Trucchetto della domenica

Mele e appunti

Ho scoperto per caso questa funzione di Safari mentre stavo leggiucchiando i miei siti preferiti questa mattina. In Safari 3 facendo clic su un link in una pagina web e tenendo premuto il pulsante del mouse (per evitare che il browser carichi il link), è possibile trascinare il link sulla barra dei pannelli. Safari 3 aprirà il link in un nuovo pannello. Molto comodo quando magari si sta leggendo un blog con molti collegamenti esterni e si vuole tenere tutto sott’occhio in vari pannelli.

Già che ci siamo, colgo l’occasione per confermare la totale assenza di problemi da quando ho installato Safari 3. Io che ho sempre snobbato Safari a favore di Camino, mi sto rendendo conto di usare di più Safari da quando è stato aggiornato alla versione 3. Camino però continua ad avere una gestione migliore dei banner pubblicitari nelle pagine web (ovvero me li toglie dalla vista nel 90% dei casi) e non si limita al blocco delle finestre pop-up.

Beata ignoranza

Mele e appunti

L’ottimo Mark Pilgrim, un anno fa o poco più, annunciava trionfante il suo addio ad Apple e il passaggio a un computer Lenovo, su cui installare Linux. Per chi non frequenta il sito/weblog di Pilgrim, occorre spiegare come il nostro stia portando avanti una campagna personale volta all’utilizzo sempre più esclusivo di sistemi e soluzioni open source. Pilgrim ha più volte criticato Apple in quanto, nel suo (più o meno) piccolo, anche Apple implementa soluzioni proprietarie che “obbligano” l’utente Mac a rimanere “legato” ad Apple per la conservazione dei propri dati (fra gli altri, questo post è il più eloquente in proposito).

La scelta di Pilgrim è stata coraggiosa e lui ha tutta la mia stima (come l’ha sempre avuta, del resto). Ho seguito abbastanza costantemente le sue avventure e le sue soddisfazioni da quando è passato a Linux. Un power user come lui non ha avuto grossi problemi, neppure dopo essere stato utente Mac per 20 e passa anni. È un programmatore con un curriculum impressionante.

Poi leggo un suo post recente, Help me upgrade my CPU [Aiutatemi a fare l’aggiornamento del processore], in cui il nostro eroe ammette con straordinario candore di non aver mai fatto un aggiornamento del processore in tutti i 23 anni di utilizzo di computer. Vuole passare a un Intel Core 2 Duo E6700 senza dover comprare una nuova macchina. Si seguano i link nel suo post, si leggano i commenti e i suggerimenti. Io l’ho fatto e la mia reazione è stata: se anche un Mark Pilgrim fatica a districarsi in tutta questa merd… selva contraddittoria di informazioni che occorre sapere se si vuole aggiornare un sistema PC, beh, preferisco restare dove sono, cioè con macchine Apple. Il sistema e il software che utilizzo in quanto utente Mac forse non saranno un trionfo di open source, ma almeno evito certi mal di testa.

Fra l’altro, da quel post (8 luglio) Mark non ha ancora aggiornato il suo blog. Ce l’avrà fatta ad aggiornare il suo Lenovo?

Il prossimo iPod

Mele e appunti

Con tutto il chiacchierare sul fenomeno iPhone e la sua geniale interfaccia, quasi ci si dimentica degli iPod. Da tempo si vocifera che usciranno dei nuovi iPod quest’autunno, ed è un fatto assai probabile. C’è chi comincia a chiedersi, data l’ottima partenza commerciale di iPhone, se per caso questo non andrà a incidere sfavorevolmente sulle vendite dell’iPod. Basta osservare la bellezza dell’interfaccia della funzione iPod contenuta in iPhone per capire che si tratta di un dubbio più che legittimo.

Sono molto, molto curioso di vedere come sarà il prossimo iPod. Sarà come l’attuale, ma senza ghiera cliccabile e con uno schermo più grande, che occuperà l’intera parte frontale del dispositivo e con l’input affidato alla stessa tecnologia multi-touch dell’iPhone? O sarà come un iPhone ma senza la funzione telefono? (Ovvero, un iPod dotato di tecnologia Wi-Fi, e quindi di un browser e di un client email). Oppure sarà qualcos’altro, diverso e distante sia dagli attuali iPod 5G, sia dall’iPhone?

Negli oscuri anni Novanta, Apple non brillava per chiarezza in quanto a linee di prodotto. Troppi Mac troppo simili fra loro, troppe sigle e numeri (es. PowerMac 9500/120, 9500/132, 9500/150, 9500/180MP, 9500/200…). Dopo il ritorno di Jobs (1997–98) e l’introduzione del primo iMac, le cose sono andate migliorando e le varie famiglie di prodotti si sono progressivamente semplificate, raggiungendo l’apice nel momento presente. Apple ha capito la lezione, e in quest’ottica è essenziale che iPhone e iPod non si pestino i piedi a vicenda. Con il prossimo iPod, Apple in un certo senso deve innovare, e deve presentare un aggiornamento del dispositivo ben più radicale di quello visto con il passaggio da iPod di quarta generazione a iPod di quinta generazione. Apple ha dimostrato, in questo campo, di essere l’unica a poter battere se stessa, l’unica a poter giocare al rialzo. L’unica, per esempio, ad avere il coraggio di far uscire di produzione un modello di grande successo come l’iPod mini proprio quando stava vendendo bene. Lo ha sostituito con il nano, che ha finito col vendere ancora di più.

Questo mi fa pensare che vedremo un iPod di sesta generazione con qualche elemento di genialità che farà stupire prima, e vendere un’altra milionata di esemplari poi. Di certo verrà in tagli capienti (magari l’80 GB sarà il modello d’ingresso), magari ritorneranno i colori (oppure sarà di monocromatica eleganza come l’iPhone), e credo sia scontato che avrà la tecnologia multi-touch e un’interfaccia molto simile alla funzione iPod dell’iPhone. Non credo che prenderà in prestito molte altre caratteristiche dell’iPhone. Non credo, quindi, che avrà un browser o un client email. Fra iPhone e iPod, è il primo a svolgere le funzioni di PDA, e mi sembra sciocco confondere la gente presentando le stesse funzioni anche nell’iPod. No, l’iPod deve continuare a puntare su musica e video, e offrire novità e migliorie che ruotino intorno alla funzione originaria dell’iPod, quella di lettore musicale (e video). Anche senza browser e programma di posta, il prossimo iPod potrebbe però avere ugualmente il Wi-Fi. Ora che la tecnologia permette di ottimizzare in modo migliore i consumi delle batterie, sarebbe interessante vedere un iPod dotato di connettività wireless, magari con una funzione iTunes Store che permetta di visitare il negozio online di Apple e di comprare musica mentre si è on the road. Oppure con una connessione Bluetooth, per poter collegarvi auricolari Bluetooth e ascoltare la musica senza fili che si impigliano nei vestiti.

Congetture a parte, una cosa vorrei dal prossimo iPod: che non sparissero definitivamente i pulsanti. E non sono il solo. I controlli sensibili al tocco, come fa giustamente notare Dan Frakes, saranno anche una bella cosa, molto cool e molto efficace: l’interfaccia di iPhone lo dimostra. Ma quando si tratta di mettersi il lettore musicale in tasca, in un marsupio, nella borsa, e lo si vuole comandare senza doverlo estrarre e guardare tutte le volte, i controlli sensibili al tocco sono una tragedia. Ho un iPod di terza generazione anch’io, e le osservazioni di Frakes sono azzeccate. Per intenderci, l’iPod 3G è quello con i quattro pulsanti in fila sotto lo schermo. La ghiera, non avendo le funzioni dei quattro pulsanti nei quattro punti cardinali (come negli altri iPod), non è “cliccabile”, è un’area circolare sensibile al tocco. Comandare questo iPod alla cieca è un pasticcio: cerchi di andare al brano successivo e invece metti in pausa la riproduzione di quello attuale, oppure vai all’inizio, e nel frattempo tocchi di striscio la ghiera e abbassi il volume. Per questo quando acquistai l’iPod 3G, aggiunsi all’acquisto anche il remote, che aveva tutti i comandi necessari in pratici pulsanti ben individuabili, oltre che un cavo di notevole lunghezza, così da poter mettere l’iPod nello zaino e comandarlo senza doverlo togliere da lì.

Non sarebbe inelegante dotare l’iPod di sesta generazione di pulsanti fisici, anche piccoli, magari disposti sui lati del dispositivo, mentre la parte frontale rimane tutta dedicata all’ampio schermo sensibile al tocco. Oppure, se Apple preferisce optare per un piccolo monolite senza sporgenze sgraziate, dotare l’iPod di un piccolo remote con i comandi essenziali per usarlo senza per questo toglierlo dalla tasca ed essere costretti a interagire usando esclusivamente lo schermo sensibile al tocco. Il fatto che tale approccio sia l’elemento chiave vincente dell’interfaccia di iPhone, non è detto che debba per forza esserlo con un dispositivo come l’iPod.

Il mistero della batteria

Mele e appunti

È da tre giorni che la batteria del mio buon vecchio iBook SE 466MHz (FireWire) mi dà problemi. Un bel mistero: la batteria è praticamente nuova: acquistata nel 2005, è sempre rimasta sigillata e conservata in modo appropriato fino a gennaio 2007, quando la batteria originale teneva così poca carica che ho deciso di toglierla e mettere la nuova.

Quando ho installato la nuova batteria, ho seguito tutte le procedure di rito per “svezzarla”, effettuando alcuni cicli di scarica completa e ricarica. Da subito questa batteria ha dato prestazioni più che eccellenti: 5 ore e 40 minuti di autonomia reale, con l’iBook in uso (luminosità diminuita, normale accesso al disco, AirPort sempre attiva). coconutBattery indica inoltre che si tratta di una batteria più capace della originaria, restituendomi un valore di 3847 mAh contro i 3600 della batteria originale.

Sin dall’inizio ho trattato la nuova batteria con molta cura, evitando per esempio di fare cicli di ricarica incompleti, e cercando di usare frequentemente l’iBook solo con la batteria, in modo da “far lavorare gli elettroni”, per così dire.

Ecco, è da tre giorni che l’iBook non ricarica la batteria. Una settimana fa ho usato l’iBook solo con la batteria, e questa si è scaricata diciamo fino ad avere un 70% della carica totale. Collegato l’alimentatore, ho messo l’iBook in stop e non l’ho più toccato fino al giorno seguente (o forse due giorni dopo). Risvegliato dallo stop e scollegato l’alimentatore, l’icona della batteria non era piena, e l’indicatore di carica mi informava che la batteria era ancora al 70% della carica. Morale: non era stata ricaricata.

E continua a non ricaricarsi. Le ho provate un po’ tutte. In ordine sparso:

1. Downgrade a Mac OS X 10.4.9 – Inizialmente ho pensato che il problema potesse essere in un aggiornamento a Mac OS X 10.4.10 andato male. Visto che 10.4.9 non mi aveva dato alcuna preoccupazione, ho fatto il downgrade. Procedura lunga e noiosa (Reinstallazione di Mac OS X 10.4 dal DVD originale con un “Archivia e Installa”, applicazione del Combo Update 10.4.9). Niente.

2. Reset del Power Manager – La mossa più ovvia, unitamente al reset della PRAM. Nulla di significativo, o forse sì: dopo un reset della PMU, l’iBook si mette a caricare la batteria, ma dopo 3–5 minuti l’icona con il fulmine (che segnala che la batteria si sta ricaricando) se ne va e appare l’icona con il simbolo della spina, come se l’iBook pensasse di aver ricaricato completamente la batteria.

3. Reset profondo mediante Open Firmware – Cercando in rete, ho scoperto che qualche anno fa un tizio lamentava il mio identico problema in un forum e la situazione si è risolta per lui riavviando l’iBook in Open Firmware (Mela-Opz-O‑F) e scrivendo reset-nvram seguito da reset-all. Buon per lui; a me non ha dato alcun risultato.

4. Riparazione dei permessi – Sempre secondo altre testimonianze, poteva essere un espediente da provare. Provato. Nulla di fatto.

5. Riavvio in Mac OS 9 – Fra i suggerimenti trovati in rete che hanno dato buon esito, c’era quello di riavviare l’iBook da Mac OS 9, resettare il Power Manager, riavviare nuovamente in OS 9, per vedere la batteria cominciare a ricaricarsi. Niente da fare. Anche in OS 9, dopo qualche minuto di ricarica, l’alimentatore smetteva di ricaricare. Un utente, come ultima risorsa, ha consigliato di togliere e rimettere la batteria (tenendo l’iBook acceso e alimentato) ripetutamente finché il computer non la “riconosca” e incominci a ricaricarla stabilmente. Che è quel che sto facendo, ma la batteria continua a ricaricarsi solo per pochi minuti. Poi mi tocca riprovare con il togli-e-metti. È frustrante, perché non posso stare tutto il giorno a fare il battery-sitter.

6. Connessione ad altre prese di corrente Questa pagina del supporto Apple (in inglese) fa notare che l’alimentatore può smettere di funzionare “autosospendendosi” se rileva del rumore sulla linea elettrica. Ho provato a seguire il metodo suggerito, di staccare la spina per un minuto e ricollegare. Ho provato a cambiare presa di corrente, collegando l’iBook a quattro prese diverse in stanze diverse. Niente.

Esaminando il problema e ragionando per esclusione, i due maggiori indiziati sono l’alimentatore e la batteria stessa. Non sono un esperto in elettrotecnica, però mi sembra improbabile che l’alimentatore alimenti il computer correttamente ma abbia perso la capacità di ricaricare la batteria. In fin dei conti, per 5 minuti alla volta, la batteria viene ricaricata.

Che sia la batteria? Che cosa può causare un improvviso malfunzionamento di questo tipo? Non ci sono state variazioni nella normale manutenzione e uso della batteria, e fino a pochi giorni fa la batteria non ha dato segni di cedimento, né ha manifestato strani comportamenti. I cicli di scarica/ricarica sono sempre andati a buon fine. Appena posso, provo a rimettere la batteria originale, per vedere se viene ricaricata correttamente (malgrado sia quasi del tutto esaurita).

Nel frattempo, la faccenda rimane irrisolta, e accetto consigli e considerazioni.

Soggetto sottinteso

Mele e appunti

1. Perdersi in un bicchier d’acqua: Nokia 6630

Incomincio con un’avvertenza. Prima di essere assalito dai fedelissimi utenti Nokia, voglio puntualizzare la natura estremamente specifica (ma non per questo meno emblematica) dell’esempio che vado a illustrare. In altre parole: è una cosa che ho notato su questo preciso modello, il 6630, che non è proprio tra i più recenti, per cui è possibile che nei nuovi Nokia la procedura sia molto più semplice, rapida e meno ambigua. Almeno così mi auguro.

Ora veniamo al sodo. L’altro giorno il fratello di Carmen, la mia fidanzata, ci ha passato qualche motivetto in formato MP3 da usare come suoneria o tono di avviso messaggio. Abbiamo attivato Bluetooth sui nostri cellulari, e lui ci ha inviato i file. Lui ha un Sony Ericsson z610i, io un Sony Ericsson z310i, Carmen un Nokia 6630.

Il passaggio dei file è semplice e trasparente. Come vengono gestiti, a quanto mi è dato vedere, cambia fra una marca e l’altra. Chiameremo il file in questione “Mr Sandman.mp3”.

Passaggio da Sony a Sony: il mio z310i mi avverte che c’è un file in arrivo. Accetto il file? Dopo la mia conferma, lo z310i mi propone subito di archiviare il file in un luogo pertinente e di usarlo in un modo pertinente, ovvero come suoneria, tono di avviso messaggio, ecc. Un paio di clic, ed ecco che il file MP3 è già diventato la mia nuova suoneria principale. Passaggio da Sony a Nokia: qui viene il bello. Il file viene salvato insieme ai messaggi (SMS e MMS) in arrivo, e rimane lì fino a nuovo ordine. In un’interfaccia utente un minimo decente, si dovrebbe poter scegliere il file e, con l’aiuto di un menu di opzioni, salvarlo direttamente tra i file sonori. Da lì, con un altro menu, impostarlo come suoneria principale. Non il massimo della velocità, ma almeno pare un processo coerente. Macché. Dall’archivio dei messaggi in arrivo, il file può essere archiviato altrove, in una cartella di “Miei Documenti” o giù di lì (vado a memoria, e l’interfaccia del Nokia in questione è in spagnolo). Poi occorre muoversi in una serie di cartelle nidificate nella memoria del telefono, fino ad arrivare ai Suoni. Da lì, l’unica opzione utile è “Cercare” il file. Non esiste nemmeno un “Aggiungi file”, cosa che trovo assurda. Ok, cerchiamo il file. Inserire testo. Provo con le prime due lettere del file, “Mr”. Niente. Provo con il nome intero del file, “Mr Sandman”. Niente. Provo con il nome intero del file + l’estensione, “Mr Sandman.mp3”. Niente. Comincio a chiedermi dove sia il file.

Ora, il Nokia 6630 è dotato di due memorie, quella interna del telefono, e quella aggiuntiva che proviene da una sorta di memory stick che si inserisce nel telefono, in questo caso da 40 MB. Dato che il file non è sparito, è logico immaginare che sia stato archiviato nell’altra memoria, quella aggiuntiva. Ritorno indietro, alla cartella “Miei Documenti”, sposto il file dalla memoria esterna a quella del telefono. Il file va a finire, guarda un po’, in una cartella “Miei Documenti” del tutto identica ma nella memoria del telefono. Voglio sottolineare a questo punto che la gerarchia e il percorso delle cartelle personali di entrambe le memorie sono identici, e non sembrano esserci delle indicazioni chiare e ben visibili per capire se il file “Mr Sandman.mp3” si trovi nell’una o nell’altra. L’altra cosa assurda è che la funzione di ricerca non sia in grado di trovare niente al di fuori della memoria interna del telefono. Infatti, una volta spostato il file nella memoria interna, una volta ritornato alla cartella Suoni e rifatta la ricerca, il file è stato immediatamente localizzato e aggiunto ai toni e alle suonerie. Tornato per l’ennesima volta al menu principale e navigato alla cartella Impostazioni, ho potuto finalmente impostare il file MP3 come suoneria principale sul Nokia.

Considerazioni – Non ho mai visto un procedimento più contro-intuitivo di questo. Non solo il numero di clic, passaggi a menu, navigazione fra opzioni per la scelta del percorso “vincente” è incalcolabile, ma tutta la procedura si è svolta a tentoni e nient’affatto facilitata dall’interfaccia utente, priva in questo caso di opzioni previste dal buonsenso (perché non posso spostare un file sonoro insieme ad altri file simili partendo dal file stesso? Perché in una cartella dove è possibile aggiungere nuovi elementi non esiste un’opzione “Aggiungi”?), priva di elementi evidenti che possano disambiguare una situazione (per esempio: mi sto muovendo nella memoria interna del cellulare o in quella aggiunta? Il file taldeitali, dove si trova esattamente?) e, in ultima analisi, priva di chiarezza.

Il “soggetto sottinteso” che dà il titolo a questo post è ovviamente l’iPhone. Mentre mi affannavo a spostare quel maledetto file all’interno del Nokia per poterlo usare come suoneria, pensavo al lavoro immane di chi ha progettato l’interfaccia utente di iPhone. Pensavo alle soluzioni che quel team di ingegneri avrà esaminato, provato, scartato, accorciato, migliorato. Pensavo all’incredibile risultato che hanno ottenuto. Perché il punto è questo: un fedele utente Nokia potrà obiettare alle mie osservazioni dicendomi semplicemente: Si vede che non hai mai usato un Nokia, non sei pratico, basta fare così e cosà. Ma immagino che questa persona avrà perlomeno letto un manuale Nokia in vita sua, che spiega come svolgere queste assurde procedure. Una procedura, per illogica contro-intuitiva e complessa che sia, una volta memorizzata, viene percepita dal’ormai power user come semplice. La grande cosa dell’interfaccia dell’iPhone è che non occorre realmente essere “pratici” di quel dispositivo, non occorre buttare del tempo per familiarizzare con l’oggetto. Accendi l’iPhone ed è tutto lì davanti. Familiarizzi con il toccare lo schermo sin dall’inizio, da quel “Slide to unlock” che permette di sbloccare il telefono. La manipolazione di oggetti (messaggi, immagini, elementi Web, ecc.) è più intuitiva, e in ogni momento sullo schermo sono presenti tutti gli elementi necessari a portare a termine un’azione nella maniera più coerente ed economica (ossia con il minor numero possibile di passaggi). Per ogni oggetto le opzioni disponibili sono tutte sul piatto, in forma di icone o di menu contestuali. Non si devono “cercare” o “indovinare” opzioni o procedure.

2. Il lato oscuro del touch-screen: gli sportelli bancomat di Caja Madrid

Quante volte vi è capitato di voler prelevare 20 Euro e di riceverne 100 dallo sportello bancomat? Non molte, suppongo. Certo, sarebbe bello che il bancomat sputasse 100 Euro addebitandone solo 20, ma purtroppo non è così. E a me è capitato due volte in due settimane. La colpa, anche questa volta, è dell’interfaccia utente, unita a una pessima implementazione della tecnologia touch-screen. Gli sportelli bancomat della banca Caja Madrid hanno schermi leggibili e una grafica gradevole, ma il bello finisce lì. Una volta inserita la tessera e digitato il codice PIN, ecco che si presenta davanti agli occhi l’infernale schermata in cui selezionare quanto denaro prelevare. Vi sono varie opzioni, corrispondenti a vari tagli (da 20 a 500 Euro, se non ricordo male), quattro incolonnate sulla sinistra, quattro sulla destra. Per scegliere, occorre toccare lo schermo in corrispondenza di pulsanti “virtuali”, oppure inserire con la tastiera numerica un taglio diverso, se non è presente nelle opzioni (es. 10, 30, 70 Euro). I problemi sono due: tutti questi schermi sono disallineati pericolosamente, ossia spesso premendo esattamente sul pulsante virtuale (dove uno si aspetta di premere) non accade nulla. Occorre premere nuovamente, magari un po’ più a destra, o un po’ più in alto, o sul numero scritto a fianco. A volte occorre premere con un colpo deciso di polpastrello, senza tenerlo troppo sullo schermo. Non esiste alcun tipo di feedback. Si va a tentoni, sperando tutto vada per il meglio. Molto spesso va tutto bene, ma è una questione di fortuna, non di buona interfaccia.

L’altro problema è che non è possibile annullare l’operazione in caso di errore… perché non viene fornita una schermata di conferma della quantità di denaro richiesto, cosa che la stragrande maggioranza (se non la totalità) dei bancomat di altre banche implementano. Con schermi tattili dalla sensibilità imprevedibile, con un’interfaccia grafica mal disegnata (in altre schermate i pulsanti virtuali sono così vicini che è molto facile commettere errori), mi sembra il minimo proporre una schermata che dica: “20 Euro a debito, premere Continua per confermare”. Invece no. Una volta premuto il pulsante virtuale, lo sportello comincia la procedura di prelievo, sputa la tessera e il denaro. E come dicevo, in un paio di occasioni mi sono ritrovato 50 e 100 Euro quando ne avevo richiesti solo 20. Probabilmente perché l’interfaccia touch-screen era disallineata o troppo sensibile al tocco involontario (magari di un altro dito della mano). Con una schermata di conferma l’utente può accorgersi che qualcosa è andato storto e annullare il prelievo, o tornare alla videata precedente e correggere.

Considerazioni: Oggi la tecnologia touch-screen è sempre più onnipresente e viene vista da molti come “il futuro”. Può esserlo, non lo nego. Sono molto affascinanti i filmati di vari prototipi di “scrivanie” o grandi schermi touch-screen alla Minority Report, per intenderci. Ma il progresso non è il touch-screen fine a se stesso. Il progresso non può e non deve prescindere dall’interfaccia utente. Il touch-screen è un mezzo, e non sempre è il più efficace. Per compiere operazioni delicate, che necessitano di precisione, è importante che lo schermo sia di alta qualità e che vi sia un feedback tattile e soprattutto visivo di quel che sta accadendo. Anche in questo caso l’iPhone si comporta bene. Dato che, a parte il pulsante Home, tutto sull’iPhone si ottiene toccando lo schermo, è necessario che la tecnologia touch-screen (il mezzo che permette di usare l’iPhone) sia all’altezza della situazione e che espleti la sua funzione in modo soddisfacente e convincente. In altre parole, la tecnologia touch-screen (o multi-touch in questo caso) può essere applicata a un telefono con risultati eccellenti, ma ciò non vuol dire che possa essere indiscriminatamente applicata a qualsiasi cosa abbia uno schermo. Un computer con un grande schermo come unico dispositivo di input sarebbe altrettanto efficace? È bello vedere quei prototipi dove un tizio manipola immagini e mappe satellitari con le dita, ma pensiamo ad applicazioni più mirate, come la gestione dei testi, come l’applicazione di un filtro di Photoshop a un’area molto piccola di un’immagine, o il disegno tecnico. Pensiamo a quanto faticoso e improduttivo sarebbe lavorare una giornata su schermi del genere.

O pensiamo agli sportelli bancomat. A parte il caso specifico di Caja Madrid, ho notato sportelli di altre banche (almeno qui in Spagna), dove il sistema di input è ibrido: alcune scelte si confermano toccando lo schermo, altre premendo fisicamente dei tasti sulla tastiera dello sportello automatico. Spesso a video non vengono date informazioni chiare e uno si chiede: dovrò premere il pulsante “Conferma” a video o il tasto verde “Conferma” sulla tastiera? Sembrano sciocchezze, ma questi dispositivi stanno maneggiando il nostro denaro, e sarebbe auspicabile un miglioramento dell’interfaccia e una scelta più assennata della tecnologia da impiegare per utilizzare tale interfaccia.