Quando Apple presentò alcune delle funzioni principali di OS X 10.7 Lion prima all’evento Back to the Mac dell’ottobre 2010, e poi alla WWDC del giugno 2011, non ne fui granché impressionato. C’erano degli aspetti del sistema senza dubbio interessanti: per come lavoro io, per esempio, l’introduzione di una funzionalità di salvataggio automatico estesa a tutto Mac OS X era forse una delle novità più significative. L’uso intenso di una piccola ma straordinaria applicazione come Notational Velocity mi aveva ormai abituato bene (in NV non esiste il comando Salva, ogni modifica viene automaticamente registrata); per non parlare del mio fido Newton MessagePad, che uso tuttora ogni giorno, e che anch’esso implementa la caratteristica del salvataggio automatico e permanente di qualsiasi informazione venga inserita nel palmare. (E sto parlando di tecnologia degli anni 1993–1997).
Tornando a Lion, nei mesi precedenti la sua introduzione ufficiale mi sono naturalmente tenuto aggiornato sulla sua evoluzione. Non avendo la possibilità di provare io stesso una beta del sistema, ho letto con interesse le impressioni di sviluppatori Mac e tecnologi autorevoli, e la mia diffidenza verso il nuovo felino cresceva. In particolare, mi lasciavano perplesse le contaminazioni di iOS, sia estetiche che funzionali. Launchpad mi sembrava una sciocchezza, Mission Control mi appariva in realtà più confuso della precedente combinazione Exposé+Spaces, e tutta la prominenza data alle gestualità multi-touch sapeva più di espediente carino, ma superficiale, e ideato favorendo il trackpad come periferica di input — ottimo per chi ha un Mac portatile, un po’ meno per i possessori di iMac, Mac mini e Mac Pro e in genere per chi utilizza mouse e tavolette grafiche.
Nel mio Appunti apparso su iCreate 88, scrivevo:
Forse vi sembrerà strano, ma per me Lion sta diventando un aggiornamento assai controverso. È la prima volta che una nuova versione di Mac OS X mi ha fatto pensare non solo a effettuare un semplice backup di sicurezza dei miei dati, ma addirittura a clonare il disco principale del mio Mac su un’unità esterna e a creare una configurazione dual boot Snow Leopard/Lion. È la prima volta che sto aspettando così tanto prima di aggiornare; che sto considerando molto attentamente quel bilancio di benefici e compromessi di cui sopra; che ho l’impressione che quel che Lion mi offre compensa a malapena quel che mi costringe ad abbandonare. Intendiamoci, è un punto di vista personalissimo che nulla vuol togliere a quella che comunque è una delle versioni di Mac OS X più rilevanti di tutta la sua storia.
Forse il cambiamento per me più duro da digerire che Lion avrebbe portato con sé era l’abbandono definitivo della compatibilità con le applicazioni PowerPC, che potevano girare nei Mac con processori Intel grazie a un pezzetto di software di sistema chiamato Rosetta. Per il mio lavoro mi appoggio ancora ad alcuni programmi PowerPC, a suo tempo pagati una cifra cospicua, e passare a Lion significava dover complicare il flusso di lavoro riavviando in Snow Leopard o spostando quei programmi e i dati relativi su un Mac più datato da affiancare alla macchina principale.
Lion è uscito a luglio 2011. Ho aspettato fino alla fine di ottobre prima di aggiornare, ma poi ho aggiornato. Dopo una settimana d’uso la mia reazione è stata: “Quanto rumore per nulla”. Sono bastati pochi accorgimenti iniziali per mettermi subito a mio agio, come ripristinare lo scorrimento precedente (per me molto più naturale dello ‘scorrimento naturale’ proposto da Lion), disattivare quei gesti multi-touch in palese conflitto con le mie abitudini, togliere Launchpad dal Dock eliminando anche ogni gesto o combinazione di tasti a esso associati, rendere di nuovo visibile la mia Libreria utente, e così via.
Per quanto riguarda i dettagli in stile iOS dell’interfaccia grafica (barre di scorrimento, applicazioni a tutto schermo) ammetto con una punta di imbarazzo che si sono dimostrati più usabili di quanto avessi previsto, e ho scoperto che anche Mission Control si è rivelato meno disastroso rispetto alle mie aspettative. Altre piacevoli sorprese riguardano la stabilità del sistema (può essere perché sono passato direttamente a OS X 10.7.2, evitando bug e problemi presenti nella 10.7.0 e 10.7.1); gli effettivi miglioramenti di certe applicazioni come Mail, TextEdit e Safari, che uso sempre, e di altre come Anteprima, che prima usavo di tanto in tanto e ora con crescente frequenza.
Altrettanto sorprendente per me è stato l’adattamento a un sistema senza Rosetta. Strumenti che ritenevo assolutamente indispensabili si sono dimostrati in parte sostituibili, e mi sono accorto che certi software PowerPC, seppur di grande utilità, vengono utilizzati più sporadicamente di quanto credessi, e il fatto di doverli usare su una macchina secondaria non è poi così scomodo come ero stato portato a pensare in un primo momento. Il facile interscambio di dati reso possibile da servizi come Dropbox e SugarSync ha decisamente attutito il colpo.
La morale è semplice: bisogna interagire con la tecnologia usando il buonsenso, tenendo la mente aperta, e avendo un certo grado di flessibilità. Nell’uso del Mac, come di qualsiasi dispositivo, è normale crearsi un insieme di abitudini per velocizzare tutta una serie di processi e attività. Non dico di buttare tutto appena arriva una novità come Lion, ma di considerare la possibilità che certi elementi di tale novità siano utili da incorporare in quelle abitudini per renderci ancora più efficienti. Questo atteggiamento è stato per me essenziale nel passaggio a Lion.
[Nota: Questo articolo è originariamente apparso nella mia rubrica Appunti nel numero 93 della rivista iCreate, uscito a febbraio 2012]