Un anno di Leopard -- altre opinioni

Mele e appunti

Macworld | Editors’ Notes | Leopard’s year-old annoyances: Anche Rob Griffiths di Macworld USA ha stilato un elenco di elementi di Leopard che lo lasciano perplesso. Li riassumo, in ordine crescente di importanza:

10. Colori personalizzati delle etichette nel Finder. Nelle versioni di Mac OS anteriori a X era possibile non solo personalizzare i nomi delle etichette, ma anche sceglierne il colore. Con l’arrivo di Mac OS X le etichette sono sparite completamente, per ritornare solo con Mac OS X Panther. Oggi che sono passati più di cinque anni dall’uscita di Panther, non è ancora possibile personalizzare il colore delle etichette nel Finder.

9. Le orrende icone blu-grigio per le cartelle importanti. Secondo Griffiths il nuovo aspetto delle icone delle cartelle in Leopard è peggiore rispetto alle passate versioni di Mac OS X. Prima, cartelle distintive come Applicazioni, Libreria, Sistema, Utenti, avevano icone particolari che saltavano subito all’occhio anche a ridotte dimensioni. In Leopard le icone color blu-grigio sono molto più uniformi e fin troppo sobrie, al punto da essere difficilmente distinguibili a meno di non portarle a 128 x 128 pixel.

8. Supporto Bluetooth in Rubrica Indirizzi. In Mac OS X 10.4 era possibile fare Ctrl-clic sul numero di telefono di un contatto in Rubrica Indirizzi e — dopo aver accoppiato il cellulare con il Mac via Bluetooth — comporre il numero o inviare un SMS a quella persona direttamente dal Mac. In Leopard queste funzionalità sono state misteriosamente eliminate, insieme alla possibilità di visualizzare e rispondere a SMS e a chiamate in arrivo dal Mac senza usare il telefono. A me, come a Griffiths, questa perdita importa relativamente (confesso candidamente di non aver mai saputo che fosse possibile farlo in Mac OS X 10.4 — mi sono reso conto di queste funzioni quando in molti hanno cominciato a lamentarne l’assenza in Mac OS X 10.5); ora che, come Griffiths, possiedo un iPhone, non potrei sfruttarle comunque, dato che iPhone non offre nessun servizio via Bluetooth malgrado sia possibile effettuare il pairing con il Mac.

7. Gli alias nelle cartelle poste nel Dock. Questo è interessante: un altro dettaglio che mi è sfuggito in un anno di utilizzo di Leopard (d’altronde non ho molte cartelle disposte nella sezione destra del Dock. Griffiths fa notare che se abbiamo una cartella nel Dock che contiene un alias che rimanda a un’altra cartella, quell’alias non funziona, ossia non è possibile esplorare i contenuti della cartella a cui rimanda. Riporto qui l’immagine di esempio usata da Griffiths:

aliases_original.png

.

Come potete vedere, nel Dock di Mac OS X 10.4 (a sinistra) andando sull’alias della cartella “To Be Done” è possibile esplorarne tranquillamente i contenuti (notare il triangolino a destra), proprio come nelle altre cartelle. Nel Dock di Mac OS X 10.5 (a destra), l’alias è ‘rotto’, appare come un documento generico e non è possibile fare nulla. Ho fatto una prova sul mio PowerBook e in effetti è così. A dire il vero a me l’alias appare correttamente (icona della cartella con freccetta nera), ma non è possibile vederne i contenuti a meno di non selezionarla e lasciare che si apra la finestra corrispondente nel Finder. È in effetti una piccola seccatura ed è curioso che il bug non sia stato riparato con l’aggiornamento 10.5.2 quando furono ripristinate altre funzioni presenti nel Dock di Tiger ed eliminate con gli Stack in Leopard.

6. Mail.app sempre più ingordo di funzioni. Griffiths sostiene che l’aggiunta di funzioni quali la creazione/gestione di Note e Attività, e la capacità di leggere feed RSS è deleteria per l’efficienza di Mail, che è e deve rimanere in primis un client di posta elettronica. Personalmente le Note e le Attività non mi fanno né caldo né freddo, dato che non le uso. Sui feed RSS sono in disaccordo con Griffiths. Trovo infatti che sia molto utile poterli avere direttamente in Mail. Il grosso dei miei feed RSS lo gestisce Safari sul PowerBook G4, e in più utilizzo NetNewsWire sul PowerMac G4 Cube che ho di fianco sulla mia scrivania. Ma tengo in Mail i quattro o cinque feed che leggo più spesso. Mi piace l’idea che Mail li tratti come messaggi di posta: in questo modo è semplicissimo inoltrare una notizia per email, nonché creare cartelle Smart per isolare una certa tipologia di notizie dai vari feed. (Esempio: in Mail ho i feed della Knowledge Base di Apple, e in una cartella Smart potrei isolare tutti quegli articoli che contengono “Mac OS X 10.5” nel titolo).

5. La finestra di Aiuto Mac ora è un pannello sempre in primo piano. Sì, concordo sul fatto che sia stata una scelta discutibile, ma onestamente non mi disturba più di tanto, considerando le rare volte che ho utilizzato l’Aiuto.

4. I limiti di Time Machine. Nella fattispecie, la scarsità di informazioni fornite dall’interfaccia (in effetti anch’io mi sono spesso domandato che cosa starà mai copiando in un backup di 2 o 3 GB, visto che in genere non movimento così tanti dati o file di grandi dimensioni) e la mancanza di opzioni di personalizzazione: perché non è possibile cambiare l’intervallo orario dei backup? Se li voglio ogni due ore? O ogni mezz’ora? E, come fa notare uno dei commentatori, perché non posso dire a Time Machine di fare il backup solo di determinate cose, mentre invece sono costretto a specificare tutto ciò di cui non voglio il backup? È un po’ anti-intuitivo. Sempre nei commenti un lettore segnala un ottimo software, TimeTracker, scritto da Charles Srtska (l’autore di Pacifist), con il quale è possibile navigare nelle cartelle dei backup di Time Machine e vedere quel che è stato copiato. L’applicazione non compare nella pagina principale del sito di Srtska, probabilmente perché è ancora in fase alpha o beta, ma è possibile scaricarla direttamente. Non aspettatevi niente di trascendentale, ma fa bene il suo lavoro. Certo, sarebbe carino che lo facesse direttamente Leopard.

3. La barra laterale delle finestre del Finder. Secondo Griffiths è un bel pasticcio:

  • La visibilità della barra laterale è legata alla visibilità della barra strumenti, e non si capisce perché, visto che sono due elementi dell’interfaccia molto diversi fra loro.
  • Non è possibile nasconderla facendo doppio clic sulla linea che la divide dai contenuti della finestra, come era possibile in Tiger. Per nasconderla bisogna necessariamente fare Vista > Nascondi la barra strumenti e perdere quindi anche la barra strumenti.
  • È l’unica area nel Finder totalmente immune dal controllo con la tastiera.
  • Non è molto personalizzabile. Certo, è possibile scegliere quali elementi visualizzare o nascondere, ma ben poco altro. Non si possono cambiare i nomi delle sezioni, né cambiare l’ordine delle sezioni, né regolare le dimensioni dei font se sembrano troppo piccoli, troppo grandi o difficili da leggere (su schermi ad alta risoluzione le scritte sono un po’ piccole, in effetti). Se non si utilizza una sezione si possono eliminarne tutti gli elementi, ma il titolo della sezione non scomparirà (nel suo esempio, Griffiths ha eliminato tutte le voci che compaiono sotto “CERCA”, ma la sezione “CERCA” rimane, mentre sarebbe più elegante che sparisse del tutto, come avviene in Mail se non si usano feed RSS).

2. Il nuovo modello per modificare e visualizzare eventi in iCal. Qui sostanzialmente Griffiths rimpiange il modo in cui funzionava iCal in Mac OS X 10.4. In particolare lamenta la sparizione del cassetto laterale. Non mi pronuncio a riguardo perché ho cominciato a utilizzare iCal solo da quando ho iPhone.

1. La rigidità delle opzioni di visualizzazione in Spotlight. E qui siamo d’accordo:

In Mac OS X 10.4, quando si effettuava una ricerca Spotlight nel Finder, era possibile passare a vista elenco nella finestra dei risultati, e quindi personalizzare con precisione quali colonne visualizzare. Per esempio, uno dei tipi di ricerca che faccio più di frequente è cercare file di dimensioni superiori a 100 MB. Questo mi aiuta a trovare rapidamente voluminose demo di giochi che ho scaricato e mai cancellato, per dire.

In OS X 10.4 potevo effettuare tale ricerca, passare a vista elenco, aprire il pannello Opzioni Vista e scegliere quali colonne vedere, fra cui Dimensione. Da lì era banale specificare l’ordinamento per Dimensione: bastava un clic sul titolo della colonna e tutti i file ‘pesanti’ comparivano in cima alla lista.

Provate a fare lo stesso in Mac OS X 10.5, e otterrete dei risultati sostanzialmente inutili e insensati. Questo perché la finestra dei risultati della ricerca in 10.5 visualizza soltanto tre colonne: Nome, Tipo e Ultima Apertura. Così, dopo aver cercato i file con dimensione maggiore di 100 MB mi ritrovo con una lista che non mi è possibile visualizzare né ordinare facilmente per dimensione! Per cui, se da un lato so che il File XYZ è più grande di 100 MB, dall’altro non posso vedere subito quanto è grande.

Come potete vedere […] non è possibile nemmeno personalizzare le colonne visualizzate, pertanto non c’è modo di vedere la dimensione nell’elenco dei risultati. L’unica soluzione parziale di cui sono al corrente è quella di aprire l’Inspector (Cmd-Opz‑I) e passare in rassegna i file uno per uno usando i tasti direzionali. […] Ma è un espediente ben poco usabile quando i risultati di una ricerca sono molto numerosi. 

In effetti mi ero dimenticato di segnalare questo inconveniente nel mio post precedente. È davvero un peccato che Spotlight abbia acquisito in versatilità ‘sotto il cofano’, ma sia diventato paradossalmente meno gestibile e usabile in superficie. Queste e altre incongruenze nell’interfaccia utente sono dei veri passi indietro per un’azienda che ha sempre vantato (e a ragione) la superiorità della propria interfaccia. A parte questo, tuttavia, sono molto soddisfatto di questo anno con Leopard, e ci sono innovazioni come Quick Look per le quali mi è difficile pensare di tornare indietro.

Leopard, un anno dopo

Mele e appunti

Mac OS X 10.5 (Leopard) compie un anno. Una buona occasione per fare il punto, almeno per quel che riguarda il mio sistema — PowerBook G4 12″, 1 GHz, 1,25 GB di RAM, disco rigido da 40 GB, scheda video Nvidia GeForce FX 5200 con 32MB di RAM video.

Ritengo superfluo stare a ripetere tutti gli aspetti positivi, le migliorie rispetto a Tiger, ed entrare nei dettagli della mia esperienza generale, che è stata in questo anno positiva al 99%. Con questo post, invece, mi concentrerò su quell’un percento che non mi va e/o che non mi funziona, nonché su quel che di buono è a mio avviso andato perdendosi rispetto a versioni precedenti di Mac OS X.

1. A distanza di 5 aggiornamenti, Front Row continua a essere inutilizzabile sul mio Mac. La cosa inspiegabile e, se vogliamo, ridicola, è che Front Row funzionava discretamente in Mac OS X 10.5.0, e le sue prestazioni sono andate degradando a ogni aggiornamento minore. Ho provato ogni genere di rimedio, soluzione, espediente, ma non c’è niente da fare. Non che mi sia indispensabile, anzi, però è seccante avere un software che misteriosamente si mette a funzionare sempre peggio.

2. Analogamente a quanto mi succede con Front Row, anche con l’interfaccia grafica ‘spaziale’ di Time Machine ho avuto vari problemi durante i vari aggiornamenti minori. Le prestazioni video, mai state eccellenti, sono andate altalenando: in Mac OS X 10.5.0 funzionava decentemente, anche se il sistema rallentava parecchio, e la responsività dei pulsanti al clic del mouse mi ricordava Windows 3.1. Vado a memoria, ma direi che fino a Mac OS X 10.5.3, le prestazioni sembravano migliorare un po’, per poi precipitare in 10.5.4 e 10.5.5. Attualmente Time Machine si avvia, a tratti funziona, ma c’è moltissimo ritardo nella risposta dei pulsanti Annulla e Ripristina, e di tanto in tanto l’intero sistema grafico di Mac OS X pare piantato, al punto che in alcune occasioni ho dovuto terminare il processo collegandomi al PowerBook via SSH da un secondo Mac. Per quanto riguarda i backup tutto bene: le operazioni vengono svolte puntualmente e senza intoppi. Insomma, Time Machine è una buona idea, ma continua a mancare di raffinatezza per essere funzionale al 100%. Non ha senso avere un backup dei propri dati, se poi l’interfaccia grafica per ripristinarli si pianta o è inusabile. (E per finire, una curiosità: ho ancora tutti i miei backup dal 27 ottobre 2007. Un anno fa riservai a Time Machine una partizione da 130 GB di un disco esterno LaCie USB 2.0, e a distanza di un anno rimangono quasi 24 GB liberi su tale partizione).

3. Spotlight è migliorato e peggiorato al tempo stesso. Più veloce nelle ricerche, più versatile e potente, ma se becco quel programmatore Apple che ha deciso di eliminare quell’utilissima finestra dei risultati di Mac OS X 10.4 Tiger… Perché un passo indietro del genere? L’ironia è che l’icona che appare accanto alla voce “Mostra tutto” una volta elencati i risultati della ricerca nel menu di Spotlight, rappresenta proprio quella vecchia finestra che ora non appare più. L’attuale finestra è un pasticcio di icone disordinate con i nomi dei file tranciati. (Potete vedere la differenza fra le due in questo mio post di novembre 2007). Un’altra incongruenza di Spotlight: se apro una cartella nel Finder — per esempio “Clienti 2008” — e voglio cercare un file all’interno di quella cartella (e di eventuali sottocartelle), quando inserisco la stringa da cercare nel campo Spotlight in alto a destra della finestra del Finder, i criteri della ricerca predefiniti non sono Cerca in “Clienti 2008” e “Nome documento”, come sarebbe logico aspettarsi, ma Cerca in “Questo Mac” e “Contenuto”. Iniziare la ricerca in una determinata cartella dovrebbe dire a Spotlight di iniziare a cercare da lì, no? Oltretutto una ricerca per “Contenuto” su “Questo Mac” sarà sempre più lunga della ricerca di un file che già si presume si trovi in una certa cartella o gruppo di cartelle. (Per inciso, circa un anno fa scrivevo: È vero, quando voglio fare la ricerca di un file in una cartella e uso il campo Spotlight della finestra Finder di quella cartella, stranamente il primo luogo in cui Spotlight va a cercare è “Questo Mac” e non la cartella stessa. Sistemeranno anche questo. Nel frattempo, un clic sul nome della cartella e Spotlight cerca lì. Tempo perduto nell’effettuare l’operazione: meno di un secondo. — E per carità, le perdite di tempo sono davvero risibili. Però è passato un anno, nel frattempo, e dopo cinque aggiornamenti uno si aspetta che sistemino tutto quel che riguarda Spotlight, visto che è una delle funzioni più importanti del sistema. Con l’aumentare delle capacità dei dischi rigidi, a mio avviso, si dovrebbe far di tutto per velocizzare e semplificare le ricerche).

4. Un altro aspetto di Mac OS X che rimpiango dai tempi di Mac OS X 10.2 Jaguar e 10.3 Panther è la gestione della rete. Sicuramente fino a Jaguar, ma credo anche fino a Panther, la scoperta di un nuovo dispositivo o Mac nella rete locale era istantanea, come avveniva del resto per le reti AppleTalk/EtherTalk nel pannello Scelta Risorse di Mac OS 9 e versioni anteriori. Una volta che sul nuovo Mac ospite della rete si attivava la condivisione documenti, esso compariva immediatamente, per sparire immediatamente quando veniva disattivata. In Leopard trovo che la situazione è leggermente migliorata rispetto a Tiger: nel pannello laterale delle finestre del Finder, alla voce Condivisi, le risorse di rete appaiono in fretta, tuttavia spesso e volentieri l’icona rimane visibile anche molto tempo dopo l’uscita di quel Mac dalla rete. Almeno quando ci si trova in una rete mista Mac-PC, nella finestra Network non appare più quel pasticcio fatto di icone “Libreria” grigie, icone con diversi “Gruppi di lavoro”, icone con “Server locali” e “My Network”, alcune grigie, altre no, che comparivano in Mac OS X 10.4 Tiger. Però di tanto in tanto appaiono ancora delle icone ‘ingrigite’ e facendo clic su alcune di queste è capitato che il Finder si chiudesse inaspettatamente per poi riaprirsi da solo… Insomma, un po’ di confusione e perdita di quell’intuitività che rendeva molto più semplice e lineare gestire una rete locale. Inoltre una funzione, perduta con il passaggio da Mac OS 9 a Mac OS X, che mi piacerebbe ritornasse è la possibilità di monitorare gli utenti connessi a un determinato Mac e il traffico di rete, che nel Mac OS classico erano funzionalità svolte dal pannello di controllo Utenti e Gruppi. In Mac OS X non è possibile, e non esistono nemmeno dei software di terze parti che facciano il lavoro decentemente.

Questi i crucci principali. Fra le piccolezze metterei Spaces, un’altra buona idea che andrebbe raffinata ancor più, e una interfaccia grafica da rendere ancora più coerente. Continuo a non capire, per esempio, perché iTunes si comporti in modo ‘speciale’ rispetto ad altre applicazioni e alle finestre del Finder: se faccio clic sul pulsante verde in alto a sinistra, invece di ridimensionare la finestra di iTunes per adattarla allo schermo, come fa (o cerca di fare) qualsiasi altra applicazione/finestra, iTunes passa alla modalità mini-player. Perché non mettere anche a iTunes il pulsante bianco allungato presente su tutte le altre finestre, assegnandogli questa funzione, e lasciare che il pulsantino verde faccia quel che fa su tutto il sistema, cioè eseguire il comando Ridimensiona?

Che altro? Ah, sarebbe ora di implementare su VoiceOver altre lingue oltre all’inglese, e di avere altre voci internazionali che leggano bene come “Alex” legge l’inglese americano. Meno male che intanto ci sono aziende come Cepstral, che offrono soluzioni da affiancare alle opzioni fornite dal sistema.

Altro per ora non mi sovviene. Per il resto, lo ribadisco, l’esperienza con Leopard è stata finora decisamente soddisfacente, e se Snow Leopard sarà davvero una versione per migliorare quel che già c’è invece di aggiungere funzioni tanto per aggiungerle, allora non posso che attendere con ottimismo.

L'Apple di una volta? Mah.

Mele e appunti

Ieri ricevo una telefonata inattesa al mio cellulare italiano: mi chiama il signor Giorgio, col quale collaborai nel lontano 1999 quando il suo studio di grafica e pubblicazioni si stava espandendo, e poi ancora nel 2001, quando aveva bisogno di qualcuno che ‘insegnasse’ Mac OS X ai dipendenti. È una persona che ricordo con piacere e gli sono grato per avermi dato fiducia ai tempi. Mi ha chiamato per verificare che avessi ancora quel recapito telefonico, in caso avesse bisogno di assistenza, e abbiamo colto l’occasione per aggiornarci e la chiacchierata è inevitabilmente finita su Apple.

Giorgio appartiene alla vecchia guardia degli utenti Macintosh. Tanto per capirci, lui fu uno dei pochi italiani a comprarsi un Lisa nel 1984 o giù di lì, ed è rimasto fedele alla Mela per tutti questi anni. Come molti veterani, la sua relazione con Apple, specie negli ultimi tempi, si è fatta più conflittuale, e lui non ha problemi a dire di essere uno dei ‘delusi’ di questo ‘nuovo corso’. Il nuovo corso per Giorgio inizia grosso modo due anni fa, con la transizione dai processori PowerPC agli Intel. Già ci ho messo il mio tempo a digerire Mac OS X — ebbe a dirmi una volta — e adesso questo. Mah. (Sì perché mentre il suo studio aveva svariate macchine tutte sempre aggiornate, lui è passato a Mac OS X solo a fine 2003, con l’introduzione di Panther). La presentazione di iPhone, mi dice Giorgio, è stata un’altra bella botta. Quando ho saputo della notizia ho pensato “Adesso Apple si mette a fare telefonini, siamo a posto”.

Insomma, per Giorgio il ‘nuovo corso’ che Apple ha intrapreso dà troppa attenzione al settore consumer, lasciando sempre più al palo quella fetta di professionisti che negli anni, e spesso in condizioni avverse (una nicchia di mercato circondata da PC Windows), hanno sempre acquistato e ‘mantenuto’ Apple nel bene e nel male. Apple, a suo dire, deve ringraziare il settore professionale se è rimasta a galla negli anni bui (metà degli anni Novanta), e adesso sembra aver sempre meno considerazione e riguardo verso i professionisti e verso i vecchi clienti, quelli che sanno che una volta i Mac erano beige.

Secondo Giorgio, Apple è oggi sempre più asservita al settore consumer (Quello che ha fatto rimanere a galla Apple in questi ultimi anni e di più, che l’ha finalmente resa visibile e forte – gli ho detto io al telefono) e che la qualità ne ha inevitabilmente risentito, per non parlare — e qui veniamo finalmente alle ultime novità presentate in ottobre — dei nuovi MacBook e MacBook Pro, e del nuovo schermo da 24 pollici ‘lucido come uno specchio’. Sempre Giorgio: Certo, sulla manifattura non si discute, meglio così che quei cosi di policarbonato che quando li maneggi fanno rumore come barche a remi — però, daaai, mi togli la FireWire? Mi metti lo schermo lucido?  Eccetera.

Ora, per carità, io stesso sono un appassionato dei vecchi Mac. Continuo a usarli, li colleziono, ne esalto la longevità, ci ho persino dedicato un blog. Però, a differenza di Giorgio, non sono proprio sicuro di rivolere l’Apple di una volta. Probabilmente la qualità delle componenti dei Mac di una decina d’anni fa e oltre era migliore — non saprei dire, a me i Mac hanno sempre funzionato tutti molto bene, e l’unico degrado percepibile è nella vita media dei dischi rigidi, un fenomeno per il quale non avrebbe senso incolpare Apple. Probabilmente il settore professionale non è fra i primi pensieri dell’Apple di oggi (i Mac Pro non mi sembrano esattamente macchine per ragazzini, però). Probabilmente, come sostiene Giorgio, non ha senso che fra il MacBook da 2,4 GHz e il MacBook Pro da 2,4 GHz vi sia una differenza di soli 300 Euro e che per essere delle ‘macchinette consumer’ (parole sue), i MacBook nuovi sono un po’ cari.

Però andiamo a vedere un istante com’era la situazione nel 1996. Sfogliando l’archivio di vecchie riviste Mac mi sono capitati sotto gli occhi i prezzi di listino dei Mac del periodo. Dodici anni fa i modelli più a buon mercato erano macchine desktop, in primis il Performa 5260, un Mac tutto-in-uno con processore PowerPC da 100 MHz, 12 MB di RAM, disco rigido da 800 MB, CD-ROM 4x, al prezzo di 2.300.000 lire (che facendo una mera conversione sarebbero circa 1.200 Euro, ma considerando il valore di quei soldi nel 1996 e facendo un paragone con l’Euro di adesso non mi sembra sbagliato affermare che quei 2.300.000 lire siano equivalenti ad almeno 2.000 Euro attuali). Un altro Mac economico dell’epoca era il Power Macintosh 4400, una delle serie qualitativamente peggiori dei Power Macintosh, che veniva venduto a poco più di 3 milioni di lire nella configurazione con processore PowerPC a 200 MHz, 16 MB di RAM, disco rigido da 1,2 GB e lettore CD-ROM 8x.

La linea dei portatili era semplicemente proibitiva: basti vedere i prezzi dei PowerBook 1400. Il PowerBook 1400cs a 117 MHz con disco rigido da 750 MB, schermo a matrice passiva e unità CD-ROM opzionale veniva venduto a 4.500.000 lire, ma se uno voleva la versione con processore a 133 MHz, disco rigido da 1 GB e unità CD-ROM di serie doveva pagare tre milioni di lire in più. Il PowerBook 5300 di punta, uscito un anno prima, costava a listino circa 11 milioni di lire. No, a quei tempi Apple non faceva ‘macchinette consumer’ per ragazzini con l’iPod, la sua presenza sul mercato era risibile, e i portatili erano macchine per una élite di clienti. Concludendo l’argomento Apple, ho detto a Giorgio che forse, se non fosse stato per il cambio di rotta imposto da Jobs al suo rientro in Apple nel 1997, probabilmente non ci sarebbe un MacBook Pro sulla sua scrivania, e forse nemmeno un PowerBook G4 sulla mia.

Apple è in ottima salute. Anche Jobs.

Mele e appunti

Il 21 ottobre si è tenuta la “Conference Call — Risultati Finanziari Quarto Trimestre Anno Fiscale 2008 di Apple”, ed è stato un evento certamente interessante, non solo per i risultati strepitosi delle vendite di tutte le linee di prodotti Apple, ma anche per la presenza dell’ineffabile CEO Steve Jobs. Una circostanza rara e in passato generalmente legata alla comunicazione di brutte notizie. Stavolta invece nelle parole di Jobs, sia il discorso iniziale già preparato, sia le risposte fornite agli analisti, c’erano un orgoglio e una sicurezza del tutto giustificati.

Il sito Seeking Alpha ha pubblicato una risorsa eccezionale: la trascrizione completa della Conferenza. Consiglio davvero a chi non ha problemi con l’inglese di leggersela tutta: non è una lettura breve ma vale davvero la pena. Pubblico qui qualche breve stralcio che a me pare significativo, in quanto Jobs ha saputo essere sintetico ed efficace nello ‘spiegare Apple’.

Ben Reitzes, analista per Barclays Capital, chiede a Jobs di parlare dei prezzi dei Macintosh e di come, secondo Jobs, siano posizionati considerando l’attuale panorama economico; inoltre vorrebbe sapere che cosa pensa Jobs di questa nuova categoria di NetBook di cui si parla tanto, e se vedrebbe un’eventuale presenza di Apple in quel segmento di mercato. Jobs risponde:

Beh, non è questa particolare flessione economica che sta creando un mercato per computer meno costosi. Quel mercato esiste da tempo, e vi sono parti di quel mercato nelle quali abbiamo scelto di non entrare.

Io credo che quando la gente vuole un prodotto del livello di ciò che produciamo noi, si mette sempre a fare confronti di prezzo, e devo dire che ormai siamo piuttosto competitivi in questo senso. Pertanto scegliamo di essere presenti in certi segmenti del mercato, e scegliamo di non esserlo in altri. E la questione è: questa flessione spingerà parte dei nostri clienti verso quei segmenti più bassi del mercato e ad acquistare prodotti di qualità inferiore? Ecco, sarei sorpreso se ciò accadesse sui grandi numeri, e ritengo anzi che vi sia ancora un gran numero di clienti che non abbiamo, nel mondo Windows o nell’altro 99% del mercato della telefonia, ai quali piacerebbe acquistare prodotti Apple e che potrebbero permetterseli. Perciò vedremo quale sarà il rapporto fra questi due fattori, ma direi che non siamo particolarmente preoccupati.

Per quanto riguarda la categoria dei NetBook, si tratta di una categoria nascente. A quanto ci è dato vedere, non ci sembra che se ne stiano vendendo in grandi quantità. Se vogliamo, uno dei nostri partecipanti in quella categoria è iPhone, almeno per quanto riguarda la navigazione Web, la gestione delle email, e tutte le altre cose che un NetBook permette di fare, più l’essere collegati alla rete cellulare ovunque ci si trovi — iPhone è un’ottima soluzione in questo senso, e in più sta nel taschino. Ma aspetteremo di vedere come si evolve questa categoria nascente, e abbiamo alcune idee decisamente interessanti da proporre in caso si evolva sul serio.

Quest’ultima frase sicuramente fornirà lo spunto per innumerevoli discussioni e supposizioni. Io penso, molto semplicemente, che nel caso la categoria NetBook decolli davvero, è possibile che Apple entri in quel particolare segmento di mercato con una strategia analoga a quella utilizzata con iPhone nel mercato della telefonia. Perché con iPhone Apple ha dimostrato che non è strettamente necessario innovare essendo pionieri in un mercato, o creandone uno con la creazione di un prodotto-mai-visto-prima. Si può anche osservare da lontano, studiare e fare i compiti; ed entrare, dopo, con un prodotto che fa dire ai ‘veterani’ di quel mercato “Ma perché non ci abbiamo pensato noi prima?”.

In risposta a Toni Sacconaghi, analista per Sanford Bernstein, Jobs ha ribadito un concetto che dovrebbe essere chiaro ormai anche a chi sosteneva un paio di settimane fa che la novità dell’evento sui portatili sarebbe stato, finalmente, un portatile a basso costo. E il concetto è: “Apple” e “basso costo” sono due cose inconciliabili, termini che non staranno mai nella stessa frase — meglio, molto meglio, la qualità e il valore del prodotto:

Quel che vogliamo fare è fornire a questi clienti quanto promettiamo, un livello sempre maggiore di valore. Esistono categorie di clientela che scegliamo di non considerare. Non sappiamo come realizzare un computer da 500 dollari che non sia un ammasso di ferraglia, e il nostro DNA non ci permetterà di produrre un simile coso. Ma possiamo continuare a offrire un valore sempre più grande a quei clienti che invece consideriamo, e ve ne sono moltissimi. E abbiamo avuto un enorme successo concentrandoci su determinati segmenti del mercato, senza voler per forza soddisfare tutti i palati. Per cui da Apple ci si può ragionevolmente aspettare di continuare con quella strategia vincente, cercando di aumentare sempre più il valore dei prodotti destinati al target di utenza verso cui scegliamo di dirigerci. Che ne dice? Ha senso?

Io direi proprio di sì.

Fra l’altro, oggi ho fatto il solito giretto alla FNAC e finalmente è comparso il nuovo MacBook. È sufficiente guardarlo — di persona, non in fotografia — per capire al volo il concetto “è un po’ più caro del MacBook di prima, ma, porcaccia miseria, quei 200 Euro in più li vale tutti”. L’ho provato, maneggiato e soppesato e accidenti che impressione lascia. Solidità, eleganza, cura del dettaglio. Poi accanto c’erano due MacBook bianchi della serie precedente: sembravano giocattoli, con quel bianco ‘avariato’ dall’uso — che poi si parla sempre di unità demo, quindi l’uso è comunque scarso. Peccato scompaia il modello nero: pur di plastica rimane sempre più bello a vedersi. Neanche i vecchi iBook bianchi invecchiavano così male.

(Ah, e il nuovo trackpad è assolutamente usabile. Io ci ho appoggiato la mano e l’ho utilizzato fingendo che nella parte inferiore ci fosse il pulsante, quindi facendo clic con il pollice, come d’abitudine, e mi sono trovato benissimo. Ah, e ho messo l’illuminazione dello schermo al massimo, e devo dire che potrebbe anche essere sopportabile. È davvero davvero luminoso. Ora dove sono quei 1.449 Euro?…)

Per districarsi nell'App Store

Mele e appunti

AppShopper: iPhone App Deals and Discovery: Qualche post addietro lamentavo la difficoltà di navigare nell’App Store utilizzando iTunes. Con il numero di applicazioni in continua crescita da una parte, e una lentezza generale dell’interfaccia di iTunes Store dall’altra, effettuare ricerche nel mare magnum dell’App Store può diventare un’operazione snervante e una perdita di tempo.

Da poco tempo è online questo sito, AppShopper, e devo dire che le cose vanno decisamente meglio. D’accordo, è in inglese e i prezzi riportati si riferiscono all’App Store USA, ma è molto più pratico da utilizzare rispetto a iTunes. In prima pagina vengono presentati tutti gli aggiornamenti più recenti. Nella barra in alto è possibile navigare per categorie e scegliere se visualizzare tutte le applicazioni (All), solo quelle a pagamento (Paid), o solo quelle gratuite (Free); poi si possono ulteriormente filtrare i risultati, visualizzando solo le applicazioni che sono state aggiornate (Updates), solo le nuove (New), oppure quelle che hanno subito una variazione di prezzo (Price Changes). Infine all’estrema destra della barra si trova il classico campo di ricerca con inserimento di stringhe di testo. Mi piace molto la vista generale: nell’elenco delle applicazioni viene subito evidenziato il prezzo (a destra), e delle etichette colorate poste sopra la descrizione evidenziano istantaneamente se si tratta di un’applicazione nuova, se l’applicazione è stata aggiornata, se ha subito una riduzione o un aumento di prezzo, ecc.

Facendo clic sull’icona dell’applicazione viene caricata la stessa pagina di informazioni che appare in iTunes, ma con una sola immagine di esempio (quindi è più simile alla pagina che viene usata nell’applicazione App Store sullo iPhone / iPod touch). Ovviamente è possibile comprare direttamente un’applicazione facendo clic su Buy Now: si aprirà iTunes e si verrà portati alla pagina di informazioni del programma, e da lì si potrà acquistare con la solita procedura.

È anche possibile iscriversi a vari feed RSS se si vuole monitorare la situazione dal proprio feed reader preferito. Ho scoperto questo sito un paio di giorni fa: adesso lo uso per tenermi informato sulle ultime novità per iPhone e per navigare nell’App Store in modo più rapido ed efficiente. Poi gli acquisti li faccio da iTunes.