Una situazione classica: un collega di mia moglie vuole acquistare un tablet per un’altra persona, ancor meno ‘tecnologica’ di lui. Il collega valuta l’ipotesi iPad e ne parla con mia moglie, forse sapendo che io maneggio dispositivi Apple. Carmen ne parla con me e io le dico di essere disposto a dare al suo collega qualche informazione in più se ne ha bisogno. E il discorso in quel momento finisce lì.
Oggi stavamo chiacchierando e il discorso è tornato all’iPad. Carmen mi dice, Ah, sembra che il mio collega non sia più interessato. Gli ho chiesto se poi lo avesse preso, però mi ha risposto “Mah, con Apple le cose non sono mai semplici… Ci si può ascoltare solo la musica che si compra su iTunes e leggere i libri che si comprano da Apple… Lasciamo perdere”.
Osserviamo un minuto di silenzio e lasciamo sedimentare queste parole.
Ne avesse azzeccata una.
Questa manifestazione di ignoranza è la punta di un iceberg che è troppo grosso da sviscerare in questa sede, dato che ne verrebbe fuori un librettino intero. Mi limiterò a qualche osservazione.
1. Te l’hanno detto o hai toccato con mano? — Questa era una delle frasi preferite di un mio professore di liceo, che ripeteva alla classe per spingerci a sviluppare il pensiero critico. Come primo passo alla propedeutica dell’informazione tecnologica in rete, direi che è perfetto. Oggi siamo circondati da informazioni, reperirle è davvero una sciocchezza, e sotto questo punto di vista siamo molto fortunati rispetto alle generazioni che ci hanno preceduto. Ma se all’epoca dei nostri nonni l’ignoranza proveniva principalmente dalla mancanza di mezzi per ottenere informazioni, oggi il problema è leggermente diverso. Oggi il problema è scremare, discernere l’informazione corretta e fondata, distinguendola dalla panzana, dalla fuffa, dalla voce di corridoio.
La verifica, il ‘toccare con mano’, è un’attività che richiede un minimo di sforzo; sforzo che — noto con crescente tristezza — pochi hanno voglia di fare, a prescindere dall’età. A molti sta bene il sentito dire, e commettono un duplice errore: anzitutto si informano male loro, e in secondo luogo, ma non meno importante, diffondono a loro volta informazioni sbagliate. Che è esattamente quel che sta facendo il collega di mia moglie. Nel suo caso c’è un’ulteriore aggravante: l’iPad non è nemmeno per lui. Lui sta aiutando un’altra persona (che ne sa ancora meno) a trovare un tablet. Come minimo potrebbe fare uno sforzo per verificare le informazioni in suo possesso, e magari mettere da parte i propri pregiudizi verso Apple, visto che all’altra persona un prodotto Apple potrebbe andare benissimo.
2. Come ho già detto in altre occasioni, Apple è sempre un soggetto un pochino scomodo quando entra nel discorso. Ho smesso da tempo di fare l’evangelista alla Guy Kawasaki (troppo tempo ed energie sprecati), ma ancora oggi quando sento dire cose palesemente false non riesco a non intervenire per correggere l’interlocutore. Spesso e volentieri il mio intervento viene male interpretato. Non voglio dimostrare niente, solo precisare una serie di informazioni. Apple ha la capacità di polarizzare gli scambi di vedute. Si inizia a parlare di tecnologia, di Apple, e all’improvviso ci si ritrova a battagliare, allo scontro, alla presa di posizione, e parlarne semplicemente spiegando i fatti sembra un’impresa di proporzioni epiche.
L’ignoranza che ha come fondamento il pregiudizio e il sentito dire è pericolosa come potevano essere certe credenze e superstizioni in epoca medioevale. È mai possibile che ribattere dicendo, per esempio, No, guarda che con l’iPad puoi benissimo ascoltare musica importata dai tuoi CD e anche scaricata a scrocco da Internet, uno debba sentirsi come Galileo davanti al Sant’Uffizio? Possibile che semplicemente correggendo una palese baggianata altrui, uno debba per forza ‘difendere’ Apple? La cosa tragicamente buffa è che in passato certe mie correzioni sono state messe in dubbio dall’altra persona, che pensava che io stessi cercando di ‘tirare acqua al mio mulino’. Fossi stato un venditore o un rappresentante Apple avrei anche capito lo scetticismo…
3. Il collega di Carmen è rappresentativo di una categoria di utenti più ‘pericolosa’ di chi d’informatica non ne sa praticamente nulla. Penso a quelle persone, magari di una certa età, che si rendono conto che oggi è necessaria un’infarinatura sul mondo dei computer, dei dispositivi, degli smartphone e di Internet, e affrontano il loro analfabetismo tecnologico con umiltà: sanno che tu ne sai più di loro e ti chiedono come funzionano certe cose. A me sono state domandate cose come Mi spieghi come mandare un’email? oppure Cosa vuol dire ‘andate al sito www.pincopallino.com’? Dov’è questo sito? Come ci si arriva? Tutti concetti molto basilari. E queste persone sono genuinamente curiose, hanno voglia di colmare la lacuna e di non restare indietro. A loro di iOS-contro-Android non importa nulla. Di Apple e Google arrivano voci lontane, quello che passano i mass media, e non prestano neanche molta attenzione a queste cose, che immaginano forse per addetti ai lavori (per fare un altro esempio, un amico di mio padre, alla notizia della morte di Steve Jobs, mi ha chiesto se adesso Apple smetteva di costruire computer).
Questi analfabeti informatici — si badi bene, lo dico senza nessuna connotazione negativa — sono persone estremamente aperte e poco propense al pregiudizio. Figure come il collega di Carmen sono più ‘pericolose’, dicevo, perché si tratta di persone che già possiedono una base di informatica, spesso inculcata dal lavoro d’ufficio che li costringe a star davanti a un computer sette-otto ore al giorno. Computer su cui, nella stragrande maggioranza dei casi, gira qualche versione di Windows (da Windows 2000 a Windows 7). La base di nozioni che questa categoria di utenti va raccogliendo col passare del tempo è un misto di consigli passati dall’amico o collega ‘tecnico’ (altro pseudo-sapientone con abitudini e punti di vista già fossilizzati), di informazioni prese dalle fonti più disparate e spesso prese per buone senza un minimo di verifica (Te l’hanno detto), più tutto quel che passa il convento mediatico. In tutto questo intruglio è molto difficile trovare informazioni corrette e ‘neutre’ sul mondo Apple. Quando un analfabeta informatico incontra uno di questi personaggi, finisce come Pinocchio col Gatto e la Volpe.
4. In futuro, spero che gli Apple Store si diffondano quasi al ritmo della catena Starbucks. La loro importanza va ben oltre l’essere un punto vendita di prodotti Apple, i quali oggi sono facilmente reperibili online e in altri negozi di elettronica. Gli Apple Store sono importanti soprattutto perché possono informare in maniera doverosa tutte quelle persone che non conoscono i prodotti e i servizi Apple, e magari anche qualcuno con le idee confuse come il collega di mia moglie. Certo, mi si può sempre dire che in un Apple Store lo scopo degli addetti è quello di convincere la gente all’acquisto, ma per esperienza diretta posso dire che per loro sarebbe estremamente controproducente diffondere informazioni scorrette o tendenziose. Certe persone possono saperne poco e niente di informatica, ma state certi che restituiscono il prodotto se si accorgono di incongruenze fra quanto è stato detto loro e quel che il prodotto è veramente in grado di fare.