Lentamente ma inesorabilmente
Tutto è cominciato con due dita, in maniera innocua, sei anni fa circa. Non ricordo esattamente se la funzione fu implementata in una delle ultime minor release di Mac OS X 10.4 Tiger, o se si trattava di una novità di 10.5 Leopard. Quel che importa è che un bel giorno gli utenti Mac in possesso degli ultimi PowerBook G4 di alluminio o dei primi MacBook Pro potevano effettuare lo scorrimento verticale delle pagine passando due dita sul trackpad. Una sciocchezzuola, nulla di apparentemente trascendentale, ma la semplicità, la comodità e la naturalezza di quel gesto erano evidenti sin da subito.
In un articolo che John Gruber scrisse per Macworld l’anno scorso, viene spiegato in poche righe e in maniera illuminante qual è l’approccio di Apple nel costruire le proprie piattaforme:
[Gli ingegneri Apple] prendono qualcosa di piccolo, semplice, e meticolosamente ponderato. Poi cominciano a eliminarne funzioni e caratteristiche, senza pietà, per poterne ricavare il prodotto essenziale minimo assoluto da cui poter partire. Poi le funzioni che hanno deciso di lasciare vengono rifinite e perfezionate il più possibile. A un evento preannunciato ai media, Apple rivela quel prodotto essenziale come il suo Prossimo Grande Successo e spiega (anzi, si limita a illustrare) come questo prodotto sia ben disegnato e meticolosamente ponderato. Il prodotto viene messo in vendita.
Poi tutti tornano a Cupertino e si mettono in marcia e creano un effetto valanga: iniziano con alcune piccole palle di neve e le fanno rotolare nella neve finché acquistano massa e si trasformano in un uomo di neve. Ecco come Apple realizza le sue piattaforme. Fuor di metafora, è un processo lento ma inesorabile di continue iterazioni migliorative; è un processo così lento che è facile ignorare se lo si osserva in tempo reale. Solo col senno di poi diventa ovvio quanto sia straordinario lo sviluppo di una piattaforma da parte di Apple.
Queste parole spiegano benissimo come funziona Apple in generale. È un processo che si può osservare in qualsiasi ambito: nell’evoluzione dell’hardware (Mac, iPod, iPhone, iPad) e del software. E Apple sta facendo lo stesso anche nello sviluppo della gestualità nell’interfaccia utente.
Come dicevo, è cominciato in modo semplice: due dita sul trackpad per scorrere i contenuti verticalmente. Poi spunta il Mighty Mouse: pulsanti programmabili, fine dell’idea dell’unico tasto, ma soprattutto l’idea della sferetta al posto della rotellina. Il concetto è interessante, ed è un passo avanti nel cammino gestuale: con la sferetta è possibile scorrere un elemento (testo in una pagina, immagine, oggetto grafico) a 360 gradi, non solo verticalmente.
Poi esce iPhone. Qual è la novità sostanziale? L’interfaccia multi-touch. I gesti. Anche qui: pochi, semplici, ma ben collaudati e infatti comodi e naturali. Ormai sembra ovvio, per la nostra memoria muscolare, il pizzicare con due dita per ingrandire, l’effettuare il gesto al contrario per rimpicciolire.
Tappa successiva: con l’avvento dei MacBook Pro unibody, il trackpad viene rivoluzionato: più grande, senza tasto perché in pratica è tutto un tasto, e soprattutto aumentano le gestualità supportate: clic, clic secondario, scorrimento, più i gesti a cui iPhone ci ha ormai abituato.
A quel punto non può non venire il sospetto che Apple voglia farci imparare qualcosa in maniera quasi subliminale. A cosa ci sta preparando?
Poi arrivano Magic Mouse e Magic Trackpad, altre superfici su cui effettuare gesti. E non dimentichiamoci di iPad, ovviamente, che amplifica la gestualità di iPhone sul suo schermo piacevolmente grande.
E adesso Mac OS X 10.7 Lion. Come spiegato da Jobs all’evento Back to the Mac dello scorso ottobre, uno degli obiettivi per il nuovo sistema operativo è perfezionare Mac OS X integrando le soluzioni migliori di iOS. L’interfaccia grafica contiene tutta una serie di elementi e metafore presi da iOS; il concetto delle applicazioni a tutto schermo, il non dover più salvare modifiche manualmente, il poter rientrare nel sistema e trovare tutto com’era prima (Riprendi), il Launchpad, che visualizza sul Mac le applicazioni installate in un’interfaccia praticamente identica a iPhone e iPad…
È da quando esiste iPhone che in molti ipotizzano un futuro iMac con un grande schermo multi-touch, e che faremo tutti come Tom Cruise in Minority Report, sbracciandoci per interagire col Mac. L’idea è attraente e bella da vedersi. Nella pratica sarebbe un incubo e ci stancheremmo di usare il computer dopo pochi minuti. Anche Jobs lo ha detto: la gestualità è vincente su una superficie orizzontale.
Tuttavia, osservando la direzione di Lion, guardando quelle idee di interfaccia grafica che mescolano Mac OS X e iOS, tenendo presente un brevetto che Apple ha recentemente registrato in cui si può vedere un computer da scrivania simile a un iMac, ma con lo schermo che può essere fatto scivolare verso l’utente fino ad assumere un’angolazione quasi orizzontale, quindi a portata di mano, io sto cominciando a guardare oltre e a pensare che ci stiamo incamminando verso un’interfaccia ibrida, che potrà essere utilizzata sia nella maniera tradizionale (per effettuare tutti quei compiti che sarebbe stancante e poco pratico svolgere toccando lo schermo e usando le dita), sia come un gigantesco iPad, per tutte quelle attività in cui è senza dubbio piacevole manipolare direttamente gli oggetti: disegno, pittura, lettura, gioco, ecc.
Una fase cruciale
Intanto però ci troviamo in una fase transitoria. Da una parte abbiamo l’interfaccia multi-touch di iOS, fortemente intuitiva perché basata sul diretto contatto fra dispositivo di input (dito) ed elementi sullo schermo. Dall’altra l’interfaccia di Lion, che, almeno osservando le impostazioni predefinite e l’insistenza sull’interazione con il trackpad, vuole imitare il più possibile iOS. Ci sta riuscendo? È troppo presto per dirlo, ma mi sento di fare ugualmente un’osservazione: è vero che su un Mac è preferibile avere una superficie orizzontale per poter interagire con il sistema in maniera più efficace che non stando in piedi smanacciando su un monitor posto verticalmente di fronte a noi, ma non si può pretendere che le gestualità di cui Lion è stato dotato possano garantire la stessa immediatezza delle gestualità dell’interfaccia di iOS, per il semplice motivo che un Mac non ha uno schermo multi-touch e che in un Mac non c’è diretto contatto fra dispositivo di input (mouse, trackpad) e gli elementi a video.
In altre parole: ciò che può risultare istintivo interagendo con un iPhone o iPad può non esserlo affatto quando si utilizza un Mac portatile o, peggio, da scrivania. Quando vado in Preferenze di Sistema > Trackpad e osservo la varietà di gesti a disposizione (e parlo di Snow Leopard; in Lion a maggior ragione), mi accorgo che ben pochi di quei gesti mi vengono spontanei. Il passare due dita in verticale per scorrere i contenuti di una pagina è un movimento che ho trovato praticamente istintivo sin dal primo giorno. Un altro gesto che trovo abbastanza comodo è la ‘spazzata’ verso l’alto con quattro dita per spostare tutte le finestre e accedere alla scrivania. Molti degli altri gesti mi sembrano un po’ delle forzature, e soprattutto mi sembra che il carico cognitivo a cui sottopongono l’utente sia eccessivo per il risultato ottenuto. Ovvero: a che scopo far apprendere all’utente un gesto per compiere un’azione che normalmente viene effettuata con maggiore rapidità premendo un tasto funzione o semplicemente facendo clic su un’icona con il mouse? E ancora: che senso ha scompigliare la memoria muscolare di migliaia di utenti invertendo in Lion la direzione dello scorrimento per adeguarla a iOS quando ha perfettamente senso che i metodi di scorrimento seguano il tipo di interfaccia (immediata / mediata)? Non c’è uno scorrimento ‘giusto’ e uno ‘sbagliato’. Su Mac, usando il mouse o il trackpad, viene spontaneo scorrere seguendo le barre di scorrimento. Su iOS viene spontaneo ‘afferrare’ i contenuti e farli scorrere nella direzione in cui vogliamo. A che scopo forzare una coincidenza fra i due metodi? Sarebbe come mettere un volante e un freno a pedale su una bicicletta al posto del manubrio. Chi guida un’auto e sa anche andare in bicicletta è in grado di condurre questi due veicoli adattandosi di volta in volta alle loro interfacce e compiendo gesti molto differenti per ottenere le stesse cose (accelerare, frenare, sterzare, ecc.) e a nessuno sembra anormale che esista questa differenza.
Per questo molte delle scelte gestuali implementate in Lion mi lasciano ancora un po’ perplesso. È chiaro che Apple non compie mosse del genere senza un motivo, e forse ha in mente qualcosa di più radicale per quell’interfaccia ibrida di cui parlavo nella sezione precedente. Forse vuole che la sovrapposizione fra le interfacce di iOS e Mac OS X aumenti progressivamente fino a coincidere del tutto. Quel che è chiaro è che siamo arrivati a una svolta, e che questa potrebbe essere una fase preparatoria in vista di qualche nuovo prodotto rivoluzionario. Nel frattempo io continuo a utilizzare il Mac nella maniera per me più produttiva, con le scorciatoie da tastiera che ormai ho nelle mani, optando per il gesto sul trackpad quando (e se) ne vale la pena.
(Nota: Questo articolo è originariamente apparso sul numero 83 di iCreate nella mia rubrica ‘Appunti’. L’ho esteso, aggiungendo le riflessioni della seconda parte, dopo l’uscita di Mac OS X Lion per ripubblicarlo qui.)
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