iPhone: note mobili (5)

Mele e appunti

Eh sì, ormai è passato un mese buono dall’acquisto. Quando ho iniziato a redigere i miei appunti su iPhone — queste “note mobili” — credevo che in un mese avrei accumulato molte più osservazioni, ma in realtà, una volta familiarizzato con l’interfaccia, non resta molto. Molto semplicemente, iPhone just works, funziona bene. Ho cercato di esplorarlo a fondo, di analizzarne l’interfaccia e l’interazione, e in quanto a usabilità la situazione è buona e non ho riscontrato carenze vistose che impediscano di svolgere un compito in maniera fluida. Ci sono un paio di cose che migliorerei — si veda il paragrafo successivo — ma in generale comprendo perché per questo dispositivo la percentuale di “soddisfazione del cliente” rasenta il 100%. La batteria ha un’autonomia sufficiente per i miei bisogni. Nelle giornate di intensa attività wireless e/o 3G, la carica resiste almeno per tutto l’arco delle 24 ore (con iPhone a piena carica quando lo accendo al mattino). La bolletta telefonica sta per arrivare, ma ho già controllato la situazione nel mio account cliente sul sito di Movistar e non ci dovrebbero essere sorprese. Per quanto riguarda il traffico dati sono positivamente sorpreso: ricordo che quando lessi che il limite mensile era di 200 MB pensai che fosse una quantità un po’ misera. Eppure, malgrado mi sia più volte collegato alla rete cellulare per navigare, controllare la posta e utilizzare applicazioni che richiedono la connessione a Internet, ho visto che il consumo dati non arriva ai 25 MB.

Non ho la possibilità di fare confronti pratici con versioni del software precedenti (dei problemi che davano ho soltanto letto nel Web e avuto notizie di seconda mano), ma devo dire che la versione 2.1 di iPhone OS è veramente stabile. Ho installato ormai una trentina di applicazioni di terze parti e non ho mai visto nessun crash o comportamenti imprevisti. Le due uniche bizzarrie che ho notato da quando possiedo iPhone riguardano le copertine degli album: in un’occasione, aprendo l’applicazione iPod, mi sono ritrovato senza copertine — tutti gli album avevano l’icona generica. In un’altra occasione, invece, le ‘copertine’ dei podcast erano cambiate ed avevano preso in prestito un paio di copertine a caso della mia biblioteca musicale. In entrambe le circostanze l’unica soluzione per ovviare all’inconveniente è stata la cancellazione degli album e dei podcast, per poi tornare a copiarli nell’iPhone. Un’operazione tutto sommato indolore, visto che pur non sincronizzando la musica automaticamente, mi sono creato una playlist “Per iPhone”, così dovessi trovarmi a dover togliere e rimettere tutta la musica, mi basta selezionare l’intera playlist e trascinarla sull’icona di iPhone.

Piccolezze

Un amico, mentre si parlava di iPhone, mi ha proprio domandato a bruciapelo: Tu cosa miglioreresti? Difficile dirlo. Sia per quanto riguarda le funzioni che per quanto riguarda l’interfaccia siamo in un ambito davvero soggettivo, e non è detto che quel che a me manca o quel che io trovo scomodo nel mio uso quotidiano di iPhone valga anche per gli altri. Ma visto che stiamo parlando della mia esperienza, questi sono gli appunti:

  1. Scrivere un SMS con iPhone in mano mentre si va un po’ di fretta è difficile. La tastiera virtuale richiede all’utente di essere più zen, di rallentare il passo e concentrarsi. Altrimenti (nel mio caso, almeno) ecco apparire una sbrodolata di lettere invece del breve messaggio che voglio inviare. (In un’occasione, quel che doveva essere Arrivo fra 10 min. è diventato Aerrrovbo frs19nun e più che un dizionario predittivo ci voleva un mago per capire quel che volessi scrivere!). Per carità, non è che con i precedenti cellulari fosse tutto rose e fiori: quel pigiare pulsanti frenetico e ripetuto era da tendinite assicurata.
  2. Gli auricolari con microfono in dotazione a iPhone sono ottimi ed è comodissimo ricevere chiamate mentre stai andando per i fatti tuoi ascoltando musica. La musica sfuma, arriva lo squillo, si preme una volta il microfono e si risponde. A chiamata ultimata, la musica ritorna in cuffia, esattamente dal punto in cui si era fermata. Se non si sta ascoltando musica e gli auricolari sono rimasti a casa, per rispondere occorre passare il dito sul cursore che appare nella parte bassa dello schermo. iPhone ha due luoghi deputati per i cursori a scorrimento: in alto, visibile quando si deve confermare lo spegnimento definitivo di iPhone; in basso per tutte le altre circostanze: per sbloccare lo schermo dopo un risveglio, per annullare da iPhone la procedura di sincronizzazione, e per rispondere a una chiamata quando gli auricolari non sono collegati. Ecco, per come impugno iPhone, muovere il cursore senza usare due mani (ossia iPhone nella destra, e dito indice sinistro sul cursore) mi risulta un po’ faticoso. Tenendolo nella mano destra, è ovvio che userò il pollice e che il movimento sarà da sinistra verso destra, quindi verso l’interno della mano. Per avere una buona presa di iPhone, lo impugno in questo modo: 
    DSCN1372.JPG

    Spesso, partendo da questa posizione, mi risulta difficile trascinare il cursore sino a fine corsa, e devo necessariamente far scorrere iPhone verso l’alto (quindi perdendo presa) o inclinarlo per facilitare il lavoro al pollice. Se lo slider fosse posizionato in alto, come quello per lo spegnimento, il movimento del pollice sarebbe meno faticoso e più naturale:

    DSCN1373.JPG
  3. Quando mi trovo nella schermata delle informazioni di un contatto, e devo effettuare piccole modifiche, mi viene spontaneo fare tap sui vari campi ignorando il pulsante di modifica in alto a destra, con il risultato di chiamare il contatto o di avviare MobileMail, pronto per inviare un’email. Ma questa sono certo che è solo sbadataggine mia. Quel che invece mi pare strano è che non sia possibile spostare l’ordinamento dei vari campi: magari una persona mi dice che il suo numero principale è un altro, e quel che io avevo in rubrica ora è diventato secondario. Mi piacerebbe poter invertire i campi direttamente dall’iPhone, invece mi tocca farlo da Rubrica Indirizzi sul Mac.
  4. Renderei un po’ più ricca e versatile l’applicazione SMS. Senza complicare troppo le cose, basterebbe semplicemente la possibilità di cancellare certi messaggi senza dover cestinare un’intera conversazione. Ieri per esempio ho mandato un messaggio a mio padre, e la sua risposta mi è arrivata doppia. Ecco, vorrei poter togliere il doppione, senza buttare tutto lo scambio precedente di SMS.
  5. Ritengo che l’interfaccia della fotocamera sia migliorabile: quando tengo iPhone in verticale con una mano, per raggiungere il pulsante di scatto devo far scorrere il telefono verso l’alto e, come al punto 2, la presa diminuisce e così pure la stabilità necessaria per fare una foto. Le cose migliorano quando tengo iPhone in orizzontale, perché in questo modo il posizionamento è più simile a quello di una normale fotocamera, e iPhone, tenuto fra le due mani, risulta più bilanciato. L’ideale sarebbe poter utilizzare il tasto fisico di stop/risveglio quando si usa la fotocamera in verticale. È la posizione del pulsante virtuale per lo scatto che mi sembra leggermente problematica. Troppo vicino al tasto Home, che ho premuto erroneamente in più d’una occasione.

iPhone strumento sociale

Stamattina sono andato all’ospedale per effettuare le prime analisi in vista della prossima operazione di rimozione della cistifellea. Mentre aspettavo di essere chiamato per fare l’elettrocardiogramma, ho notato che il tizio seduto accanto a me aveva un iPhone e stava passando il tempo giocando a Wurdle. Ho anch’io estratto il mio iPhone per appuntarmi sul calendario le prossime visite, e il tizio ha subito attaccato bottone — “Sei la seconda persona che vedo con un iPhone qui a Valencia”, mi ha detto, visibilmente contento di aver trovato un altro ‘fratello’; “È fantastico”, ha aggiunto rimirandolo — e in dieci minuti abbiamo chiacchierato sui nostri usi e costumi con l’iPhone, ci siamo scambiati consigli su applicazioni da provare e poco ci manca che finiamo da qualche parte a bere una birra. Mi ha fatto piacere, e per un momento mi sono ricordato di episodi analoghi, cinque-sei anni fa, quando i Mac erano un po’ meno diffusi. I nomadi informatici muniti di portatili Mac si riconoscevano tra la folla e capitava di iniziare conversazioni con perfetti sconosciuti o quantomeno di scambiarsi a distanza sorrisi d’intesa — i segnali di appartenenza alla stessa tribù, per dire.

Glossy e matte

Mele e appunti

L’altro aspetto problematico scaturito dalla presentazione dei nuovi MacBook e MacBook Pro, aspetto che personalmente mi sta più a cuore dell’abbandono dell’interfaccia FireWire 400 sui MacBook, è l’utilizzo di uno schermo glossy come unica opzione sui rinnovati MacBook Pro da 15 pollici. Con la serie precedente, all’atto dell’acquisto, era possibile specificare se si desiderava un MacBook Pro con schermo glossy (riflettente), oppure matte (opaco, antiriflesso). Adesso pare che non vi sia più scelta. L’unico portatile Apple rimasto a listino per il quale si può ancora scegliere è il MacBook Pro da 17 pollici, che comunque verrà presto rimpiazzato dal nuovo modello che condivide le stesse innovazioni presentate con i MacBook e MacBook Pro 15″ qualche giorno fa.

Come già sostenevo in post precedenti, Apple ha appena iniziato il ciclo di rinnovazione, e vi sono svariati segnali che fanno presagire un rinnovo completo dell’intero parco Macintosh (portatili e desktop) nei mesi a venire. In questo momento, in cui il quadro non è ancora completo, si possono solo fare delle supposizioni. Tuttavia, almeno per quanto riguarda gli schermi, pare proprio che Apple sia sempre più orientata al lucido, che l’ambito sia consumer o pro. Certo, sarebbe una lieta sorpresa scoprire che al prossimo Macworld Expo di gennaio, insieme all’introduzione del nuovo MacBook Pro a 17 pollici, Jobs presenti anche una versione dei MacBook Pro con schermo matte, ma osservando il design e la costruzione degli schermi dei nuovi MacBook e MacBook Pro, la vedo dura.

Macity, nel suo confronto fra vecchio e nuovo MacBook Pro, ha pubblicato una foto molto eloquente per quanto concerne la differenza fra schermi glossy e matte.

Chi mi legge da un po’ sa che sono un sostenitore degli schermi matte. Ritengo che siano più versatili in condizioni di luce differenti e cangianti, che affatichino molto meno la vista per chi lavora molte ore davanti al computer (specie leggendo/scrivendo molto testo), per non parlare della fedeltà dei colori e la loro più facile calibrazione (questa non è un’opinione). Per chi non deve fare un uso professionale del Mac, e utilizza il portatile prevalentemente in ambienti chiusi con un’illuminazione controllata, gli schermi glossy vanno bene. Grazie alla tecnologia LED, gli schermi sono più luminosi, e i colori più nitidi e vibranti. Già il solo vedere un film in luce diurna diventa problematico, specie se la sorgente di luce è di lato o alle spalle dell’utente. Alcuni sostengono che, una volta che l’occhio si abitua a focalizzarsi oltre il riflesso, l’immagine fornita dagli schermi lucidi è migliore di quella degli schermi antiriflesso, che diffondono la luce riflessa creando ‘macchie’ fastidiose e di fatto impedendo di vedere al di là di esse. Per chi non ha problemi di vista sarà probabilmente così. Chi ha problemi come la miopia unita all’astigmatismo (come il sottoscritto), e in genere problemi di messa a fuoco, farà una certa fatica ad “abituarsi a focalizzare oltre il riflesso”, perché continuerà a percepirlo come un ostacolo e dovrà continuamente ‘pensare oltre’. Per lavoro mi è capitato di servirmi di portatili con schermi lucidi, e fortunatamente l’esperienza è stata temporanea: ho potuto lavorare senza stancarmi la vista soltanto quando l’illuminazione ambientale era scarsa e nessuna luce (naturale o artificiale) colpiva direttamente lo schermo.

Preferenze e problemi personali a parte, gli schermi glossy sono obiettivamente un grosso problema per i professionisti della fotografia e del colore. Cercando materiale interessante sul Web, sono capitato su una pagina di un forum di Digital Photography Review (data: 10 agosto 2007); l’autore del post racconta in maniera abbastanza dettagliata la sua esperienza nel calibrare due iMac, un 20 e un 24 pollici entrambi con processore Core 2 Duo da 2,4 GHz e scheda ATI Radeon HD 2600 PRO, entrambi con schermo riflettente. Riporto qualche passaggio interessante:

[Oltre ai due iMac summenzionati] mi sono procurato:

  • delle immagini, una stampante Epson R2400, carta fotografica Hahnemuehle Digital Fine Art e i rispettivi profili ICC;
  • i seguenti colorimetri: Spyder 2 Pro con relativo software; EyeOne Display 2 con software Match; Xrite DTP-94 con software ColorEyes.

In tutti i test, i parametri usati sono stati: 2,2 / 6500K / 120 cd/m2 [se non vado errato sono rispettivamente gamma, temperatura colore e luminanza, N. d. RM].

La prima osservazione da fare è che, a seconda della luce dell’ambiente, potrebbe essere del tutto impossibile seguire il consiglio di effettuare il profiling/calibrazione nelle stesse condizioni in cui verrà utilizzato il monitor. Ho impostato i due iMac su un ambiente “normale” (assenza di luce diretta, ma con un po’ di luce proveniente dal soffitto e una fonte di luce accidentale proveniente da una finestra distante 4 metri — era una giornata di pioggia, per cui la luce non era forte). Ottenere risultati omogenei e consistenti è stato semplicemente impossibile, perché il pannello frontale di vetro del monitor sembra attirare e riflettere luce proveniente da ogni dove. Ho fatto tre prove, servendomi per ognuna di esse di tutti i pacchetti di calibrazione, senza muovere i monitor né cambiare la luce ambientale e i risultati sono stati molto diversi fra loro, producendo ogni genere di sfumature. Il pacchetto ColorEyes è quello che ha dato (come sempre) i risultati migliori, visto che sembra eliminare più errori prendendo un maggior numero di campioni colore (ci mette anche più tempo), ma quando qualcosa è sballato, è sballato… Non è stata effettuata nessuna stampa, perché ovviamente non aveva senso.

Poi abbiamo portato entrambi gli iMac in un altro ufficio, senza finestre e con una lampada a luce diurna al soffitto, regolata per dare una luce smorzata. Questo ha migliorato di molto le cose. Eseguendo gli stessi test su ognuna delle macchine ha dato risultati omogenei con i pacchetti ColorVision e ColorEyes — EyeOne ha continuato a non offrire risultati consistenti, ma le differenze erano minime e non c’erano sfumature né errori ovvi.

Poi abbiamo ripetuto le prove al buio completo: qui tutti e tre i pacchetti hanno dato risultati uniformi senza errori ovvi. Abbiamo proceduto con la calibrazione e il profiling, e i risultati erano come mi aspettavo. La prossima questione riguardava la qualità della calibrazione. Se elencassi ogni cosa nei dettagli, verrebbe un resoconto chilometrico. Mi limiterò a un veloce riassunto:

Utilizzando i profili creati nell’ultima prova (al buio) per ottenere colori e stampe fedeli non è stato un problema sui entrambi gli iMac. In altre parole, per un utilizzo consumer e in molti casi anche prosumer, queste macchine vanno assolutamente bene.

Quando si mette ad analizzare le prestazioni di ognuno dei due iMac, tuttavia, saltano fuori le magagne se l’utilizzo deve essere professionale. Il 20 pollici è “fuori questione se non si utilizza un monitor esterno: i file aRGB non vengono visualizzati con tutti i colori, vi è un effetto di retinatura (dithering) nelle sfumature colore, un effetto ‘a blocchi’ nelle sfumature di grigio, e un notevole clipping delle ombre”. I risultati del 24 pollici sono migliori ma non esaltanti, “peggio dell’iMac precedente [suppongo parli della versione con schermo antiriflesso], e non c’è paragone con il Cinema Display a 23 pollici”.

Questo è solo un piccolo esempio — non esaustivo, sia chiaro — delle problematiche che certi professionisti devono affrontare con gli schermi glossy. Sarebbe interessante vedere se la tecnologia LED possa in qualche modo sopperire alle difficoltà introdotte dagli schermi lucidi per quanto riguarda la calibrazione del colore. Come si è visto dal post citato, le condizioni ottimali per la calibrazione e per ottenere colori fedeli per la stampa sono in ambienti controllati, idealmente bui. Questo può andare bene per macchine desktop, ma diventa chiaramente più complesso sui portatili, che a mio avviso dovrebbero fornire una maggiore versatilità vista la varietà di ambienti in cui ci si trova a usarli.

Sempre meno Intel nei Mac

Mele e appunti

AppleInsider | Inside the new MacBooks: FireWire, USB, and the NVIDIA Controller: Un bell’articolo che mostra come sia cambiata l’architettura interna dei nuovi MacBook rispetto ai vecchi, grazie al ruolo del sistema grafico di Nvidia, e come Apple si stia progressivamente allontanando da un modello “tutto Intel” all’interno dei Mac.

Nella prima figura è possibile vedere come il controller grafico integrato Nvidia 9400M vada a sostituire due componenti Intel, cosiddetti Northbridge e Southbridge:

I PC Intel tradizionalmente ripartiscono le funzioni del controller in due componenti, un “northbridge” [“Ponte Nord”], che si interfaccia con la CPU e gestisce la RAM di sistema ad alte prestazioni e il bus veloce PCIe, il quale in genere si occupa del video dedicato e degli slot di espansione; e un chip “southbridge” [“Ponte Sud”] che gestisce le funzioni di input/output meno gravose, fra cui audio, Ethernet, USB, il clock di sistema, la gestione energetica e altre funzioni che non richiedono il bus più veloce possibile. Questa divisione contribuisce a mantenere il northbridge alla velocità più alta possibile permettendo contemporaneamente al southbridge di girare più lentamente, gestendo quindi componenti più economiche.

Con le nuove tecnologie, e a seconda del costruttore, le definizioni di northbridge e southbridge sono leggermente cambiate. Adesso Intel chiama il northbridge “Memory Controller Hub” o MCH, e il southbridge “I/O Controller Hub” o ICH.

Nella seconda figura è visibile come nel tempo Apple abbia ricorso sempre meno a componenti Intel nelle sue macchine.

I nuovi MacBook, MacBook Air e MacBook Pro continuano a servirsi delle CPU Intel Core 2 Duo “Penryn”, ma affiancandole al chipset e scheda grafica integrata Nvidia GeForce 9400M G e alla tecnologia Wi-Fi AirPort fornita dal chip Broadcom BCM94322USA. Si prevede che Apple continui a utilizzare sempre più componenti competitive, e forse persino parti ad hoc progettate in casa, invece di marchiare come Mac delle ‘piattaforme’ Intel. Ciò renderà anche più difficile prevedere quali funzionalità avranno i prossimi Mac, anche se ovviamente questo non è il motivo principale dietro alle scelte progettuali di Apple.

Insomma, ormai l’unica componente Intel importante all’interno dei nuovi portatili Apple è il processore, nient’altro.

Dedico questo articolo a tutti coloro che, fino a non molto tempo fa, mi venivano a dire che da quando Apple è passata all’uso di processori Intel, i Mac dentro sono uguali ai PC e che le differenze sono solo esteriori (battendo sul vecchio chiodo dei “Mac che costano irragionevolmente di più”, eccetera eccetera).

Una postilla sull'estinzione della FireWire 400

Mele e appunti

Una parte del post di ieri mi è rimasta nella penna, come si suol dire. Un’osservazione che ho dimenticato di fare a proposito dell’introduzione del nuovo Cinema Display a 24 pollici con tecnologia LED è che anch’esso si può aggiungere ai segnali che indicano che la FireWire 400 ha i mesi contati. Osservando le specifiche tecniche della vecchia serie di Cinema Display possiamo vedere che sono dotati sul retro di due porte USB 2 e due porte FireWire 400. Il nuovo Cinema Display da 24 pollici sul retro ha soltanto tre porte USB 2. È assai probabile che se nei prossimi mesi Apple rinnoverà l’intera gamma di monitor, anche gli altri modelli di Cinema Display perderanno le due porte FireWire 400 a favore di tre sole porte USB 2. A meno che, ovviamente, Apple non decida di mettere delle porte FireWire (800) sul monitor di punta, ma non vedo il senso di fare questa differenziazione sui monitor, che dovrebbero poter essere compatibili con tutti i Mac.

Ancora sull'evento Apple del 14 ottobre: l'importanza di DisplayPort

Mele e appunti

Come ho già detto nei post precedenti, osservando l’evento del 14 ottobre con un po’ di distacco — senza ostinarsi su questioni come l’abbandono della porta FireWire 400 sui nuovi MacBook o sugli schermi riflettenti — è possibile notare alcuni dettagli che a mio avviso sono indicativi di come tale evento sia soltanto l’inizio di un ciclo di rinnovamento.

Uno di questi dettagli è il nuovo connettore DisplayPort, presente sui nuovi MacBook, MacBook Pro e sui rinnovati MacBook Air. No, non si tratta dell’ennesima scelta di utilizzare una porta proprietaria: DisplayPort è uno standard aperto promosso da VESA (Video Electronics Standards Association), e già supportato da altri costruttori di computer come Lenovo, HP, Samsung e Philips. È più pratico e più performante del DVI che va a sostituire. Il Mini DisplayPort che Apple ha inaugurato sui nuovi portatili è anche molto più piccolo del vecchio connettore DVI. La maggior praticità di DisplayPort è data dal fatto che non è necessario assicurare il connettore con le due viti laterali e che è meno probabile danneggiarne i pin, più robusti della controparte DVI. DisplayPort è più performante del DVI in quanto è dotato di una ampiezza di banda maggiore, e rende possibile pilotare anche un Cinema Display da 30 pollici.

Dettagli tecnici a parte, un indizio interessante è dato dal nuovo Cinema Display LED a 24 pollici. Al momento, infatti, è l’unico monitor a richiedere necessariamente una connessione DisplayPort per funzionare. Questo lo rende collegabile, per il momento, soltanto ai nuovi MacBook, MacBook Pro e ai rinnovati MacBook Air. Ora, visto che Apple non rinnovava la gamma dei Cinema Display dal 2004, mi sembra legittimo azzardare l’ipotesi che nei prossimi mesi vedremo altri Cinema Display ad affiancare quello appena presentato, e che anche il resto dei Mac verrà probabilmente ‘rinfrescato’ per avvantaggiarsi della tecnologia DisplayPort e quindi poter utilizzare i nuovi monitor. Fin qui sono previsioni facili: chissà se Apple butterà dentro qualche sorpresa nelle prossime tappe del percorso (Macworld gennaio 2009, qualche evento di primavera, WWDC 2009). Sto puntando lo sguardo al Mac mini, per esempio: è il modello che più di tutti, secondo me, ha bisogno di una rinfrescatina e non gli farebbe male un processore più veloce e una scheda grafica Nvidia 9400M, per dire. Se l’hanno messa nel MacBook Air… Sono convinto che ci saranno sorprese sul fronte dei desktop, e vista l’imprevedibilità che tutto sommato caratterizza Apple (la scomparsa della porta FireWire è stata davvero inaspettata), non è detto che fra queste sorprese ci sia persino la scelta di sopprimere del tutto il Mac mini. Ma qui si entra nella speculazione più astratta.

(Le informazioni su DisplayPort sono state ricavate da questo articolo di Macworld USA, di cui consiglio la lettura).