È da molto che seguo l’ottima Mandy Brown e il suo A Working Library. Una delle cose che più mi piacciono sono i suoi appunti, le sue note a margine mentre sta leggendo un libro particolarmente interessante. È il caso, per esempio, di una delle sue letture attuali: You Are Not a Gadget di Jaron Lanier (link Amazon). Nella sezione che Brown dedica al libro, ecco il breve sommario, che già da solo ha suscitato il mio interesse:
Il manifesto di Lanier incentra l’attenzione sui tanti modi in cui il comportamento umano viene meccanizzato dalla tecnologia. Un argomento risalta sugli altri: che Internet così com’è oggi non è un qualcosa di biologicamente determinato, ma il risultato di una serie di decisioni prese in un recente passato. Non dobbiamo accettarla per come è: è nel nostro potere renderla uno strumento migliore.
Vorrei davvero avere tempo di acquistare questo libro e di condividere le mie riflessioni a riguardo, e probabilmente in futuro ci ritornerò sopra. Nel frattempo mi limito a tradurre gli estratti che ha segnalato Mandy Brown, traducendo anche le sue osservazioni; già questo mi sembra buon cibo per dare il via a una discussione.
[Prima di proseguire, una convenzione grafica: dato che riporterò le parole di due autori diversi — Mandy Brown che a sua volta cita Jaron Lanier — metterò in corsivo non indentato le parole di Mandy Brown, e userò il codice HTML della citazione per riportare il pensiero di Jaron Lanier. Così dovrebbe essere sufficiente per distinguere le varie voci.]
Sulla paternità di un’opera, sulla specificità della figura dell’autore
Quarant’anni dopo la Morte dell’Autore di Barthes, Jaron Lanier fa notare che un altro tipo di morte potrebbe incombere su di noi:
L’approccio alla cultura digitale che più aborro potrebbe benissimo trasformare tutti i libri del mondo in un unico libro. … Google e altre aziende stanno scansionando e rendendo disponibili nella ‘nuvola’ i libri delle biblioteche, in un enorme progetto Manhattan di digitalizzazione culturale. Quel che accadrà dopo è cruciale. Se i libri nella ‘nuvola’ verranno consultati attraverso interfacce utente che incoraggiano la mescolanza di frammenti (mashup) che oscurano il contesto e la paternità di ogni frammento, il risultato finale sarà un solo unico libro. È quanto già accade oggi con molti contenuti; spesso non si sa da dove viene un frammento citato in una notizia di cronaca, né chi ha scritto il commento o chi ha girato un filmato. Una continuazione di questa attuale tendenza ci porterà a vivere come nei vari imperi medievali, o come nella Corea del Nord; società con un unico libro.
(Lanier, pag. 46)
Peraltro, un’autrice e il suo editore hanno recentemente difeso il sistema dei mashup, della mescolanza di frammenti, dicendo che è ciò che i ragazzi fanno oggi, non rendendosi conto, apparentemente, di come una tale affermazione renda automaticamente obsoleti sia gli autori che gli editori.
La tecnologia eterea, digitale, che sostituisce la macchina da stampa, sembra essere entrata in voga in un’epoca in cui la sfortunata ideologia che sto criticando domina la cultura tecnologica. La paternità di un’opera — la quintessenza del punto di vista individuale — non è una priorità della nuova tecnologia.
(Lanier, pag. 47)
È proprio quel punto di vista individuale che ha importanza; la Wikipedia impone una sola voce per tutti gli argomenti, come se potesse esistere una prospettiva generale unica, accettata e prodotta dal crowdsourcing. Il problema è che una volta che si raggiunge il cosiddetto ‘punto di vista dell’occhio di Dio’, si perde la capacità di interrogarlo; si perde la percezione del nostro essere, della nostra identità.
Sull’amicizia
Ciò che l’analisi computerizzata degli esami scolastici di tutte le scuole del paese ha compiuto ai danni dell’educazione è esattamente quel che Facebook sta facendo ai danni delle amicizie. In entrambi i casi, la vita viene ridotta a un database. Entrambe queste degradazioni si basano sullo stesso errore filosofico, ovvero il credere che i computer possano attualmente rappresentare il pensiero o le relazioni umane. Queste sono cose che i computer, al momento, non possono fare.
(Lanier, pag. 69)
Dirò di più: queste sono cose che i computer non dovrebbero fare mai. La tecnologia dovrebbe migliorare le nostre vite, non sostituirsi a esse.
Un solo vero libro
Sul perché possiamo fare a meno della Wikipedia:
A mio avviso, se la Wikipedia sparisse, sarebbe comunque possibile risalire alle informazioni che raccoglie, ma in forme maggiormente contestualizzate, con maggiore visibilità per i singoli autori, e con un maggiore senso di stile e presenza.
(Lanier, pag. 143)
Ma non è un discorso applicabile anche all’omonimo della Wikipedia, l’enciclopedia? C’è un motivo per cui una volta che si arriva alla scuola superiore non è più permesso citare l’enciclopedia: è una risorsa di qualità inferiore. Sarebbe pericoloso dimenticarsi di questo concetto.
Che lo facciano con cordialità o meno, i tipi della Wikipedia agiscono sempre seguendo il principio per cui la collettività si avvicina maggiormente alla verità e che si possa fare a meno della voce del singolo individuo.
(Lanier, pag. 144)
In altri punti del libro, Lanier definisce questo atteggiamento la ‘filosofia del libro unico’, ossia l’idea che tutto il sapere umano si possa raccogliere in un solo vero libro. Cosa che, naturalmente, porta a non avere più libri né verità.
* * * * *
È possibile reagire con stupore e incredulità di fronte agli estratti del libro di Lanier; è facile pensare che sia un esagerato e magari un catastrofista. Da osservatore critico del fenomeno del social networking posso dire di aver notato un’allarmante mentalità da gregge da parte di molta utenza, alla quale basta mettere a disposizione servizi gratuiti e un minimo ben fatti (nel senso che annullano ogni possibile sforzo da parte dell’utente) per vedere come tali servizi vengano adottati in massa in maniera quasi acritica.
La crescita di Google, in potenza e in diffusione negli ambiti più diversi, vista nella prospettiva del pensiero di Lanier, è per me particolarmente allarmante, e potrebbe produrre trasformazioni culturali di un impatto tanto grande quanto discutibile (se non lo sta già facendo).
4 Comments