Ieri ho aperto un account in Twitter. Una voce dentro di me diceva: “Ma come, non avevi fatto voto di rifiuto per questa sciocchezza che è Twitter?”. Vero, ma spesso fare voti è stupido, come spesso è stupido ostinarsi nella propria rigidità nel momento in cui le cose intorno cambiano. Non sono arrivato a cedere alle sirene di Twitter dopo lunghi dibattimenti. Semplicemente ho notato che poteva essermi utile nell’immediato futuro. In aprile starò via da casa per un paio di settimane. Sarò fuori dalla Spagna e non avrò un accesso continuato e a poco prezzo a Internet. Volendo tenere aggiornata Carmen, ho pensato che sì, c’è il telefono, ci sono gli SMS, ma quando lei lavora non può tenere il cellulare acceso. Ma avendo un computer davanti agli occhi per otto ore, magari le può far piacere sapere pressoché in diretta come vanno le cose. In questo modo, se io ho la possibilità di raggiungere un Internet Café in un orario in cui lei non potrebbe leggere un mio SMS, potrei pubblicare un messaggio in rete, magari diretto proprio a lei se si tratta di qualcosa di personale.
Di qui a Twitter il passo è stato breve. La prima cosa che ho notato, dopo aver aggiunto una trentina di individui che stimo e che mi farebbe piacere seguire, è questa: Twitter può essere una sciocchezza o uno strumento intelligente, dipende da chi lo utilizza e da come lo utilizza. Se uno è brillante, troverà per Twitter degli impieghi brillanti. Parafrasando Shakespeare: La colpa, mio caro Bruto, non è negli oggetti che usiamo, ma in noi stessi.
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