type, cioè le ricerche iniziano mentre si digita. In Spotlight si inizia a scrivere qualcosa e i risultati compaiono sotto e si aggiornano in tempo reale a seconda di come prosegue la digitazione. Se faccio una breve pausa mentre digito non succede nulla: Spotlight si ferma e attende ordini, e quando riprendo a digitare lui riprende a cercare sempre basandosi sulla stringa che sto scrivendo. Quicksilver no. Se scrivo quattro lettere di una parola, mi fermo, e riprendo, Quicksilver inizia un’altra ricerca. Esempio: in Spotlight inizio a scrivere casa e lui mi mostra file, messaggi email, immagini e quant’altro contenga ‘casa’. Se faccio una breve pausa e poi riprendo a scrivere linghi, Spotlight aggiorna i risultati per mostrarmi tutto quel che ha trovato con la parola ‘casalinghi’. Quicksilver invece interpreta ‘linghi’ come seconda ricerca a sé stante, e ovviamente non trova nulla; al che mi tocca ricominciare immettendo la parola ‘casalinghi’ il più velocemente possibile affinché venga interpretata come parola unica. Per non parlare del fatto che se in Quicksilver scrivo, per esempio, tre, lui mi mostra fra i risultati anche elementi che contengono le lettere T, R, E in forma non consecutiva. Il che, per me, è inutile nella quasi totalità dei casi.
Poi vedo esempi di altri per i quali Quicksilver è diventato elemento indispensabile per il flusso di lavoro e mi dico che forse sono io ad aver sbagliato l’approccio. Il fatto è che a mio parere un’applicazione di questa fatta deve partire semplice e poi complicarsi nella misura in cui vuole l’utente. Quicksilver mi ha dato l’impressione opposta, ovvero che l’applicazione diventa semplice superata la barriera di ingresso e la curva di apprendimento. Posso sbagliarmi, naturalmente, ma una piccola conferma mi viene dal genere di commenti degli entusiasti di Quicksilver, commenti quali “Una volta che impari a padroneggiare Quicksilver è un’altra vita”, “Una volta che impari a sfruttare al meglio le sue potenzialità, con Quicksilver effettui operazioni complesse battendo quattro tasti”.
Con Quicksilver ho ripetuto più volte il ciclo ‘installa/butta via’, scontrandomi sempre con il tipo di frustrazione legato all’usabilità dell’interfaccia che ho menzionato sopra. Potrei tranquillamente lasciar perdere e classificarlo come ‘programma che non fa per me’ e metterci una croce sopra. Ma in questo periodo sono alla ricerca di soluzioni per migliorare la mia produttività e fare ordine nelle mie cose sul Mac (l’ispirazione mi è venuta sia da un bisogno personale, sia dalla lettura dell’ottimo Minimal Mac), e ho pensato di dare a Quicksilver una seconda possibilità. Forse mi serve solo un po’ più di tempo e pazienza. Sarebbe davvero bello conoscere l’opinione di chi lo usa con profitto, magari può offrire altri consigli preziosi.
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L’altra applicazione è Yojimbo (e, in genere, tutte le applicazioni della sua categoria, ossia gli ‘organizzatori di contenuti’). Sono tornato a considerare questo programma dopo l’ottima recensione di Shawn Blanc e dopo aver constatato le migliorie apportate alla versione 2.0 da poco rilasciata da Bare Bones Software. Io provai testardamente a usare la versione precedente, ma anche in quel caso non riuscivo a capire perché quell’interruttore non scattava; l’interruttore che ti fa dire: “Ah, questo programma calza come un guanto, e mi è comodissimo e naturale servirmene”.
Blanc coglie nel segno quando scrive:
Per anni ho cercato di utilizzare Yojimbo, ma era un’esperienza frustrante perché lo trattavo come un sostituto del Finder. In più di un’occasione ho provato a sostituire il mio ottimo e collaudato sistema per archiviare le cose più varie con quest’unico software — cercando di salvare e importare quasi tutto in Yojimbo. È un pessimo sistema, ed è per questo che ho sempre finito con l’abbandonare l’applicazione.
Yojimbo non è un ‘everything bucket’ [ossia un contenitore che deve comprendere tutto per forza]. Una descrizione più appropriata credo sia ‘anything bucket’ [ovvero un contenitore che può accettare e conservare gli elementi più vari]. [Nota: è molto difficile rendere in traduzione questi due concetti, che in apparenza sembrano identici].
Perché applicazioni come Yojimbo non sono applicazioni in cui si debba conservare ogni cosa; semmai sono programmi ai quali si possono dare in pasto le informazioni più varie. Non sono sostituti del Finder, né l’opposto. Occorre utilizzare entrambi.
Esattamente l’errore che facevo io. Cercavo di usare Yojimbo come un Finder più sveglio, ma data la grande quantità di dati che ho sparsi per il mio disco rigido principale, l’importazione di tutto all’interno di Yojimbo stava diventando un’operazione titanica, operazione che ho cominciato a trascurare, e di conseguenza mi sono ritrovato con qualcosa di molto meno utile e di molto meno versatile per le mani.
Se avete esempi di altre applicazioni che avete riscoperto dopo essere partiti con il piede sbagliato, date il vostro contributo, sempre ben accetto, nei commenti. Sono argomenti che stimolano la curiosità.
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