Da tempo, ormai, ho smesso di prendere seriamente gli elenchi di propositi per l’anno nuovo che di solito si stendono in questo periodo. Gli ultimi scritti di questo genere risalgono al dicembre 2008, e se vogliamo, due tra i ‘grandi propositi’ che mi ero prefisso per il 2009 — pulizia virtuale e più scrittura creativa — potrei benissimo rinnovarli per il 2013; gli intenti sono sempre quelli.
Voglio invece pensare ad alta voce e tirare le somme per questo difficile 2012, che mi ha dato senz’altro qualcosa di positivo, ma la sensazione è purtroppo quella di aver chiuso in perdita.
Fra gli elementi positivi c’è senza dubbio il forte ritorno alla scrittura creativa, nel formato che in fondo mi è più congeniale: il racconto breve. Dopo anni di ‘secca’ e di ispirazione che girava a vuoto, mi sono finalmente rimboccato le maniche e ho lanciato un progetto (in lingua inglese) chiamato Minigrooves che mi ha spinto a scrivere in condizioni di rigorosa autodisciplina. Il progetto, partito a metà marzo 2012, è infatti congegnato in questo modo: pubblicazione di due racconti alla settimana, fino ad arrivare a 42 racconti, che compongono un ciclo. Il sistema è paragonabile a una serie televisiva a episodi: due ‘episodi’ a settimana, una ‘stagione’ composta da 42 episodi. Concluso il ciclo, i racconti vengono riuniti in un ebook, da pubblicarsi per esempio sull’iBookstore e sul Kindle Store (e non solo). Pubblicato il primo volume, via con il secondo ciclo, altri 42 racconti, eccetera. Sempre seguendo la similitudine con le serie televisive, l’ebook è l’analogo del DVD/Blu-Ray, che ha senso acquistare anche se si è già seguito il progetto online perché oltre ai racconti già ’emessi’ contiene qualche extra. E poi è un modo pratico per portarsi con sé qualcosa da leggere anche quando non si è davanti al computer. Al momento in cui scrivo, il primo ciclo è concluso e sto preparando l’ebook, che spero di pubblicare presto.
Un altro dettaglio indiscutibilmente positivo sono state le ‘comunicazioni sociali’, da un lato perché mi sembra di aver trovato un ottimo equilibrio fra online e offline, dall’altro molto semplicemente perché ho avuto il piacere di incontrare nuovi interlocutori coi quali ho avuto spesso e volentieri intelligenti scambi di vedute via email o via Twitter. Tutte persone che ringrazio per la loro gentilezza, disponibilità, e volontà di affrontare una discussione in maniera seria e costruttiva.
È l’aspetto strettamente lavorativo a rappresentare la grossa fetta di negatività e di difficoltà di questo 2012 tutto in salita. Non vale la pena, per ora, di entrare nei dettagli, ma diciamo sinteticamente che ho lavorato troppo e guadagnato poco rispetto al tempo e alle energie investite. È stato un anno di bassa marea, e un paio di errori di valutazione durante il cammino non hanno migliorato la situazione. E ci sono stati dei momenti in cui l’angoscia e la preoccupazione per una situazione finanziaria altalenante, precaria e imprevedibile mi hanno lasciato parecchio abbattuto e mi hanno fatto perdere anche quel minimo di entusiasmo necessario per poter affrontare nuovi lavori. Mi hanno anche portato a pensare che forse val la pena investire più risorse nella mia scrittura invece di vivere una situazione che si fa ogni volta più frustrante ed esasperante. È sempre più difficile fare il traduttore freelance con dignità e professionalità, e onestamente non ho l’età, non ho la voglia, e ho sufficiente esperienza per rifiutarmi di fare la macchinetta sottopagata per gente poco seria che ciarla tanto di ‘professionalità’ e poi non si degna nemmeno di pagare le fatture puntualmente.
Certe dinamiche mi hanno francamente stancato, così come mi ha stancato sentire giustificazioni come È così dappertutto, sai? o Purtroppo è una prassi diffusa in questo settore. Sapete una cosa? Non è vero. La cafoneria, il pressapochismo, l’accordo non formalizzato, il gioco al ribasso su tariffe e preventivi, i pagamenti alle calende greche… Tutte caratteristiche comuni alla maggior parte dei clienti dell’Europa ‘mediterranea’. Con contatti dei paesi del Nord d’Europa, così come Canada e Stati Uniti, ho potuto constatare una mentalità e un approccio molto molto diversi. Peccato che le occasioni di lavoro con queste persone siano state sporadiche: difficile che ad americani, canadesi, tedeschi e olandesi interessi avere una versione italiana del proprio sito o della documentazione del proprio prodotto (diverso, ma più circoscritto, il discorso localizzazione di applicazioni Mac/iOS).
Purtroppo a volte è in parte colpa del freelance stesso se si vengono a creare situazioni non proprio ideali; si è troppo tolleranti, troppo fiduciosi, troppo flessibili, e si finisce col cedere una parte non indifferente del controllo su un progetto o in una collaborazione. A questo proposito, in maniera indiretta, una lettura che mi ha fatto riflettere è stato un breve post di Steve Corona, dal titolo Electric Toothbrush, in cui ricorda il suo stato d’animo dopo essere stato licenziato dall’azienda dove lavorava prima di mettersi in proprio. E parlando del suo momento ‘eureka’ scrive:
Perché qualcun altro oltre a me dovrebbe avere il controllo totale sulla mia autostima e sulla mia felicità? È stupido. Ed è un errore che si commette per pigrizia, per comodità. È molto più facile dar via il proprio potere, legare il proprio valore a qualche entità esterna, invece di crearlo dall’interno. È tutta pigrizia. Sono stato troppo pigro per prendere il controllo della mia felicità, per crearmela da solo.
Smettete di dar via il vostro potere. È vostro, serve a voi. Non regalatelo al vostro lavoro. Né alla fidanzata. Non datelo a nessuno oltre che a voi stessi.
Il 2012 è stato un anno difficile, e continua a esserlo. Un anno in cui i pochi momenti memorabili sono stati oscurati da più di una batosta. Per il 2013 non ho propositi da scrivere su un pezzo di carta, ma voglio certamente affrontarlo partendo dal suggerimento citato qui sopra.
Felice anno nuovo a tutti.