Tecnologia e cervello

Mele e appunti

Sto pian piano esaurendo gli articoli non letti accumulatisi durante il mio distacco da Internet il mese scorso. Sono incappato in questo post di Christopher Fahey che si intitola Totaled Recall: How technology is ruining our brains, ossia letteralmente “Memoria allo sfascio: Come la tecnologia sta rovinando la nostra mente”. La sezione chiave per me è questa, che traduco e propongo:

Tempo fa gli esseri umani avevano una memoria eccezionale. Dato che i materiali per scrivere erano molto costosi, e l’alfabetismo una cosa rara, le persone che avevano necessità di spostare la conoscenza attraverso spazio e tempo facevano affidamento sull’unica opzione disponibile: il loro cervello.

Oggi quasi facciamo fatica a ricordarci un numero di telefono, mentre soltanto una decina di anni fa molti di noi riuscivano a ricordarne decine, se non centinaia. Tutto perché una tecnologia (lo speed dial) è andata a sostituire quella parte di fardello cognitivo. I motori di ricerca ci permettono di non dover ricordare nulla, dato che possiamo sempre cercare su Google. Alcuni sostengono che questo ci dia maggiori potenzialità rispetto ai nostri predecessori, da un punto di vista mentale, poiché in questo modo possiamo dedicare il cervello a nuovi tipi di idee invece di sprecare troppi neuroni impiegandoli in stupide attività come l’immagazzinamento e il recupero di informazioni memorizzate.

Ma è davvero un fardello? Non credo. Mio nonno, che è stato anche un insegnante di inglese, era capace di recitare centinaia di poesie e di passaggi letterari che sapeva a memoria. Mi piaceva pensare che, per il fatto che tali ‘contenuti’ esistessero nella sua mente (ed erano prontamente accessibili grazie alla sua attività volontaria di memorizzazione), la sua sfera interiore fosse in qualche modo più ricca. Immaginavo anche che parole e stralci di poesia potessero farsi strada nel suo scrivere, e perfino nei suoi sogni.

Tornando sulla mia idea formidabile [e dimenticata] di ieri, mi rendo conto dell’errore commesso: ho scartato subito l’opzione di appuntarmela su un foglio di carta. Mi sono disarmato del più potente strumento di memorizzazione che possiedo. Ho pensato a un sacco di altre possibilità apparentemente più ‘cool’ [mandarmi un’email, lasciarmi un messaggio in segreteria, pensare a qualche applicazione per iPhone di riconoscimento vocale, ecc.] invece che carta e penna.

Oltre al linguaggio, lo scrivere e il disegnare sono le tecnologie di informazione più essenziali degli esseri umani. Queste tre tecnologie rappresentano il punto più alto (finora, almeno) raggiunto nel raffinare la cosiddetta ‘interfaccia umana’. Infatti il parlare, lo scrivere e il disegnare sono interfacce così efficienti verso un’esperienza cognitiva diretta che, come ha sostenuto Andy Clarke, possono essere considerate estensioni cibernetiche della nostra mente. Non vi è dubbio che parlare di qualcosa, o scriverne, annotarlo, aiuta a riflettere maggiormente su di esso e consente a un’idea di diventare parte della ‘memoria di bordo’, come le poesie che mio nonno aveva memorizzato.

Pertanto mi preoccupa non poco l’aver seriamente considerato altre tecnologie meno efficaci (anche se più moderne e ‘cool’). Suppongo che il motivo per cui difendo così tanto il disegnare e tracciare schizzi è perché sono frequentemente tentato da soluzioni tecnologiche.

Mi chiedo quante persone abbiano preso questo tipo di decisione in modo permanente, ossia che hanno deciso di affidarsi a strumenti tecnologici per tutte le proprie esigenze di memorizzazione a breve e lungo termine. E mi chiedo come tale cambiamento comportamentale a livello di società abbia intaccato la nostra capacità di pensare e produrre nuove idee.

In altre parole, la tecnologia e le sue protesi stanno espandendo o atrofizzando il nostro cervello? Me lo chiedo anch’io. Ironicamente, leggendo questo articolo mi sono ricordato che era da molto tempo che volevo proporre tale argomento di discussione sul mio blog, che avrei dovuto appuntarmelo ma me ne sono dimenticato. È un’idea, infatti, che risale a prima che decidessi di tenere un quaderno di appunti per Autoritratto con mele.

Fin da piccolo ho sviluppato un contatto viscerale con la carta e la penna. Consumavo una gran quantità di fogli, quaderni, agende, penne e matite per scrivere, disegnare, pasticciare, tanto che i miei familiari mi chiamavano ‘il piccolo scrivano’. Moltissima produzione creativa, dalle poesie ai racconti a progetti di prosa più estesi e complessi, con me è sempre partita scritta a mano su fogli, quaderni, agende. Le cose più interessanti, poi, finivano dattiloscritte e ordinate. Quando il computer ha cominciato ad avere un ruolo sempre più accentratore nella mia vita, mi sono trovato spesso a combattere fra due scelte: persistere con la scrittura a mano e poi l’immissione dei dati e quindi la trasformazione elettronica dei documenti, oppure affidarmi esclusivamente ai supporti di memorizzazione offerti dalle macchine, sempre più sofisticate, che ho imparato a usare?

Per un periodo relativamente lungo la scelta preponderante è stata la seconda, soprattutto per ragioni di tempo, e poi di quella che chiamo ‘economia cerebrale’: se sono già davanti al computer, annoto o scrivo o compongo qualcosa direttamente in un nuovo documento di testo. È comodo, ci mancherebbe altro, perché complicarsi la vita altrimenti?

Un giorno mi sono fermato a riflettere mentre riordinavo vecchi scritti e mi sono reso conto che da quando ho smesso di avere quel contatto viscerale, quel rapporto continuativo con la carta e la penna, ho anche smesso di produrre scritti creativi ‘finiti’. Era come ritrovarsi davanti al letto rinsecchito di quel che era sempre stato — scusate l’immagine abusata — un fiume in piena. Certo, può anche trattarsi di una coincidenza: da quando, nel 2000–2001, ho iniziato a lavorare per mio conto, il tempo per la scrittura creativa si è ridotto sensibilmente, sono aumentate le preoccupazioni legate al pane quotidiano, ed è comprensibile che le mie energie siano state indirizzate altrove; eppure il 2002–2003 per me è stato il biennio più pieno, lavorativamente parlando, ma dato che all’epoca continuavo imperterrito a servirmi di carta e penna per annotazioni, idee, progetti, la vena creativa non ne aveva risentito granché. Dormivo tre-quattro ore per notte pur di finire un racconto breve. Poi, la secca.

Da quel giorno mi sono obbligato a riprendere le mie penne stilografiche, i quaderni, le moleskine, e via dicendo. Sto facendo un discorso personalissimo, beninteso, e non ho intenzione di dimostrare alcuna tesi. Dall’analisi della mia esperienza personale posso dedurre che il periodo di tempo, grossolanamente compreso fra il 2004 e il 2008, in cui più mi sono affidato a ‘stampelle tecnologiche’ e in cui mi sono fatto maggiormente assorbire dal computer e dal Web, è stato il più arido creativamente, il più frammentario, il più opaco a livello di ricchezza cognitiva interiore, per così dire. Faticavo a ricordare passaggi poetici o banalmente canzoni che, solo per averle cantate centinaia di volte, le pensavo ormai tatuate dentro. Ho pensato di correre ai ripari e di riprendere quel contatto perduto con la scrittura a mano. Che non è solo il sedersi di fronte a un foglio e scrivere; è rimettersi in un contesto ‘decontaminato’ in cui non c’è lo schermo di un computer davanti, con le sue tentazioni telematiche da Paese dei Balocchi. È il sedersi in un luogo tranquillo, un angolo d’appartamento (in tutti i sensi) e ricreare quella sfera di concentrazione e pensiero fra occhio, mano e foglio. Quel silenzio in cui la mente si mette in movimento e agisce invece di subire.

Sarebbe interessante conoscere le vostre esperienze in proposito.

Aggiornamenti e dettagli che sfuggono

Mele e appunti

Da quando utilizzo il mio nuovo MacBook Pro 15’‘ ho potuto apprezzare l’estrema comodità del nuovo trackpad, gigantesco per me che vengo da un PowerBook G4 12’’. Non sono un fanatico delle gestualità sul trackpad, in generale. Sui miei PowerBook, per esempio, l’uso è sempre stato minimale: la superficie del trackpad serve a spostare il puntatore, il tasto del trackpad per fare clic. Il ‘tasto destro’ per me è sempre stato Ctrl-clic. Per dire, non mi sono mai trovato comodo a usare il tap sul trackpad per fare clic. E via dicendo.

Ci sono però un paio di gestualità a cui mi sono abituato fin dal primo giorno con il nuovo MacBook Pro: lo scorrimento con due dita e l’utilizzo di quattro dita in su e giù per Exposé, molto comodo per togliere di mezzo le molte finestre sempre aperte e raggiungere la scrivania. Non avevo mai fatto l’abitudine a scorrere con due dita con il PowerBook G4 in quanto il portatile rimaneva quasi sempre collegato, chiuso, a un monitor esterno, e la mia configurazione di lavoro principale è ‘desktop’, appunto, col portatile chiuso, monitor esterno, tastiera e Mighty Mouse wireless.

Ora che il PowerBook G4 è stato scalzato dal MacBook Pro e sono tornato a utilizzarlo in versione ‘nomade’, ho cercato fin da subito di fare lo scorrimento con due dita sul trackpad, ma mi sono ricordato che questa funzione, essendo il PowerBook del 2004, non era ancora implementata. Stavo già scaricando iScroll2 per sopperire a questa mancanza quando mi sono accorto che con l’aggiornamento Mac OS X 10.5.6 il trackpad ha un pannello separato nelle Preferenze di Sistema e, sorpresa, la modalità di scorrimento con due dita è attivabile da sistema. Non me n’ero nemmeno accorto. Ovviamente l’opzione si può attivare sui portatili compatibili, per cui suppongo dai PowerBook in alluminio in avanti. L’unica cosa che mi ha un po’ deluso è che pur impostando la velocità di scorrimento al minimo possibile, il trackpad del PowerBook G4 appare molto più sensibile e ‘nervoso’ rispetto a quello del MacBook Pro, e lo scorrimento è meno fluido. Ma a parte questo, niente da lamentarsi, anzi sono contento di questa implementazione retroattiva, per così dire.

Un’altra funzionalità che ho notato di recente, e che non ho idea di quando sia stata introdotta, è in Exposé. Quando lo si lancia e compaiono le finestre aperte delle varie applicazioni, è possibile passarle in rassegna a tutto schermo premendo il Tabulatore. Lo sto notando in Mac OS X 10.5.8, quindi non è una novità di Snow Leopard. Però anche questa è un’indubbia comodità.

Infine, e questa potrebbe essere una vecchia notizia per molti, un altro dettaglio che non avevo mai notato prima di acquistare il MacBook Pro e che forse è legato alle nuove tastiere con i tasti funzione riconfigurati, è che premendo Opzione e F1/F2 (i tasti della luminosità) si aprono le Preferenze di Sistema sul pannello Monitor; premendo Opzione e F3/F4 (Exposé e Dashboard) si apre il pannello Exposé e Spaces; e così via. Come ho già detto, per molti sarà la scoperta dell’acqua calda, ma a volte ci si incanala nel proprio abituale flusso di lavoro e nemmeno si ha tempo di esplorare. Se avete fatto simili scoperte, di funzioni o combinazioni di tasti seminascoste o poco documentate, fate sapere nei commenti, ché è sempre utile.

Ancora Psystar, come se niente fosse

Mele e appunti

Premesso che odio parlare di Psystar per quel vecchio detto che fa più o meno così: “Che parlino bene o che parlino male di me, l’importante è che parlino di me”, ma dopo aver letto la notizia su Macworld.com, e come seguito del mio precedente intervento, non ho potuto farne a meno.

Anche in questo caso, ecco tradotte le parti salienti dell’articolo:

Psystar, il produttore di cloni Mac, non ha atteso il via libera di un giudice federale per iniziare a vendere macchine dotate della nuova versione del sistema operativo di Apple, Snow Leopard, secondo quanto riporta il sito Web dell’azienda.

Tutte le nuove macchine Psystar supportano Snow Leopard e stiamo già prendendo ordini per i computer con il più recente OS di Apple, che metteremo in vendita la settimana prossima”, ha dichiarato Psystar in un post anonimo pubblicato sul blog dell’azienda.

La pagina degli ordini di Psystar presenta Snow Leopard come upgrade opzionale, a 69,99 dollari, del sistema caricato di default, Mac OS X 10.5 Leopard. Il pacchetto di upgrade a Snow Leopard, però, comprende anche una copia delle due suite Apple, iLife e iWork.

Tuttavia al tempo stesso l’azienda produttrice di cloni mette in guardia i vecchi clienti di non provare da soli ad aggiornare a Snow Leopard i propri computer Intel generici. In questo modo, ha detto Psystar, “si potrebbero provocare danni ai vostri computer”.

L’azienda non ha specificato perché gli utenti non dovrebbero aggiornare a Snow Leopard, né ha offerto alcuna indicazione su come (o se) certi sistemi possano essere aggiornati a Mac OS X 10.6 o meno. “Presto pubblicheremo delle informazioni su come aggiornare il vostro computer a Mac OS X Snow Leopard”, è stato scritto sul blog. “L’upgrade è possibile a seconda di quando il vostro computer è stato acquistato, e i costi per l’aggiornamento potrebbero variare”. 

Lasciando da parte per un momento le questioni legali, lasciando da parte per un momento che questi manigoldi rivendano Snow Leopard + iLife + iWork a 69,99 dollari; chi, in tutta onestà, si metterebbe in mano a un’azienda così? Quando parlo di design, affidabilità, qualità dei prodotti Apple, a volte vengo tacciato di essere il classico fan Apple che non ha problemi a spendere duemila euro per un Mac. In realtà è proprio perché voglio spendere bene il denaro faticosamente accumulato in vista dell’acquisto di un computer, che preferisco il prodotto Apple al cassone assemblato e hackerato per far funzionare Mac OS X. Con un Mac vero, avvio Aggiornamento Software serenamente e non mi preoccupano gli aggiornamenti minori o gli aggiornamenti delle applicazioni o di parti del sistema. Così come posso acquistare il DVD di una major release di Mac OS X e aggiornare i miei Mac senza alcun problema.

Psystar rappresenta la quintessenza di quel che per me è essere pezzenti. Si rivolge a gente che pur di risparmiare duecento dollari si porta a casa un assemblato e i relativi grattacapi (Non provate ad aggiornare da soli il sistema operativo, “si potrebbero provocare danni ai vostri computer”: ma scherziamo?). È la stessa gente che non compra mai lo shareware, che non dona nemmeno un paio di dollari a quello sviluppatore indipendente che spesso salta fuori con qualche bella utility e non pretende altro che un piccolo ringraziamento. È la stessa gente che la Creative Suite la cerca sulle reti peer-to-peer. E così via. Una mentalità condivisa dai furfanti dietro a Psystar, che hanno la faccia tosta di accusare Apple di fare concorrenza sleale quando dovrebbero guardarsi allo specchio.

Mi dispiace, ma su questo argomento sto un po’ perdendo le staffe. E non tanto perché si parli di Apple: un’azienducola che si comporta come Psystar mi farebbe girare le ventole anche se non vendesse assemblati. Mi irritano certa spudoratezza e certa mentalità. Ora pero, come diceva Virgilio a Dante, Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa.

Sostituzione iPhone: tabella di marcia (2)

Mele e appunti

3 settembre 2009 — Ore 11:50 — Lo stesso incaricato UPS che l’altro giorno è passato a prendere il mio iPhone mi chiama e mi avvisa che passerà a consegnarmi il nuovo iPhone a breve. In effetti, eccolo suonare alla porta venti minuti dopo. Come da lui previsto, la sostituzione è avvenuta in due giorni scarsi. Pazzesco. Aperta la scatola, trovo in effetti un iPhone nuovo (il numero di serie e lo IMEI sono differenti), identico al mio (bianco, da 16 GB), in una elegante confezione nera e sottile. Ora non resta che collegarlo a iTunes e ripristinare i miei dati. Fra l’altro un foglio che accompagna iPhone mi informa che questo nuovo modello porta con sé una garanzia di 90 giorni, e che se la mia garanzia originale dovesse scadere prima (infatti è così), delle due varrà quella a maggior copertura. Ottimo.

Lo strano caso di una azienda produttrice di cloni Mac che denuncia Apple per essere... Apple

Mele e appunti

Facendomi largo a fatica fra le centinaia di feed RSS ancora da leggere, sono incappato nella notizia, data da Computerworld e riportata da Macworld, secondo cui Psystar, la famigerata azienda produttrice di cloni Mac, non contenta del fallimento della prima causa intentata contro Apple, denuncia Apple una seconda volta. Le ragioni, a detta di Psystar, sono diverse rispetto alla prima causa, e riguardano Mac OS X 10.6 Snow Leopard.

Riporto prima, tradotti, i punti salienti dell’articolo:

La settimana scorsa Psystar, il produttore di cloni Mac, ha denunciato Apple una seconda volta, sostenendo che il nuovo sistema operativo Snow Leopard sia illegalmente vincolato all’hardware Apple.

Psystar ha inoltre richiesto a un giudice federale in Florida di stabilire che la piccola azienda abbia diritto ad acquistare copie di Snow Leopard sul libero mercato e di utilizzarle per installare Mac OS X 10.6 sulle macchine da essa vendute.

Vincolando il proprio sistema operativo all’hardware marchiato Apple, Apple limita il commercio di personal computer su cui gira Mac OS X, raccoglie un canone monopolistico sui propri Macintosh e monopolizza il mercato del settore ‘premium’ ”, afferma la denuncia elaborata da Psystar, presentata lo scorso mercoledì. “La quota di fatturato di Apple nel mercato dei computer ‘premium’ (ossia computer venduti a un prezzo superiore ai 1.000 dollari) è attualmente del 91%”.

[…] Psystar ha chiesto al tribunale della Florida di riconoscerle i cosiddetti ‘treble damages’ e di obbligare Apple a smettere di vincolare Mac OS X al proprio hardware Mac sia nell’accordo di licenza per l’utente finale (EULA) del sistema operativo, nonché attraverso trucchi tecnici che verificano che il computer su cui viene installato Snow Leopard sia un vero Mac.

[…] “Psystar ritiene di avere diritto legalmente a rivendere copie di Mac OS X Snow Leopard sui computer Psystar, ma è certa, basandosi sulla controversia legale ancora in corso con Apple in merito a Mac OS X Leopard, che Apple considererà illegale la scelta di vendere computer su cui gira Mac OS X Leopard”, si legge sulla denuncia. “Lo hanno sostenuto anche i legali di Apple”.

Il produttore di cloni con sede in Florida ha chiesto al giudice di stabilire che Psystar possa acquistare copie di Snow Leopard da Apple, Amazon.com e Best Buy (come sostiene di aver fatto con Mac OS X 10.5 Leopard) e che la pratica di installare Snow Leopard su cloni Mac non viola il copyright di Apple né il DMCA (Digital Millennium Copyright Act).

Secondo Psystar, “La nostra posizione nei confronti di Mac OS X Snow Leopard è analoga a quella di una persona che sviluppa un’applicazione software in modo che funzioni in Mac OS X Leopard. Così come Microsoft scrive Word e Google scrive il proprio browser web Chrome per Mac OS X, Psystar scrive il proprio software in modo che giri sotto Mac OS X Snow Leopard”.

Non so che cosa fumino in Psystar, ma evidentemente in Florida cresce roba buona.

Ora, io non sono un avvocato, e le mie conoscenze sulla legge americana sono superficiali, per usare un eufemismo. I miei commenti si basano semplicemente sull’osservazione e sul buonsenso.

In primo luogo ammetto forte meraviglia nel vedere Psystar ancora in circolazione. Se le spese della prima causa intentata contro Apple non l’hanno già buttata sul lastrico, prevedo sarà cosa certa con questo secondo tentativo. Secondariamente, mi meraviglia il continuato e provato distacco dalla realtà di questa povera azienda, che crede di essere nella legalità quando non lo è, e pretende da Apple cose che non stanno né in cielo né in terra, prima fra tutte rinunciare al copyright sui propri prodotti e conseguentemente fare beneficenza. Ma cerco di spiegare con ordine, anche se la parte citata credo parli da sola per chi ha un minimo di conoscenze su Apple.

1. Psystar sostiene che “Vincolando il proprio sistema operativo all’hardware marchiato Apple, Apple limita il commercio di personal computer su cui gira Mac OS X, raccoglie un canone monopolistico sui propri Macintosh e monopolizza il mercato del settore ‘premium’ ”. Questa è un’affermazione a dir poco tendenziosa. Il nucleo fallace della posizione di Psystar è il voler considerare l’hardware Macintosh e il sistema operativo Mac OS X come due entità separate e separabili. Non lo sono, anche se possono sembrarlo. Mac OS X è un prodotto di un’azienda che produce computer, è il software che permette di far funzionare i computer prodotti da questa azienda. Senza Mac OS X, un computer Mac non può funzionare. Apple, a differenza di quanto fece per un certo periodo negli anni Novanta, non ha licenziato il proprio sistema operativo ad altri costruttori di computer. Pertanto, già il fatto che Psystar produca macchine su cui gira Mac OS X — tra l’altro è altamente probabile, se non certo, che su queste macchine siano stati creati degli hack per fare in modo che Mac OS X le riconosca come Mac — è una questione tutta da discutere, e una pratica ai limiti della legalità.

2. Psystar, sembra chiaro, vuole giocare la carta del monopolio e invocare l’antitrust. Da quanto riportato dall’articolo, si evince che Psystar ragiona secondo questa logica: oggi Apple ha una quota di fatturato nel mercato dei computer di fascia medio-alta del 91%; Apple vincola il proprio sistema operativo al proprio hardware; ergo, Apple sta esercitando pressioni monopolistiche sul mercato. Come fosse un’altra Microsoft o un’altra Google. Come fa giustamente notare uno dei commentatori all’articolo, Psystar sta accusando Apple di avere un monopolio sui prodotti Apple, il che è ridicolo. Apple non ha mai venduto Mac OS come prodotto separato, installabile su computer non-Mac (se escludiamo quel periodo negli anni Novanta in cui diede il permesso, mediante licenza, a una serie di aziende hardware di terze parti di produrre computer su cui veniva preinstallato Mac OS); è sempre stata una soluzione integrata e atta al corretto funzionamento dei computer marchiati Apple. Tanto per fare un controesempio, Apple agirebbe scorrettamente se vendesse il proprio sistema operativo Mac OS X dichiarandolo come software installabile su qualsiasi PC mentre all’atto pratico si rifiutasse di installarsi su computer non Apple. Inoltre Apple dovrebbe trovarsi in una posizione di monopolio come azienda produttrice di software per tirare in ballo l’antitrust. Quello che molti si ostinano a non capire (come dimostrano alcuni interventi fra i commenti all’articolo) è che Apple è in una posizione completamente diversa da Microsoft. Chi sostiene che in questa faccenda Apple è in una posizione analoga a Microsoft quando fu accusata (giustamente) di vincolare Internet Explorer a Windows, approfittando della propria posizione monopolistica per imporre quel browser, non si rende conto che si sta parlando di mele e arance.

Microsoft non solo rese Internet Explorer parte integrante di Windows ma, forte della propria posizione monopolistica, costrinse i costruttori di computer ai quali veniva concesso Windows in licenza (cioè praticamente tutti) a non offrire all’utente altri browser alternativi, e questa è una pratica illecita, un abuso di monopolio per cancellare ogni concorrenza. Apple è un produttore di hardware sul quale gira software proprietario appositamente ideato, in questo caso particolare, dalla stessa azienda che produce lo hardware. Ora, secondo Psystar, dato che questa azienda vende tanti ma tanti computer, dovrebbe concedere a tutti di usare Mac OS X — quel software proprietario appositamente ideato per far funzionare l’hardware Apple — rinunciando alla proprietà intellettuale, licenziando a destra e a manca, perché altrimenti sarebbe ‘abuso’ di ‘monopolio’? (tra virgolette, perché non c’è abuso né monopolio). Siamo seri.

3. “Psystar ritiene di avere diritto legalmente a rivendere copie di Mac OS X Snow Leopard sui computer Psystar, ma è certa, basandosi sulla controversia legale ancora in corso con Apple in merito a Mac OS X Leopard, che Apple considererà illegale la scelta di vendere computer su cui gira Mac OS X Leopard”, si legge sulla denuncia. “Lo hanno sostenuto anche i legali di Apple”. Psystar può ritenere quel che vuole, ma il fatto è che non ha affatto diritto a rivendere copie di qualsivoglia versione di Mac OS X. È espressamente scritto nell’accordo di licenza [link al file PDF], sezione 2 (Usi consentiti e restrizioni della Licenza), paragrafo A:

Conformemente ai termini e alle condizioni del presente atto, salvo nel caso in cui abbiate acquistato una licenza Family Pack o di Aggiornamento per il Software Apple. Vi viene accordata una licenza limitata e non esclusiva per l’installazione, l’uso e l’esecuzione di una (1) copia del Software Apple su un solo computer Apple alla volta. L’utente accetta di non installare, utilizzare o eseguire il Software Apple su un computer non Apple e di non consentire ad altri di farlo. Questa Licenza non permette la coesistenza contemporanea del Software Apple su più di un computer e non consente di mettere a disposizione il Software Apple su un network dove potrebbe essere utilizzato da più computer contemporaneamente.

[enfasi mia]

e nella sezione 3 (Trasferimento), si dice espressamente:

Non Vi è consentito dare in locazione, in leasing, in prestito, in sublicenza, vendere o distribuire il Software Apple.

Tornando all’articolo: Il produttore di cloni con sede in Florida ha chiesto al giudice di stabilire che Psystar possa acquistare copie di Snow Leopard da Apple, Amazon.com e Best Buy (come sostiene di aver fatto con Mac OS X 10.5 Leopard) e che la pratica di installare Snow Leopard su cloni Mac non viola il copyright di Apple né il DMCA (Digital Millennium Copyright Act). Di certo l’accordo di licenza viene violato eccome (vedi sopra). Ripeto, non sono avvocato e non conosco i cavilli burocratici in materia di copyright, ma non credo che Apple farà molta fatica a dimostrare che vi è in atto anche una violazione di copyright. Su una cosa in particolare non vedo ragioni di dubbio: Psystar crea cloni che possano far girare Mac OS X (e questo non può che avvenire mediante qualche hack) e vende questi cloni unitamente a software proprietario che ha sì legalmente acquistato ma che rivende illecitamente. Questo è un dato di fatto. Poi Psystar può creare tutto il fumo che vuole intorno alla questione, ma non può pretendere di piegare la legge per rigirare la frittata e far passare la propria attività come giusta e lecita. Forse quelli di Psystar hanno visto troppa TV italiana e si sono ispirati a certa classe politica di cui non faccio nomi né cognomi.

4. Secondo Psystar, “La nostra posizione nei confronti di Mac OS X Snow Leopard è analoga a quella di una persona che sviluppa un’applicazione software in modo che funzioni in Mac OS X Leopard. Così come Microsoft scrive Word e Google scrive il proprio browser web Chrome per Mac OS X, Psystar scrive il proprio software in modo che giri sotto Mac OS X Snow Leopard”. Eh già, ma mettiamo un po’ di contesto intorno a questa posizione e parliamoci chiaro: il ‘software’ che scrive Psystar serve a installare Mac OS X su computer non Mac. Cosa che, per carità, chiunque è libero di fare nel privato delle proprie stanze o cantine, ma che non può pretendere di fare alla luce del sole, su macchine che vende dotandole di un sistema operativo comprato e rivenduto (e questo viola l’accordo di licenza), e di farla franca davanti alla legge.

Che piaccia o no a Psystar, l’accordo di licenza informa, proprio all’inizio, che Il software Apple (incluso il codice Boot ROM), qualsiasi software di terze parti, la documentazione, le interfacce, il contenuto, i font e tutti i dati relativi a questa Licenza, pre-installati su hardware Apple, su disco, su memoria di sola lettura, su altri supporti o in altra forma (collettivamente “Software Apple”) Vi vengono concessi in licenza, e non venduti, da Apple Inc. (“Apple”) per essere usati unicamente nei termini di questa Licenza. [enfasi mia]. Da qualsiasi punto di vista vogliamo osservare la questione, Psystar, con le proprie pratiche, è in continua violazione dell’accordo di licenza del sistema operativo di Apple. Con questo secondo tentativo di causa legale, Psystar vuole sostanzialmente obbligare Apple a cambiare le carte in tavola per permettere a questa azienducola di fare il bello e il cattivo tempo rivendendo la proprietà altrui. Buona fortuna.