Una settimana fa ho deciso di chiudere ufficialmente i commenti su questo sito. Non la considero una decisione facile, né impulsiva. È una questione che ho ponderato per diverso tempo, visto che ho sempre apprezzato e incoraggiato il riscontro, il commento, la discussione. E le critiche, purché costruttive e intelligenti.
Quando stavo ultimando i lavori prima dell’inaugurazione di questo sito tre mesi fa, mi sono trovato di fronte al dilemma: abilitare i commenti, oppure no? L’esperienza precedente, dalla prima incarnazione di Autoritratto con mele fino a The Quillink Observer, mi aveva lasciato un po’ di amaro in bocca, e onestamente non ero molto propenso all’apertura dei commenti. (Probabilmente chi mi segue da qualche anno potrà sorprendersi di questa posizione: è comprensibile per chi osserva da fuori e non si rende conto del lavoro di scrematura che tocca fare dietro le quinte).
Però poi ho pensato ai pochi che hanno dimostrato che un dibattito fatto di interventi pertinenti, intelligenti e informati è possibile, e allora ho deciso di abilitare i commenti, persino destinando loro uno spazio apposito nella pagina principale del sito, come a dire che hanno valore e significato.
Il lato oscuro
Chiunque abbia un blog minimamente seguito, o sia un veterano della rete che si è fatto le ossa su BBS e Usenet, saprà bene che esiste un lato oscuro dei commenti. È l’habitat caratteristico di spammer, troll e idioti. Basta dare a certe persone uno spazio in cui scrivere liberamente, protette da un minimo strato di anonimato, ed è praticamente garantito che si comporteranno in maniera discutibile. Alcuni lo fanno tanto per farlo, per togliersi la soddisfazione, per congratularsi con se stessi e gioire di un non ben identificato senso di ‘anticonformismo’, come chi rovina i muri di un edificio con graffiti senza senso che non si avvicinano nemmeno all’idea di ‘espressione artistica’. Questa è gente solitamente fastidiosa ma tutto sommato innocua, di una spanna appena sopra il livello dello spam automatizzato. Poi vi sono commentatori malevoli, che attaccano l’autore o l’articolo (più spesso l’autore, senza nemmeno conoscerlo), e lo fanno in un modo che impedisce qualsiasi scambio costruttivo di vedute e opinioni.
Poi esiste una categoria che io chiamo i ‘giocatori di scacchi’. Quelli a cui piace mettersi a giocare con l’autore del blog. Il loro livello di malizia è superiore, perché si tratta di persone più intelligenti e più fredde. Iniziano a provocarti apparentemente per farti dispetto, mentre in realtà ti stanno mettendo alla prova. Vogliono vedere se sei un avversario valido. Non puoi instaurare un discorso con loro privatamente perché non lasciano un indirizzo email valido nel modulo dei commenti. Hai solo il loro indirizzo IP. A volte cercano di confondere le acque o di aggirare la moderazione scrivendo da un altro indirizzo IP. A volte lasciano commenti apertamente adulatori pensando che in tal modo saranno approvati. Eccetera. Certi si comportano così per il puro gusto del gioco, un gioco che ha senso soltanto nella loro testa. Altri sembra ce l’abbiano con me personalmente per qualche misterioso motivo, e questo gioco è la loro bizzarra e contorta maniera di vendicarsi (che poi, insomma, farebbero meno fatica a scrivermi direttamente e a spiegarmi qual è il loro problema con me).
“E qui comando io, e questa è casa mia…”
…così faceva quella vecchia canzone. Qui sta il punto: questa è casa mia, sul Web, e non si accettano giochi e regole altrui. Queste persone abusano degli strumenti che io ho messo a disposizione di tutti. Da quando ho iniziato a scrivere regolarmente online, l’unica cosa che ho chiesto agli altri è rispetto. È da un po’ che condivido le mie idee su tecnologia e design, e ho dato ai lettori un sistema rapido per pubblicare il loro contributo, il loro feedback, la loro opinione. Alcuni lo hanno fatto con intelligenza, e li ringrazio sentitamente. Altri si sono comportati stupidamente, in modo malevolo, senza rispettare me o il mio lavoro. Sono teppisti digitali. Gente a cui piace devastare i luoghi pubblici e lasciare il proprio segno sui muri.
No, non hanno vinto loro
Potreste pensare che la decisione di chiudere i commenti sul sito sia un’ammissione di sconfitta da parte mia. Potreste pensare che, forzandomi la mano, abbiano vinto i troll, i teppisti e gli idioti di cui sopra. Non hanno vinto, ma sono liberi di pensarlo, se vogliono. In realtà ho sempre avuto una relazione conflittuale con i commenti. Quando Marco Arment lo scorso anno scrisse ciò che pensava dei commenti in questo post, tale relazione si è fatta ancor più conflittuale, perché da un lato sono assolutamente d’accordo con lui, dall’altra ho ancora (un po’ di) fede nelle persone (alcune). Arment scriveva:
Non vedo la mia scrittura come uno sforzo collaborativo, e non vedo il mio sito come una comunità in cui ho bisogno di convalidare una discussione interna attraverso i commenti.
Mi trovo inoltre in disaccordo con l’idea largamente diffusa per cui i commenti sono “discussione”, o che formano una “comunità”. Discussioni e comunità richiedono meccanismi come l’ascolto e il seguito [ovvero il proseguire in una discussione, evitando il classico ‘tocca e fuggi’] che raramente si vedono nei commenti. […]
Un articolo è una forma di comunicazione uno-a-molti. I commenti sono l’opposto: una risposta molti-a-uno. […] Se i commenti funzionano come risposta molti-a-uno, il valore nel mostrarli al mondo è minimo, perché il mondo nella maggior parte dei casi non li leggerà. Ma l’atto di mostrarli al mondo — il vostro mondo, non quello dei commentatori — crea un ambiente in cui i commentatori sono incentivati a comportarsi negativamente.
Esiste già un mezzo di comunicazione molti-a-uno che evita tutto questo: l’email. Ecco, questo è il sistema di feedback che permetto sul mio sito. Chiunque può scrivermi, e lo leggerò.
Coloro che vogliono veramente iniziare una discussione di solito hanno un proprio blog, così possono scrivere tutti i commenti che vogliono al loro pubblico. […]
Dato che questo sito mi rappresenta, e che poco a poco mi sono guadagnato un pubblico di persone che generosamente mi consentono di rubare una piccola parte della loro attenzione ogni giorno, non credo che il volerne controllare il contenuto in modo rigoroso sia poi così ingiusto.
(Questi sono gli estratti per me più significativi, ma leggete tutto il post di Arment se ve la cavate con l’inglese).
Quando Arment scriveva quelle parole, io stavo ancora pubblicando le mie cose da una piattaforma libera e gratuita. Adesso che ho pagato la registrazione di questo dominio e i servizi di hosting del sito, adesso che ho un’identità online riconoscibile, credo sia venuto il momento di far compiere a commenti e riscontri il passo successivo.
Il passo successivo è facilissimo
Volete scrivermi un commento, farmi sapere la vostra opinione su uno dei miei articoli? Scrivetemi un’email. Se davvero non potete fare a meno di condividere il vostro pensiero, sono sicuro che non sarà un problema fare un piccolo sforzo in più, aprire il client di posta elettronica, e comporre un messaggio. Se volete aprire voi il dibattito pubblicamente, siete liberi di farlo sul vostro blog. Createne uno se non l’avete. Mettetevi per un momento dalla parte di chi riceve le reazioni altrui. Ho letto diversi scambi di vedute su vari blog in cui gli autori si citavano a vicenda, a volte creando un dibattito sano e pacato evitando commenti gratuiti e inutilmente provocatori.
Sono un po’ stanco di dover sostenere tutto il peso da solo. Ci vuole tempo a cercare informazioni per un articolo, ci vuole tempo per scrivere materialmente un articolo, e ci vuole tempo per separare il grano dal loglio nel sistema di moderazione dietro le quinte. Non ci si mette niente a scrivere insulti e stupidaggini nella casella del commento. È ora che si faccia uno sforzo anche dall’altra parte.